Vogliamo almeno provarci?

La partita che più di ogni altra desidero vincere in un momento in cui più di ogni altra cosa conta proprio vincere. Il nostro campionato da diverso tempo ha imboccato una curva verso il basso che ricorda vagamente un precipizio e ho tante perplessità e rimpianti che mi porto dietro rispetto al nostro percorso: arriviamo alla gara di stasera probabilmente come mai avremmo potuto immaginare fino ad un paio di mesi fa.

Dal mio punto di vista non è la classifica ad essere tremenda, ma l’andamento e la risposta che la squadra continua a dare sul campo. L’Inter nelle ultime uscite mi è parsa stagnante, satura, ripetitiva e ostinata nel riproporre sempre la stessa veste che da parecchio sembra ormai non produrre più frutti. Qualche settimana fa avevo scritto come fosse ormai tempo di variare, ma da allora non abbiamo assistito a nessun cambiamento. Inzaghi ha continuato a riproporre religiosamente un 352 con due punte vere davanti confidando in un cambio di vento. Posto che le colpe e i meriti in qualsiasi momento della stagione vadano sempre distribuiti, personalmente sul tema specifico ritengo che una critica al tecnico vada mossa.

Quello che percepisco e che mi dispiace maggiormente è la figura passiva dell’allenatore, come se fosse impotente di fronte ad un film di cui lui non può in alcun modo cambiare la trama. Intendiamoci: nel calcio si possono commettere errori. Se il mister avesse provato in base alle proprie valutazioni a risolvere i problemi – evidenti – di questa squadra, magari anche commettendo in buona fede errori di valutazione, sarei molto più sereno. L’inesorabile invece mi spezza. Fatico a digerire il fatto che, mentre una nave imbarca acqua, il suo capitano continui a mantenere stabile la velocità di crociera e tutto l’equipaggio fermo nelle proprie posizioni, sperando di galleggiare fino al porto. Non cambiare nulla sperando che le cose cambino da sole fatico davvero a comprenderlo.

L’anno scorso Antonio Conte decise di variare l’approccio della squadra per risolvere i problemi emersi nella prima parte di stagione. Naturalmente aveva mezzi differenti a dispozione, ma anche Inzaghi qualche carta da giocarsi l’avrebbe. Invece – e questo mi sorprende ancora di più – anche a partita in corso l’Inter non cambia mai, indipendentemente da risultato, avversario, partita, necessità. Non cambia mai. Esce un esterno destro, entra un esterno destro. Esce una punta, entra una punta. Persino i minuti sono all’incirca gli stessi a prescindere da cosa stia raccontando il campo e sembra ci sia un programma in background che obbliga categoricamente a fare uscire sempre il giocatore ammonito.

Se guardiamo per esempio la partita contro la Fiorentina, che è quella che è più facile ricordare, dove si giocava in casa e c’era se non altro il sacro dovere di provare a vincere la gara, i cambi sono stati i seguenti: al 29′ fuori le due punte (Lautaro & Dzeko) per altre due punte (Sanchez & Correa), al 35′ fuori centrale di sinistra e esterno sinistro (Bastoni e Perisic) per centrale di sinistra e esterno sinistro (Dimarco & Gosens) e a gara abbondantemente finita dentro Caicedo (45′), un ex giocatore che è sulla coscienza della società e avremo tempo per parlarne, per Vidal. Senza girarci intorno: sono i cambi che mi aspetterei dal parroco del paese oppure da una intelligenza artificiale obsoleta su Football Manager. Da Simone Inzaghi invece mi aspetto prima di tutto coraggio, personalità e tantissima voglia di metterci del suo. Poi si può sbagliare, ma questo piattume – per me almeno – è mortificante.

“Aiutati che il Ciel ti aiuta…”

Un uomo saggio

Il nostro allenatore è un tecnico riconosciuto come preparato, competente nel preparare le partite e capace di dare un’identità alla propria squadra. Mi rimane quindi scontato pensare che lui – come tanti persino tra gli addetti ai lavori – vedano chiaramente quali sono i problemi primari di questa squadra. Ed il primo fra tutti, ce lo ripetiamo, è che questa squadra non ha nessun attaccante che sappia allungare la squadra e attaccare la profondità. Gli unici che hanno strappo sono in questo 352 gli esterni (Dumfries/Perisic), decisamente troppo poco. Visto che lo ha capito il mondo intero, compresi i nostri avversari, che vengono a pressarci alti lasciando tanti metri dietro le spalle della loro difesa, sapendo che tanto non avremo nessuno in grado di andare ad attaccare quello spazio, qui l’allenatore dell’Inter deve trovare una soluzione.

