Giornata 2

México, México, ra-ra-r….ah, come dite? Hanno preso due schiaffi? ¡Cuánto lo siento! Lionel Scaloni sembra iniziare a trovare una quadra nella missione Argentina in questo Mondiale, sia nell’11 iniziale liberato da un po’ di “italiani” sia nei cambi a partita in corso e si sa, quando l’ambiente si fa sudamericano questa Argentina difficilmente va in difficoltà. Sale in cattedra Leo Messi, che sblocca il suo Mondiale, e poi arriva il lampo dell’ultimo grande segno che Scaloni sembra ancora non aver ancora colto: Enzo Fernández era stato inserito a partita in corso con l’Arabia Saudita per rimettere a posto le cose e di nuovo viene mandato in campo per mezz’ora contro il Messico. Stavolta il tempo è sufficiente, però, per abbagliare il Lusail.

 

 

Dopo il mezzo passo falso all’esordio contro una apparentemente gracile Tunisia, i miei beniamini danesi si ritrovano a dover affrontare una Francia corroborata dal 4-1 alla malcapitata Australia e con un Mbappé già in formato Mondiale. Il risultato finale, favorevole ai transalpini, non deve tuttavia ingannare: la Danimarca ha infatti disputato un match all’altezza delle aspettative, dando molto filo da torcere ai campioni del Mondo in carica con una prestazione ordinata e sicuramente molto più vivace di quanto mostrato nella prima partita, riuscendo prima a recuperare il gol di svantaggio con Christensen, che approfitta di una bella dormitina di Rabiot per battere Lloris, e poi a sfiorare in almeno 2 occasioni il clamoroso ribaltone. Il bello è che proprio dopo la rete del pari firmata dal difensore danese del Barcellona la gara è diventata estremamente divertente, ricca di cambi di fronte e di occasioni da ambo le parti: succede quindi che nel giro di 15 minuti scarsi Lindstrøm si fa murare un gol fatto su pregevole iniziativa di Eriksen,  Mæhle salva con una botta di schiena – e di culo – su Tchouameni, Rabiot impazzisce e sforbicia alla Djorkaeff mettendola alta di poco e infine Braithwaite divora il 2-1 sfiorando il palo, prima che Mbappé rimettesse le cose a posto con una doppietta che lo rende già capocannoniere di questa edizione dei Mondiali. Per quel che si è visto finora in campo sono queste le due nazionali che meritano il passaggio del turno, ma la Danimarca dovrà dare il massimo per battere questa Australia operaia cui basterebbe un pareggio per accedere clamorosamente agli ottavi ed eliminare Eriksen & soci, con mio grande, inconsolabile rammarico. Kom så, Danmark!

 

 

 

 

Non mi è sembrata una Francia superlativa, considerato anche che la Danimarca non mi pare uno squadrone.

Una cosa va detta secondo me: non può più essere la Francia attendista che con le fiammate dei singoli vinceva le partite. Tolti i 4 titani del gioco (Umtiti, Matuidi, Pogba, Kanté) che avevano – insieme a Mbappé, ma ci arriveremo – portato in spalla i galletti sul tetto del mondo, chi c’è ora si esalta con un gioco completamente diverso, più di possesso e palleggio, con pressing e difesa più alti e un attacco più manovrato. Serve dare tempo a Hernandez di accompagnare, a Tchouameni di palleggiare, a Griezmann di imbucare, a Mbappé di puntare e dialogare, a Upamecano di anticipare tutto ciò che si muove, a Giroud di posizionarsi per il cross e all’altro esterno di attaccare la profondità. Deschamps, bravissimo allenatore, tutte queste cose le ha capite ma continua a schierare un giocatore che io non posso più vedere: Ousmane Dembelé, l’uomo che – parole e musica del maestro Grappa – “è stato pagato 180 milioni ma si dribbla da solo“. Calciatore di una futilità disarmante, con le debite proporzioni pare il Correa francese. 

 

Ma è come quando, all’esame di chimica, ti presenti talmente impreparato che a sentire parlare di acido l’unica cosa che ti viene in mente è la faccia di Benicio del Toro in Paura e delirio a Las Vegas. Incredibilmente, il terribile Prof viene colpito da una diarrea fulminante e lascia il posto alla sua attempata assistente, alla quale ricordi il figlio svogliato ma brillante, e riesci miracolosamente a strappare un ventiquattro. Il Canada qui fa la parte dell’assistente e lascia passare l’incredulo Livaja che, però, questa volta è pronto a prendere il treno al volo ed a scrivere la storia. E se non credete all’impresa storica, chiedete a Hendrick van der Decken quanto sia difficile segnare un gol in un Mondiale (in alternativa, se avete difficoltà a contattare Hendrick, riflettete sul fatto che dal 1934 ad oggi solo 60 calciatori hanno segnato almeno un gol in Coppa del Mondo con la maglia dell’Italia).

