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Il salumiere Manenti

Giampietro Manenti, ieri, ha tenuto l’assemblea dei soci… da solo. Non c’era nessuno, tranne lui, nella sala delle riunioni del centro sportivo di Collecchio. “Mi sento accerchiato – ha detto – Ma io vado avanti”.
Dopo aver promesso ancora una volta che lunedì pagherà tutti gli stipendi, se n’è andato da un’uscita secondaria a bordo di una Volvo bianca”

(La Gazzetta dello Sport, 21 febbraio 2015).

giampietro_manenti_gettyIn molti, in queste ultime settimane, si sono chiesti chi sia e da dove sia venuto fuori questo Manenti, colui che si è caricato sulle spalle l’onere di salvare il Parma F.C. da un imminente fallimento; un tizio balbettante e incerto che davanti ai microfoni, abbandonato a sé stesso, cerca senza successo di sostenere una parte assegnatagli da chissà chi.
Tutto ciò che si sa di lui è che è il proprietario della Mapi Group, una misteriosa società con sede a Nova Gorica, e che prima di mettere la mani sul Parma pare abbia fatto anche un tentativo con Corioni per acquistare il Brescia, senza però avere successo.

Per cercare di chiarire i dubbi su questa nuova figura piombata nel calcio italiano, il Corriere della Sera prima e Sky poi si sono recentemente recati in Slovenia alla ricerca della sede dall’azienda di Manenti. E i dubbi, in effetti, sono scomparsi.

L’indirizzo segnato è Industrijska Cesta, civico 7. Arrivati sul luogo, i giornalisti sono costretti a fare i conti col fatto che, tra tutti, questo civico 7 proprio non si trova.  Le troupe girano per Industrijska Cesta, che è effettivamente una zona industriale (come suggerito anche dal nome) ma della Mapi Group non c’è traccia; provano a chiedere ai passanti, agli operai dentro i capannoni, a chiunque. Niente. Della Mapi nessuno sa nulla, nessuno l’ha mai nemmeno sentita nominare.
Dopo lunghe ricerche, gli inviati giungono finalmente all’agognato civico 7, in corrispondenza del quale, però, è ubicato quello che ha tutta l’apparenza di essere di un casolare di campagna. Controllano bene, increduli, ma non c’è dubbio: l’indirizzo è giusto. Suonano, e scoprono che vi abitano “due anziani e cordiali coniugi”, che spiegano che sì, la Mapi ha la sua sede legale al piano di sopra della loro casa, e che sì, i due gli affittano personalmente il locale.
La sede legale.
Al piano di sopra.
Di un casolare.
A Nova Gorica.

E vabbe’: del resto, la Apple e la Microsoft sono cominciate in un garage. E Manenti ha tutta l’aria di essere Steve Jobs.

mapi-group-sede
Il luogo dove si delineano le visionarie strategie del colosso sloveno

Altre buone notizie per i tifosi ducali arrivano direttamente dal nuovo proprietario, nel giorno della sua conferenza di presentazione, durante la quale afferma “In Italia si sta formando una rete del gruppo Mapi: ad esempio, stanno nascendo Mapi Channel e Mapi Fashion”.

Come riporta l’articolo linkato, si scopre però che le società del nascente e promettente gruppo Mapi sono attualmente due, e che possono vantare un capitale sociale complessivo di 2400 euro (1300 una, 1100 l’altra). Probabilmente sufficienti per pagare il rinfresco post-conferenza. Inoltre, il conto bancario della “holding” principale, aperto il 10 aprile 2013 e dal quale doveva provenire il famoso bonifico risanatore da 30 milioni di euro, è stato improvvisamente chiuso il 19 febbraio 2015, due giorni fa.

Nonostante la floridità dell’impero Mapi, oggi nelle casse della società sono rimasti appena 40mila euro, neppure sufficienti a pagare gli steward, le ambulanze, le pulizie e le forniture di energia elettrica per la partita contro l’Udinese. Che difatti non si giocherà.
Dopo trecento dichiarazioni nelle quali Manenti ha giurato che tutto sarebbe andato per il meglio, assicurando che gli stipendi sarebbero stati pagati l’indomani, il martedì seguente, la domenica, il 20 del mese e così via, quella del fallimento guidato è divenuta l’unica ipotesi percorribile (come ammesso anche dal sindaco Pizzarotti, scagliatosi contro colui che, a suo dire, ha scambiato la gestione di un club di serie A con quella di una salumeria).

Mentre in Lega si pensa alle fregnacce di Lotito e a quelle di Sacchi, c’è dunque una storica società con più di trenta milioni di debiti che è praticamente saltata per aria. La Figc se ne interessa soltanto ora, quando il pericolo del ritiro della squadra (che, di fatto, falserebbe il campionato) è divenuto più che concreto.
In effetti, tenendo conto della mancata autorizzazione della Covisoc (datata maggio 2014) alla partecipazione all’Europa League per il ritardo nei versamenti Irpef – e del conseguente disimpegno totale annunciato da Ghirardi, recentemente sparito nel nulla -, della misteriosa cordata guidata dal petroliere Taci, con i suoi tre diversi presidenti nominati nel giro di poche settimane, passando per i sette mesi di stipendi non versati, bisogna proprio dire che le avvisaglie scarseggiassero.

Serviva davvero un genio della deduzione, uno di quelli che affollano gli uffici della Lega, per capire prima di oggi, 21 febbraio 2015, che il Parma era nei guai.

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