Non mi importa quale soluzione, ma qualcosa deve fare. Dipendesse da me giocherei con un 3421 asimmetrico: Handanovic; Skriniar, De Vrij, Bastoni; Dumfries, Brozovic, Barella, Gosens; Perisic, Correa e Lautaro. La base è un 3|4| con Correa alle spalle di un’unica punta (Lautaro) e Perisic ala sinistra. Un sistema che per certi versi ricorda quello dell’Atalanta di Gasperini, con interpretazioni che vanno calibrate sulle caratteristiche degli uomini caso per caso. In questo schieramento l’Inter avrebbe due giocatori di strappo e corsa dietro ad un solo riferimento centrale in attacco e manterrebbe due esterni di gamba e progressione, senza andare a stravolgere il sistema a tre dietro. La mia idea di fondo è che due attaccanti come Dzeko e Lautaro non possano giocare insieme: fanno le stesse cose, è come pagarne due e comprarne uno.

Lautaro è una prima punta di manovra. Dzeko è un fulcro del gioco offensivo. Non sono complementari. twittalo

Non è cattiveria o mancanza di stima individuale nei confronti di questi due giocatori, ma ci sono cose che insieme non funzionano. Se ad un appuntamento galante ti presenti con due belle giacche, ma ti mancano i pantaloni, probabilmente le cose non ti puoi aspettare che vadano benissimo a prescindere dalla bontà del tessuto.

I nostri attaccanti sono tutti giocatori che vogliono il pallone nei piedi e che hanno la tendenza a venire incontro ed abbassarsi, piuttosto che attaccare la linea difensiva. Ne basta uno solo con quelle caratteristiche ed intorno hanno bisogno di giocatori che fanno il resto che a loro manca, viceversa puoi anche fare tutto il palleggio di questo pianeta, ma in porta non ci arrivi. L’unico che sarebbe in grado di strappare con la palla è Correa, ma finora ha dimostrato di sapersi solo strappare senza, quindi ho temporaneamente riposto ogni aspettativa di un suo cambiamento repentino nei due mesi scarsi che restano.

Chiusa la parentesi, vorrei anche fare un ultimo appunto su quello che mi aspetto da una squadra con lo scudetto sul petto in questo momento della stagione: rabbia, prepotenza, voglia di vincere. A prescindere da tutto quello che funziona poco o deve funzionare meglio, alla fine della fiera i veri protagonisti e quelli che definiscono l’esito della partita sono i giocatori. A prescindere dai problemi, l’Inter non può prendere un gol come quello subito contro la Fiorentina. Oppure contro il Torino. Sono gol “leggeri” dove la squadra non ci ha messo la giusta dose di attenzione e presenza di spirito. Se da qui alla fine vuoi vincere lo scudetto, gli avversari possono anche metterti sotto a volte, ma per farti gol devono realmente fare qualcosa di fuori dal normale. Invece recentemente prendiamo anche dei “gol morbidi”, da squadra indolente, senza quella verve di chi non vuole regalarti neppure un centimetro. Possiamo raccontarci tutto quello che vogliamo, anche in modo corretto, ma nessuno ha mai vinto nulla nel calcio giocando senza il giusto approccio mentale.

Io nutro una convinzione, tra l’altro: dalla gara di stasera probabilmente uscirà la vincitrice del campionato. La Juventus nel girone di ritorno ha fatto finora 25 punti e ha già giocato contro tutte le big del campionato eccetto noi, le partite che le restano sono sulla carta semplicissime. Noi abbiamo fatto finora 14 punti nel girone di ritorno (3 vittorie, 5 pareggi, 2 sconfitte) con 13 gol fatti e 9 subiti: numeri decisamente tristi. Tuttavia voltare pagina in modo significativo stasera, al netto di tutto quello che è stato detto, potrebbe fare una differenza enorme sia sul piano della classifica sia sul piano mentale. I margini per vincere il campionato, a fronte degli altri avversari, ci sarebbero ancora, ma il vero problema è proprio l’Inter mummificata delle ultime uscite. Vincere a Torino con una prova forte e convincente potrebbe svoltarci il finale di stagione. Lo spero con tutto il cuore.