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L’Inter non si costruisce in un giorno

Giocare ogni tre giorni è arduo per i calciatori, ma anche scrivere qualcosa di diverso ed interessante non è semplice. Tre giorni fa abbiamo chiacchierato delle prospettive della squadra prima della partita con il Genoa ed oggi siamo di nuovo qui al consueto appuntamento pre-gara: cosa possiamo raccontarci di nuovo o diverso?

Anche la conferenza non ci offre particolari spunti di riflessione. Prendiamo purtroppo nota che Sensi non si allenerà fino a Domenica con il gruppo, quindi verosimilmente la stagione per lui è chiusa. Continua inoltre il lavoro della società per gestire la questione Sanchez: il cileno sembra di gran lunga il giocatore più brillante che abbiamo a disposizione al momento e sarebbe fondamentale per provare l’assalto all’Europa League. Anche qui, non ci resta che attendere ed eviterei pronostici.

Visto questa situazione relativamente serena, pensavo di condividere con voi alcune valutazioni parlando di calcio e riflettendo insieme su dove questa squadra possa effettivamente crescere, cercando di individuare i margini di miglioramento. Abbiamo già avuto modo di confrontarci sulla questione legata all’affidabilità di alcuni calciatori e sull’importanza di avere una rosa completa in ogni reparto con uomini prima di tutto integri fisicamente, dunque oggi affronteremo la questione più sul piano strettamente tecnico, facendo una carrellata di tutta la rosa.

L’Inter quest’anno ha disputato complessivamente una buona stagione, ma ha mostrato due lacune che possiamo sintetizzare: a) una gestione non ottimale di alcuni momenti della partita e b) mancanze qualitative legate alle caratteristiche dei giocatori e mi riferisco soprattutto alla capacità dei nostri giocatori di saltare l’uomo e attaccare una difesa schierata.

I due aspetti non si escludono, al contrario hanno rappresentato quel “quid” che probabilmente non ci ha permesso di realizzare l’ultimo step in campionato e in Europa per essere pienamente competitivi. Quando infatti “perdi” 22 punti da situazione di vantaggio c’è senz’altro una pluralità di fattori a cui la cosa può ricollegarsi: raramente nel calcio un dato presenta una singola giustificazione.

Da un lato potevamo gestire meglio molte gare che avevamo sbloccato, magari senza farci raggiungere con troppa semplicità, dall’altro non abbiamo avuto la forza offensiva per “ammazzare” quelle partite: le abbiamo tenute aperte senza trovare la qualità per chiuderle.

Vediamo qualche dato numerico a sostegno di questa tesi, oltre ai punti persi da situazione di vantaggio: delle 22 vittorie di quest’anno in campionato 10 sono arrivate con una vittoria di misura. L’Inter è anche la squadra tra le prime 8 ad aver realizzato il maggior numero di pareggi in campionato (10). Rimane dunque evidente che ci sia qualcosa su cui sia lecito riflettere: dove e come possiamo migliorare?

Da un lato penso che sia nella natura delle cose che la crescita di una squadra debba “passare” per alcune difficoltà di percorso, come questa, che sono tipiche di squadre “giovani” che stanno maturando. La crescita di una squadra in genere non è caratterizzata da un processo lineare, ma può presentare anche delle flessioni e dei cali. L’Inter quest’anno ha pagato dazio a quello che – secondo me – fa parte della natura delle cose. Ci passi, paghi ammenda e cresci.

Dall’altro lato dietro a certi risultati non c’è mai sempre e solo una spiegazione mentale, ma anche una tecnica, legata alle caratteristiche di chi va in campo. Rimanendo ancorati al 3412 di Conte probabilmente ci sono diverse aree dove è lecito aspettarsi un miglioramento della rosa nella prossima stagione per ovviare alle lacune precedentemente citate.

Vorrei procedere per gradi, partendo dalla difesa. La nostra difesa vanta un giocatore come De Vrij che è funzionale al gioco che stiamo cercando di proporre, mentre sui braccetti possiamo migliorare. Al momento abbiamo Skriniar, Godin e Bastoni: sono dei buoni difensori, ma nessuno di questi ha quelle caratteristiche che si prestano perfettamente all’interpretazione richiesta da Conte. Almeno uno dei due braccetti dovrebbe essere in grado di accompagnare l’azione alla stregua di un terzino in fase di possesso, mentre in fase di non possesso dovrebbe saper scivolare con confidenza sull’esterno.

