Bauscia Cafè

Un bicchiere mezzo vuoto ma facile da riempire.

Scrivere immediatamente dopo una partita non vinta non è mai facile perché ci sono tutte le scorie emotive (e fisiche, per chi come me non sta un secondo fermo e nei novanta minuti fa più km di Brozovic nel salone), però diciamo che se la partita non vinta è acciuffata all’88’ minuto con un rigore comico come quello causato dal fallo di Spinazzola a Moses, psicologicamente diciamo che fa un po’ meglio rispetto, per esempio, al postpartita di Sassuolo, diciamo. Tanto più se la partita, alla fin fine, è un pareggio esterno contro una Roma in discreta salute che ci fa guadagnare matematicamente l’accesso ai gironi della prossima Champions League con quattro turni di anticipo.

Però le cose positive della partita di ieri sera sono già terminate qui. Cominciamo col chiarire, a scanso di equivoci, che chi scrive non credeva, non crede e non crederà alla retorica lunatica dei media riguardo delle possibili tabelle scudetto. Cerchiamo di essere razionali, soprattutto dopo aver passato le ultime sei settimane a lamentare la scarsa continuità della squadra. Per cui le mie rimostranze non sono per il risultato. Non sono, personalmente, neanche per chi è sceso in campo e quando, dato che fondamentalmente, bene o male, nessuna delle scelte iniziali di Conte, così come i cambi, mi hanno trovato in disaccordo (a differenza di molte delle scorse uscite).

Forse la scorsa stagione avrei scritto di un pareggio non tanto meritato dal punto di vista del gioco espresso, ma prezioso in casa della Roma, e di una posizione in classifica alla fine soddisfacente all’interno di una stagione molto strana.

Pero’ da quest’anno dobbiamo alzare l’asticella e lavorare ostinatamente e con cura su tante cose visibili e invisibili che ora, dopo aver posto le basi durante tutta questa stagione, possiamo permetterci e dobbiamo curare. Quelle cose che ci porteranno a rialzare trofei al cielo. Finalmente.

Allora che cosa non mi è piaciuto della partita di ieri? Come abbiamo affrontato questa Roma. La Roma che ha i suoi punti di forza proprio nel gioco veloce e verticale dei propri centrocampisti, dove Mkhitaryan e Pellegrini possono portare palla per lunghi tratti tra centrocampo e attacco, la zona dove endemicamente andiamo in sofferenza (ormai da Ilicic in poi – ma che dico, da Stoian in Crotone-Inter 2-1 in poi, ho perso il conto dei calciatori avversari che, messi a pascolare tra le due linee, ci hanno aperto in due). La formazione, dicevo, con Barella (discreto rientro ma si vede che ci sono delle scorie da smaltire presto), e Gagliardini assieme a Brozovic mi faceva ben sperare in una copertura maggiore del centrocampo proprio per avere piu controllo di quella zona. E invece niente, perchécomunque ci siamo trovati troppe volte in inferiorità nel primo tempo, e in debito di ossigeno nel secondo, specialmente fin quando in campo c’è stato Diawara. Questo era un duello prevedibile e da vincere, che abbiamo mancato in maniera clamorosa. Non è mistero che la Roma a centrocampo riparte in maniera quasi solamente verticale, sfruttando i soli spazi che Dzeko crea con i suoi movimenti, e la presenza contemporaneamente di Barella e Gagliardini avrebbe dovuto proprio aiutare ad anticipare i movimenti dei centrocampisti avversari su quegli spazi. Non mi pare di ricordare di averne visto uno, di anticipo del genere. Se si aggiunge la serata non felicissima dei due esterni titolari, che hanno reso Spinazzola e Bruno Peres delle specie di Roberto Carlos e Maicon (Candreva, ormai tieni un’età, com’è possibile che ancora non ti riesce di tornare bene in difesa, nel primo tempo ci sono state almeno due occasioni nelle quali Spinazzola aveva almeno 5 metri di vantaggio), si crea un contesto generale di confusione, a volte pienamente palpabile, nella quale la squadra allenata da Fonseca ci ha fatto cadere. Questo lo reputo un problema di magnitudine lievemente maggiore rispetto a qualche errore da matita blu visto in altre uscite, perché riguarda la lettura strutturale della partita, più che qualche mancanza di singoli che può essere risolta sostituendo i singoli, appunto. Tecnici che però giocano in questo tipo, e capaci di far nascondere la palla nella zona più importante del campo in questo modo, in Europa, ce ne sono diversi, e con la fase finale di Europa League che si avvicina, vorrei più attenzione generale in questo senso.

Quanto e’ stato difficile fermarlo, duole perche’ ha quell’altra maglia, ma Dzeko e’ uno dei miei attaccanti preferiti in assoluto.

L’ultima parte di questo postpartita la vorrei dedicare agli ultimi minuti, nei quali un boato proveniente dall’Alpi alle piramidi mi ha preannunciato il passaggio alla difesa a 4 per la prima volta in stagione. Ovviamente il motivo era solo quello di liberare un uomo in più in fase offensiva negli ultimi minuti, che nel caso specifico è stato Moses. Ciononostante, pronti via, subito dopo il 2-2 la Roma era ripartita a spron battuto proprio con un’azione verticale dei trequartisti dove – di nuovo – i centrocampisti si sono persi troppo presto, troppo facilmente i propri avversari e non c’è stato il 3-2 solo per una diagonale difensiva perfetta di D’Ambrosio. Il mio personale punto di vista è che più che di numeri in difesa o a centrocampo, c’è bisogno di una maggiore interpretazione di quello che offre il campo volta per volta, indipendentemente dalla struttura di base degli uomini in campo. Questo, specialmente contro allenatori in grado di nasconderti la palla in fase di possesso e capaci di organizzarsi velocemente per essere aggressivi in fase di non possesso (a margine raramente ho visto Lukaku così isolato in stagione come nelle due partite A/R contro la Roma), più che il mero numero che a volte è solo una decodificazione semplicistica dei media per comprendere quello che non sanno capire, è il tipo di progresso che io mi voglio aspettare da una squadra che comunque è ben allenata, sa come muoversi bene, ha alcuni interpreti eccellenti, sa fare delle cose bene, sa giocare a calcio, però a questo punto della nostra vita, specialmente con l’Europa League alle porte, ci vogliono degli intangibles in più che, se raggiunti bene, potranno ancora farci togliere un pò di soddisfazioni. Siamo matematicamente in Champions League, con quattro turni di anticipo, abbiamo messo su tra sessione estiva ed invernale dei mattoncini importanti per diventare di nuovo la squadra che si contenderà lo scudetto (non come la Roma o il Napoli, che in questi anni si sono avvicinate tanto timidamente quanto in maniera estemporanea, ma come Inter), concettualmente parlando è un progresso grandioso rispetto alla scorsa stagione, ora dobbiamo cominciare a lavorare strutturalmente su quelle parti che ci fanno davvero fare il salto di qualità. A volte, se ci si incazza di più, non è per chissa’ quale problema, è più perchéquesto è il momento di mettere, tutti, societa’, allenatore, e squadra, l’asticella molto in alto, e le aspettative sono tutte proporzionate. Questo è – alla fine – il vero progresso di quest’anno. L’aver rimesso l’asticella in alto.

Forza.

Tzara

Nella vita ha cambiato città, Nazione, lavoro e amori ma l'Inter è sempre rimasta. Non ha molti desideri, ma se riavesse un centrocampo con Veron, Cambiasso Stankovic e Figo non si dispiacerebbe.

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