Spagna (1-1 vs Germania) – Oldman

Si chiude la seconda tornata di partite con una sola certezza, il calcio è la Spagna! Squadra compatta, pressing altissimo, tecnica sopraffina e genialità nelle cabezas.

Con i tedeschi anche tanta generosità, batterli li avrebbe mandati a casa e noi spagnoli siamo troppo innamorati di questa competizione per farla andare avanti senza una delle squadre che più la rappresenta. Ma era il bonus che avevamo in tasca da regalare ad un nostro avversario, dal prossimo turno nessun regalo verrà più elargito e si va dritti dritti verso la finalissima!

Prossimo match insegniamo al Giappone come si condisce il riso davvero con il pesce, altro che quelle mezze schifezze anemiche che chiamano sushi, gli facciamo gustare una Paella coi fiocchi. A proposito mai mangiato la Fideua? Beh amigos provatela è una prelibatezza che una volta nella vita si deve per forza provare!

¡Santiago y cierra, España!

(mi raccomando la Fideua o spaghetti finissimi o bucatini, il tutto bruciacchiato in superficie e morbido sotto!)

Serbia (3-3 vs Cameroon) – Tzara

Il girone mondiale della Serbia prosegue con una coppia di partite con avversari che paiono scelti dal fato per riflettere la loro storia, sia nel passato che nel presente. Camerun e Serbia sono un richiamo ancestrale alle origini primordiali dell’umanità, come specie e come civilità. Nei sobborghi di Belgrado è il sito archeologico di Vinča, forse primo baluardo dell’uomo moderno post-glaciale in Europa proveniente dall’Anatolia, un uomo che aveva scoperto l’agricoltura e grazie a quella ha cominciato a modellare il mondo attorno a lui per poi svilupparsi in tutta l’Europa; in Camerun vive la popolazione Mbo, nella quale è stato scoperto uno dei più antichi tratti genetici conservati dell’uomo, che richiama a come eravamo 150 mila anni fa, e forse più. Siamo tutti stati Mbo people, e siamo tutti passati per Vinča, in un certo senso. La Serbia poi si guarderà allo specchio e vedrà riflessa un’immagine molto moderna di sè, quella che vive la tensione etnica con il popolo Kosovaro, nelle facce e nei volti di Granit Zhaka e Xherdan Shaqiri, che già in uno Svizzera-Serbia dello scorso Mondiale esultarono facendo il segno dell’Aquila con le mani, simbolo dela casata dei Castriota del quale l’eroe nazionale Albanese Scanderbeg faceva parte.

 

I magnifici Kim non riescono ad avere la meglio sul Ghana del wonderkid Kudus Mohammed. Nella sfida tra omonimi, 5 Kim da una parte e 8 Addo dall’altra, la fortuna gira le spalle ai coreani sorpresi nel primo tempo dal doppio vantaggio africano.

Il corso della partita cambia nel secondo tempo con l’ingresso della stellina Lee Kangin che gioca 34 minuti in piena estasi e guida, come un Park Ji-sung, i propri compagni al pareggio.

L’entusiasmo e la voglia di vincere sbilanciano il secolare rapporto tra Yin e Yang e regalano al Ghana il terzo fortunoso gol. Poi l’assedio finale, tutti in avanti a testa bassa come questo popolo orgoglioso riesce sempre a fare, non si contano i salvataggi sulla linea, riflessi miracolosi del portiere, le deviazioni magiche che impediscono ai nostri di raggiungere il meritato pareggio.

Finisce 2-3 con 22 tiri a 7 e la qualificazione ingiustamente appesa a un filo.

 

Portogallo (2-0 vs Uruguay) – Vujen

Continuo a tifare Portogallo, anche se le prime due partite le ho mancate. Non le hanno mancate loro, non l’ha mancata CR7 che ha tirato un rigore a diecimila chilometri orari sotto il sette ne primo match, non l’ha mancata Bruno Fernandes e la sua doppietta contro l’Uruguay della Garra Charrua. Non hanno giocato benissimo, ma come diceva il mio povero nonno “chi non fa bene la prima fa bene l’ultima”. Quindi prendiamo e portiamo a casa. Già qualificati. E vai.