Nella Roma in quella posizione per esempio sta giocando Kolarov, che anche nella nostra recente sfida con i giallorossi ha mostrato che tipo di aiuto dia un giocatore con quelle caratteristiche a tutta la squadra. Alaba è il profilo probabilmente più alto a cui si possa aspirare e inserire un giocatore del genere migliorerebbe sensibilmente la squadra in entrambe le fasi di gioco. Skriniar penso non sia particolarmente idoneo a svolgere il compito richiesto da Conte, ma penso anche sia giovane, integro e con una buona frequenza di gambe: può crescere nella sua interpretazione e con un giocatore con le caratteristiche dei precitati sul lato opposto può svolgere quello che veniva chiesto a Barzagli nella difesa a tre di Conte alla Juventus.

La mediana è quella che secondo me merita qualche ragionamento più delicato. Parto dalla fine: Barella e Brozovic non sono esattamente due mediani. Possono farlo e interpretare il ruolo anche positivamente, ma sono principalmente due giocatori mobili, abituati a svariare. La mia percezione è che una mediana a due composto da loro sia accettabile, ma che per crescere si debba migliorare sul piano della “consistenza”. Se penso al Chelsea di Conte penso a Matic, per esempio: un uomo che abbinava una struttura fisica in grado di reggere una mediana a due, un’ottima lettura del gioco con e senza palla e buone geometrie.

In un sistema che prevede un trequartista come Eriksen quello che vorrei dalla mia mediana sono due giocatori in grado di reggerla e che siano sia sotto il profilo qualitativo che tattico di grande spessore.

La gestione della partita – andando all'estrema sintesi – passa dallo spessore degli uomini che puoi schierare nel cuore pulsante del tuo schieramento. twittalo

Brozovic e Barella sono buonissimi giocatori, ma sono entrambi molto istintivi, dinamici, generosi nella loro interpretazione del ruolo: credo che però all’Inter manchi un faro del centrocampo, un leader vero che sappia prendere in mano la squadra, che capisca i momenti della gara e sappia trasmetterlo ai compagni.

Dietro a Sneijder nel 2010 c’erano Cambiasso e Thiago Motta, che oltre alle importanti qualità tecniche abbinavano anche fisicità, intelligenza tattica e capacità di inserirsi ed attaccare l’area di rigore. In una mediana a due queste “idealmente” sono le caratteristiche che cerco nei due uomini davanti alla difesa. Il dinamismo è importante, ma lo considero non prioritario: non sono mezz’ali, per come la vedo.

Il centrocampo di quest’anno, concludendo, non mi sembra malvagio, ma vedo molte mezz’ali da 352 e pochi mediani da 3412. Lo stesso Brozovic per me potrebbe pure giocare mediano “volante” di fianco ad un giocatore di grande leadership e qualità, ma vicino a Barella a parer mio si viene a formare una coppia troppo “leggera”. Visto che in questo settore del campo dovremo necessariamente inserire almeno un paio di volti nuovi da affiancare proprio a Barella e Brozovic, credo che le caratteristiche che mancano a questo centrocampo siano molto chiare.

Sugli esterni credo invece si debba osare di più. Una squadra che sviluppa calcio come l’Inter, che arriva ad alzare contemporaneamente entrambi i fluidificanti andando a disegnare un 3214 praticamente, deve avere più qualità. Candreva non ha fatto male, ma non è un top a livello assoluto, mentre dall’altra parte si sono alternati anche in modo dignitoso Biraghi/Young, viste le condizioni fisiche di Asamoah, ma manca un vero “padrone” della fascia sinistra.

Anche qui, resta da capire che cosa possiamo fare e quali margini di manovra abbiamo. A destra sembra che uno sforzo importante sia stato fatto e credo che anche a sinistra andrà fatto altrettanto. Anche qui le caratteristiche che vanno ricercate idealmente non lasciano margine di errore: esterni di grande proiezione offensiva, che abbiano qualità, gamba e sappiano saltare l’uomo. Se dovessi rinunciare a qualcosa, per assurdo potrei chiudere un occhio sulla tenuta difensiva, ma il profilo che va portato a casa anche a sinistra è uno “alla Cancelo” per intenderci: si tratta di individuarlo e confido che la società si stia muovendo in tal senso.

Onestamente credo che l’upgrade più importante sul piano del dribbling si possa ricavare proprio dal miglioramento sugli esterni – oltre a quanto già descritto sul reparto difensivo.

Sui tre davanti va fatto un discorso un po’ più complesso. Eriksen è un trequartista che – al contrario di quanto scrivono/dicono in tanti – corre tanto. Non è un calciatore dotato di dribbling, ma è un giocatore che sa occupare gli spazi intermedi già orientato per la giocata e che vede calcio. Si tratta di un calciatore che dà il meglio di sè palla nei piedi, ma che sa quali spazi andare ad occupare per riceverla. Non ha lo scatto per attaccare la profondità, anche se “al suo passo” sa anche inserirsi e non è un dribblomane, ma piuttosto un rifinitore. Non condivido il pensiero di chi sostiene che non abbia l’intensità per giocare in Italia: è una pataccata che non merita ascolto.

