Bauscia Cafè

Psicanalisi

Dopo il primo tempo di Inter-Udinese, giocato in modo ordinato e convincente dalla squadra, sembrava davvero la volta buona per i tre punti: vantaggio meritato, almeno altre due occasioni pulite (e puntualmente sprecate), pochissimi rischi difensivi, anche per gli enormi demeriti di una Udinese remissiva e confusa.
Solitamente l’intervallo permette di riordinare le idee, fare il punto della situazione e gestire al meglio i restanti 45 minuti, se ti trovi in vantaggio.
Ma non per questa Inter.
L’Inter di Mancini è in realtà l’Inter della terra di nessuno, un coacervo di giocatori caratterialmente fragili che si muove ancora camminando su quelle uova che ne hanno contraddistinto il recente passato, con tutto quello che ne consegue.
L’Inter di Mancini è senza leader in campo e neanche con un gol di vantaggio e un avversario inesistente riesce a trovare conforto, continuando a giocare a calcio senza strafare e senza sgretolarsi.
L’Inter di Mancini si spaventa da sola, è un pugile rincoglionito che si riempie di uppercut e crolla al tappeto mentre l’avversario si chiede cosa cazzo stia succedendo, se la ride e vince senza neppure volerlo.
Il lavoro che attende il tecnico jesino sarà ben più duro del previsto: che ci siano giocatori mediocri e scarse alternative è un dato di fatto, ma chi ancora crede che questa rosa valga diciassette punti dopo 14 partite credo che sopravvaluti il campionato italiano.
La partita di ieri è una dimostrazione lampante della preoccupante situazione mentale della squadra: è lapalissiano che se a giocatori già mediocri di per sé abbini una condizione psicologica aberrante, gli errori aumenteranno esponenzialmente, creando un vortice di oscenità che porta, appunto, a sconfitte come quella di domenica sera. Sconfitte dove i gol te li fai da solo. Roba che manderebbe in analisi uno psicologo affermato.
All’Udinese è bastato alzare il baricentro per spaventarci, senza neppure il bisogno di abbozzare un’idea di calcio: a centrocampo si sono aperte voragini, i due terzini non hanno più capito dove posizionarsi, e mentre Di Natale ci graziava un paio di volte, Bruno Fernandes trovava il gol della vita meritatamente.
Da lì in poi, a parte quel tiro di Kovacic uscito davvero di un nulla, l’Inter ha un crollo verticale che si traduce in una deambulazione casuale per il campo, dove nessuno sembra più avere la minima idea di come comportarsi.
Il suicidio calcistico di Palacio è l’onda lunga di un Mondiale per lui psicologicamente e fisicamente catastrofico: le colpe vanno a chi ha pensato di non doverlo sostituire in tempi utili.

Cominciamo con il clonare le gonadi di quest'uomo qua trapiantandole a tutta la rosa.
Cominciamo con il clonare le gonadi di quest’uomo qua trapiantandole a tutta la rosa.
Paghiamo ancora le conseguenze della gestione assurda del post-Triplete, inutile nasconderci: gli allenatori si susseguono e ognuno di loro ha avuto responsabilità diverse nel contribuire a stagioni mediocri e avare di soddisfazioni, ma le scelte societarie, i mercati, la gestione atroce del bilancio e certi rinnovi contrattuali hanno scavato una voragine molto difficile da colmare.
La seduta di psicanalisi che ci attende sarà lunga e dolorosa, e probabilmente non basterà.
La mancanza di personalità di molti giocatori non credo sia incorreggibile, ma con loro il lavoro diventa sicuramente proibitivo: servirebbe un mercato invernale di alto profilo, con cessioni intelligenti ed arrivi altrettanto utili.
Il “moriremo tutti” lo lascio volentieri a chi non attendeva altro per individuare il capro espiatorio di turno: ora Mazzarri, poi Ausilio, ma no è colpa di Ranocchia, ah quello stronzo di Icardi!, ma l’hai vista quella merda di Nagatomo?, perché, vogliamo parlare dell’inettitudine di Guarin?! Eh ma Moratti ci ha uccisi…
Ci siamo già passati, purtroppo. E sappiamo benissimo che la distribuzione delle colpe richiederebbe una lunghissima blacklist sulla quale resta impossibile intervenire in tempi brevi.
Thohir ci ha messo del suo in negativo, confermando a suo tempo un tecnico con il quale non c’era modo di costruire, per curriculum e storia calcistica, alcunché.
Adesso ha preso Mancini, restituendoci speranza per tornare a vedere giocare a calcio. Non con questi interpreti.
Ora più che mai serve uno sforzo in più, presidente. I soldi non ci sono, lo so. Non c’erano neppure per Mancini. Cerchi di inventarsi qualcosa, perché non meritiamo tutto questo. Non lo merita la maglia nerazzurra, non lo merita l’Inter.
Francamente non so se, some e quando ne usciremo. Ma non smetterò certo per questo di tifare.

NicolinoBerti

Coglione per vocazione, interista per osmosi inversa dal 1988 grazie a un incontro con Andy Brehme. Vorrei reincarnarmi in Walter Samuel, ma ho scelto Nicola Berti per la fig...ura da vero Bauscia.

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