Non sarà facile, non sarà semplice, di squadre forti ce ne sono tante (la Francia su tutte) ma il nostro sogno lusitano è bello vivo. Stavo pensando di scrivere la ricetta del baccalà mantecato ma poi mi son detto che Seppia avrebbe rotto le palle, quindi ecco un elenco incompleto e non esaustivo delle cose che mi piacciono del Portogallo:
– il tramonto verso l’oceano, verso il domani
– il Porto bianco bevuto alle 4 del pomeriggio
– le salite
– quella cazzo di luce immensa che c’è a Lisbona e che ha fatto sì che io mi sia dovuto comprare una crema contro le ustioni per il collo, il primo di Maggio
– il fatto che suddetta crema comprata in farmacia fosse stata fatta con il baccalao 
– Luis Figo
– Pasteis de Nata, sempre, sempre!
– Devo davvero dire Josè Mourinho?
– Il fatto che non sia Spagna

 

È la miglior difesa che ti fa vincere i tornei, non il miglior attacco. La vera novità di questa prima parte di mondiale è che questa frase, di per sè scontata per quanto spesso veritiera, sia diventata la più adatta per descrivere l’atteggiamento tattico dei verdeoro. Scordatevi il Brasile tutto fantasia e calcio bailado, la squadra di Tite ormai ha capito da alcuni anni a questa parte che, se riesce a non prendere gol, qualcuno là davanti che segna si trova sempre, con pazienza e raziocinio. Così è andata alla prima con la Serbia e ancora di più ieri con la Svizzera. Gli zero tiri in porta subiti con gli elvetici (con quattordici partite delle ultime sedici concluse con clean sheet) hanno infatti consentito ad Alisson di rimanere inoperoso e di osservare da dietro la manovra avvolgente della squadra, con le fiammate alterne degli attaccanti, Vinicius in particolare, anticipatrici del golazo di Casemiro.

Il gioco non è dei più divertenti visti finora, per usare un eufemismo, ma la solidità della squadra e la panchina di livello la pongono tra i favoriti per la vittoria finale, al momento al pari della Francia. Per poterlo affermare con certezza dovremo però aspettare gli ottavi e i quarti dove i verdeoro potrebbero trovarsi davanti la seconda del girone di Portogallo ed Uruguay e poi la Spagna. Se riusciranno a scavalcare questo possibile doppio ostacolo, la coppa, dopo venti anni, riprenderebbe con ogni probabilità per la sesta volta la strada di Rio de Janeiro.

Ah, e ieri mancava Neymar, uno dei top 5 al mondo.  La sua assenza si è sentita, differentemente da quanto ipotizzato da qualcuno dopo il bel gioco degli ultimi 30 con i serbi, ma la qualificazione è stata raggiunta comunque già alla seconda gara.  E scusate se è poco.

Outro

Mi fa impressione pensare a tutto ciò che è rimasto fuori da questo pezzo. Quel che ci è finito dentro non è da poco, anzi sono convinto che sia interessante. Però evidentemente un mondiale è talmente grande che le storie da raccontare non le finiresti mai.

Potresti parlare, per esempio, dell’Olanda che ha illuso con un colpo da campione di Gakpo e poi deluso facendo registrare il minor numero di tiri in porta in un mondiale da parte di una squadra europea dal 1966. Dell’Iran, la nazionale da copertina, che ha inflitto un 2-0 strameritato al Galles e regalato una gioia smisurata a un popolo che ne ha disperato bisogno. Delle lacrime belle, sincere, sentite di Stramaccioni, che quel mondo lo conosce e piano piano lo fa conoscere anche a noi, e di quelle di Adani, che per qualche divertente meccanismo sono più discusse della decennale incompetenza di certi gerontocrati Rai. Poi il Marocco, che è squadra vera e batte con merito il Belgio “di Lukaku” (solo quando perde e anche se ha giocato solo 5 minuti), il primo gol di Lewandowski al Mondiale, la Germania che resiste, il Cameroon di Aboubakar, l’harakiri del Giappone…

No dài, devo smetterla. Vi lascio allora con la perla, il sorriso di chi ha raccontato belle storie e deve – almeno per il momento – smettere di farlo. Se per qualche incomprensibile caso non avete visto “Il grande Lebowski”, magari non guardate questo video. Però correte a guardarlo, il film.