Bauscia Cafè

#BlackDerby – L'identità perduta

Derby in 4K, finalmente possiamo ammirare le acconciature nel dettaglio e portare il nostro livello di experience nel nirvana del tifo da #gruccers. Tutto bellissimo ma in realtà resterà nella storia per essere stato il primo derby senza colore: maglie nere contro maglie nere con pantaloncini bianchi, il #Blackderby.
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Non c’è nessuna novità lato Inter, è dal 2013 che l’azzurro è infortunato. Ma questo derby ha portato a galla una questione sentitissima tra i tifosi: dove sono finite le nostre maglie?
Come è possibile che un’opera teatrale di livello mondiale come il Derby di Milano, in scena a La Scala del Calcio, in cui la rivalità è anche una questione cromatica che vive nello sgarbo della divisa uguale e contraria, possa essere rovinata da una evidente miopia del costumista? Per favore chiamatemi la produzione, fate portare dell’altro caffè.
Sgombriamo subito il campo, non sono qui a dire che Nike e Adidas non sappiano fare il loro lavoro. Sarei un  pazzo e ignorante nel senso che ignoro (cit) anni di maglie che ho adorato, che ho sentito mie, in parallelo ai miei amici di serie B che hanno adorato le loro.

Maglie Derby 97-99
Divise 1997-98, Lotto-Umbro | 1998-1999, Adidas-Nike
Le scuse:
“Storicamente gioca il Milan con i pantaloncini bianchi’
“La divisa dell’Inter è con pantaloncini neri, non funziona con i bianchi'”
Falso, falso, falso: ecco i derby con la medesima combo e una percezione ottima di chi fosse chi.
Divise invertite
Derby con Inter in Maglia Home e pantaloncini bianchi.
“Non esiste un derby con la maglia bianca, andava fatto con la prima per forza.”
Falso: si è giocato più di un derby con la maglia di cortesia bianca, ma erano maglie dell’Inter, quelle.
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Derby giocati con la maglia di cortesia.
Queste scuse si tagliano con un grissino.
La questione #balckderby?
Tecnicamente basta calcolare la superficie di nero nelle maglie in relazione alle superfici azzurre (?) e rosse: ve lo garantisco, siamo ben sotto al 50%. Considerate il pattern dell’Inter che scurisce, l’azzurro che è un blu petrolio, la sfumatura nera del Milan, il rosso poco brillante e sommateli alla invereconda pezza+pioggia, la distanza tribuna e il 42 pollici di casa = maglie nere.
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Derby in 4K di Mediaset Premium
Queste sono solo maglie nere con un po’ di blu scuro e un po’ di rosso. Ed è vero che per entrambi non sono le più scure della storia, ma sono le più scure viste in contemporanea.
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Le maglie ‘più scure’ e le maglie attuali di Milan ed Inter.
Credo che il problema principale di questo derby sia stata l’assenza del colore, dei colori, del rosso e dell’azzurro. L’assenza di identità nelle maglie campo è stata fastidiosa al cospetto di quanta invece ne fosse presente sugli spalti, nelle case, nella città e nel resto del mondo.
Il rosso e l’azzurro sono la genesi, l’humus del derby, rappresentano molto di più di 2 opzioni di colore da catalogo, sono lo sgarbo, la sfida, lo sgambetto: l’eterna rivalità.

Il pittore e socio fondatore Giorgio Muggiani scelse i colori che avrebbero rappresentato l’emblema della società: il nero e l’azzurro. Quest’ultimo colore fu scelto perché all’epoca si usavano le matite a due colori, rosse da una parte e azzurre dall’altra quindi simbolicamente l’azzurro* era opposto al rosso.

*il figlio di Muggiani nomina alcune volte l’azzurro alcune volte il blu, ma glielo concediamo. 
Avete capito bene. Questa matita da falegname è la mamma del Derby.

Matita_bicolore
L’origine del Derby
Sembra una favoletta, ma cosa non lo è nella storia del calcio? Eppure ci fa capire come siano fondamentali  questi colori, e come da soli, nelle forme giuste, possano contribuire a creare il derby.
Ve lo garantisco, funziona. Provate a passare 10 minuti nella Sartoria Sportiva di Calcio Retrò Milano (un posto di una poesia sconfinata), scambiate due parole con  Paolo e capirete come si possa con passione, cotone, fettuccia, il giusto colore, le giuste misure, la giusta conoscenza della storia tessile di un club (senza marchi, stemmi e sponsor) dare ad una maglia l’identità di una squadra centenaria.
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Derby retrò. Ps: si, è Milanese.
Questo è un pretesto, ma se è vero che il #derbyMilano è un brand, come tale va gestito e protetto in tutti i suoi aspetti. Non può il derby più prestigioso del calcio presentare una tale defezione di immagine e di storia. Troppo difficile darsi un sbirciata a gennaio sulle proposte di maglie? Fare un test a prodotto occultato solo con le pezze di colore? Oppure perché non fare delle maglie ad hoc per il derby per poi metterle all’asta o nei musei? O magari usare quelle bellissime dei centenari? (esagero)
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Ma abbandoniamo gli amici della serie B, sinceramente loro possono anche fare la maglia marrone. Parliamo di noi.
#MagliaInter
Vorrei analizzare la metà del problema che ci compete, la nostra parte di matita.
Dal 2000 ad oggi ho visto un percorso di graduale appiattimento e decaratterizzazione del feticcio maglia, in termini di identità, a favore del mero prodotto tecnico. Per inciso: non mi interessa da dove esce il sudore, mi interessa che sia la maglia dell’Inter.
Oggi quando guardo una maglia percepisco in primis il modello (cuciture, colletto, jersey, taglio, dry-fit ecc) e poi l’identità della squadra. “Ah, la nuova maglia? No, questa ha il logo del City, sarà così anche quella dell’Inter, del PSG, del Portogallo, degli Usa, della Francia ecc.”
Noia desolante. Involucri con loghi.
Boring
Maglia Nike 2016-17
Non per fare il vecchio nostalgico a tutti i costi, ma quando parlo di identità applicata al prodotto industriale di massa non vaneggio in nome di una irrealizzabile utopia, ma ripenso alla stagione 1997-98 e a come Umbro lavorò sulle personalizzazioni delle squadre pur con modelli base e delle lavorazioni comuni tra loro.
Maglie Umbro 1997-98
Texture, pettinature, intrecci, dettagli di colore negli elasticizzati, stemmi e scritte in overlay: prima vedo la squadra poi il modello di maglia (qualora fossi interessato). Sono passati 20 anni: l’industria, i materiali, i prodotti non possono essere gli stessi, ma il vero peccato è aver perso l’approccio alla creazione e alla personalizzazione di una maglia.
La situazione #MagliaInter è drasticamente sforata nel campo del bastian cuntrari dopo il 2013. La tendenza a voler strafare ha portato spesso a ‘non fare’ una maglia dell’Inter. Vi confesso che ho provato invidia nel vedere le maglie del Club Brugge, cioè dell’Inter…no, del Club Brugge tra il 2013 il 2014. Aggiungeteci Mazzarri in panchina e la disperazione è completa.
Non maglie dell’Inter e maglie dell’Inter non dell’Inter. (Club Brugge)
Personalmente sostengo sia meglio una banale pasta al sugo di pomodoro fatta bene piuttosto che un’anatra all’arancia fatta alla juventina. Dopo la maglia gessata, che ritengo una stilosa terza maglia e non una maglia nerazzurra, era d’obbligo un ritorno all’azzurro con una maglia in stile anni 90. Quella della scorsa stagione è una maglia tanto semplice e povera (colletto molle, discutibile, pochi dettagli nelle rifiniture) quanto azzeccata. Una maglia dell’Inter. Personalmente comincio ad accusare un po’ quella la sensazione ‘sì, ma alla fine non è la maglia dell’Inter, e quello non è azzurro’ nonostante l’ossigeno della scorsa stagione.
Sento parlare di #brandInter ogni 5 minuti, brand, brand, brand. Brand? Ma se l’Inter è un brand e l’identità di questo brand è data una forte componente cromatico-culturale (‘chiamati i Nerazzurri’), quindi caratterizzata da nero, azzurro e oro presenti nello stemma, come posso creare una prima maglia che non consideri questi aspetti basilari?
Rosso Ferrari, Rosso Valentino, Nero-Azzurro Int…No, no scusate in realtà quest’anno siamo nero-blu scuro, nero-bluroyal, nero-blunerato, nero-blupetrolio con texture grigioscuro e azzurro mare Adriatico sovrastati da un giallo limone verdato, non oro eh, scorza di limone.
Come posso giocare un derby con la maglia Home per valorizzare il brand, quando la maglia stessa non lo rappresenta?
Eppure basterebbe davvero poco.
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La maglia 2016-17 con qualche goccia di Inter in più. @rupertalbe
Forse sono troppo purista, ma è un falso mito pensare che il purismo sia sinonimo di immobilismo. Anzi. Se fissiamo il nero-azzurro al centro del nostro sistema, diventa il nostro Sole, tutti gli altri elementi ci gireranno attorno: numero delle strisce (3-5-7 1/2 , centrate, sfalsate, larghe e strette), colletti, modelli, tagli, bottoni, forme, prese d’aria, toppe e addirittura stemmi (ne abbiamo tanti)…ci basterebbe il nero-azzurro per capire che siamo noi.
La mia professoressa di costume teatrale mi disse: “Non sei il primo e non sarai l’ultimo a disegnare il costume di Arlecchino, lo faranno tutti in questa stanza, ricordati però che prima di essere il tuo Arlecchino deve essere un Arlecchino per chiunque lo veda. L’innovazione si concepisce solo dopo aver compreso identità e tradizione”. Ok, in quel momento avrei voluto cambiare il piano di studi ma, oggi, posso dire che aveva perfettamente ragione.
Domenica sera ho dovuto tarare il mio cervello sui pantaloncini per poter identificare l’Inter sbagliando clamorosamente per almeno 15 minuti, perché guardavo quelli neri. Ho sofferto come se fossi obbligato a vedere una diretta di Barbara D’Urso che intervista Lory Del Santo sulle abitudini sessuali di Donald Trump. Mi ha confortato però constatare che tutti hanno percepito questa distonia, anche se in maniera meno patologica.
Mi piacerebbe vedere delle divise create basandosi per davvero sui concetti di Identità (Prima Maglia), Tradizione (Seconda Maglia) e innovazione/sperimentazione (Terza Maglia) con le dovute misure e il dovuto rispetto.
rupertalbegraphic.com
Forse esagero e non comprendo l’avanguardia dei designer (eppure conosco qualche trendsetter)  ma considero la maglia Sprite una casacca da running in tangenziale, la cosa più lontana dall’Inter mai vista in 110 anni, più della maglia Rossa Fiorucci usata contro il Chiasso, più della maglia a strisce verdi. Non la vorrei nemmeno in regalo.

Sarà per questo che L’inter quest’anno ha concesso la licenza a CopaFootball per fare della maglie vintage, forse noi malati di #tradizionalInter dovremo accontentarci di poter acquistare delle maglie in cotone (non aspettatevi però di avere i dettagli e i modelli fedeli delle MecSport o delle Vittore Gianni) con i colori quasi giusti, ma non di vederle in campo.
Tutto ciò per dire cosa? Da tifoso sento la necessità di una maglia che urli ‘INTER‘ a chilometri di distanza e reputo che sia questo l’unico vero aspetto importante, per il quale spenderei dei soldi volentieri. Non certo per una maglia trendy o ‘che fa discutere’ senza avere nulla, nulla, nulla di Inter.
Il 9 marzo 2018, nella prossima stagione, saranno 110 anni di Inter e io sono già in ansia ora per la maglia celebrativa, non si può sbagliare una maglia del genere.
Sono fiducioso, dite che si può già pre-ordinare?
PS: ho provato a documentarmi, ma anche per Nicola Cecere (Amore sulla Pelle – RCS) non c’è risposta documentata alla eterna domanda su numero, misura e prevalenza delle strisce nere o azzurre. Mio nonno mi ha sempre detto che la maglia è azzurra e le strisce sono quelle nere che vengono cucite sopra, non so se è così ma io ci credo perché è gran Baùscia e da ragazzino la maglia dell’Inter se la faceva con pezze e scampoli, e non ha mai sbagliato.

rupertalbe

Designer - Mourinhano

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