Lukaku e Lautaro sono due prime punte. Entrambi hanno caratteristiche un po’ atipiche, ma sono fondamentalmente due prime punte. Per come la vedo sono uomini – tutti e tre – “dal peso specifico importante” che in Italia ti possono portare a vincere un campionato.

Non credo tuttavia che siano “complementari”. Attenzione, non voglio scivolare in discorsi demenziali, non sto discutendo il valore assoluto di questi uomini, ma credo che tutti per caratteristiche verrebbero esaltati dall’avere vicino qualcuno con qualità leggermente diverse.

In un 352 due punte vere per me possono coesistere in una organizzazione di gioco come quella di Conte, specialmente se entrambe si mettono in toto a disposizione dell’allenatore. Lautaro è un numero 9, ma ha anche caratteristiche da 10 e anche Lukaku ha caratteristiche da centravanti di peso, ma allo stesso tempo abbina qualità che gli permettono di partire anche da più lontano se necessario.

“Romelu è un calciatore che ha margini di miglioramento. In alcune situazioni di gioco deve migliorare. Come ho detto a fine partita parliamo di un calciatore atipico perché, nonostante la sua stazza, la sua forza e la sua altezza e il fatto di essere un punto di riferimento là davanti, è anche un giocatore veloce”

Conte su Lukaku

In un 352 il vero “focus” sulla coesistenza delle nostre punte era legato alla loro capacità di sapersi combinare e di occupare la giusta posizione con i tempi giusti. In fase difensiva, invece, si mettevano in smarcamento preventivo, occupando zone concordate dove potessero essere subito trovati una volta ripresa palla e dietro la squadra si schierava in due linee, facendo un|5-3|.

In fase di possesso – salvo situazioni particolari – non era richiesto a nessuna delle due punte di dare ampiezza, che veniva attaccata da Barella/Vecino (mezz’ala), oltre che dagli esterni: Lukaku e Lautaro restavano vicini, scaglionati e spesso in verticale.

In un 3412 invece anche a loro è richiesto un lavoro differente: non possono più rimanere “solo” stretti, molto dipende dalla posizione del trequartista e ogni tanto devono necessariamente svariare, aprirsi, per andare ad allargare il campo. Questo non rientra esattamente nelle corde di una prima punta: possono farlo sia Lautaro che Lukaku, ma è un sacrificarsi. In molti hanno focalizzato l’attenzione dopo il cambiamento di sistema sullo spostamento del vertice a centrocampo, dando per scontato che il lavoro delle punte rimanesse all’incirca quello di prima, ma non è assolutamente così.

Ora, arrivo alla fine di questo lungo pistolotto per dire che Sanchez, in questo sistema, è molto più “funzionale” nell’interpretazione del ruolo rispetto agli altri due attaccanti. Il cileno non solo ha l’attitudine a svariare su tutto il fronte di attacco, ma ha anche la capacità di dare ampiezza e creare pericolo con naturalezza, dato che lui stesso ha giocato ala per buona parte della sua carriera.

La crescita di Sanchez in questo periodo non è – interpretazione personale – solo da legare alla condizione fisica ritrovata, ma anche ad uno schieramento che complessivamente finisce per valorizzare maggiormente le sue qualità. Allo stesso tempo è molto facile “bollare” Lautaro come poco concentrato, ma la sua flessione può anche essere legata alla necessità di adattarsi a qualcosa di nuovo. Vi invito a tal proposito a osservare il rendimento di Lautaro e Lukaku quando hanno giocato insieme e il loro rendimento vicino a Sanchez.

Quindi penso non si offenderà nessuno se dico che a mio modo di vedere il cileno oggi sia il nostro attaccante più importante proprio per il suo essere “complementare” sia a Lukaku che a Lautaro. Sanchez ha quella capacità nello stretto e di saltare l’uomo che lo rendono unico, se confrontato agli altri attaccanti. Per farla brevissima: è una seconda punta.

Nel 3412 probabilmente anche questo aspetto, specialmente quando si ha un trequartista come Eriksen, più “passatore” che “dribblomane”, va tenuto in considerazione nella costruzione della rosa. Posto che ritengo si possa vincere in Italia anche con Lautaro e Lukaku, idealmente penso anche che dovessimo mai cedere Lautaro, mantenendo questo schieramento, allora il profilo più idoneo per sostituirlo a parer mio non sarebbe un’altra prima punta, ma un giocatore di grande dinamismo, dotato di dribbling, fantasia e soprattutto gol.

Siamo arrivati in fondo alla nostra chiacchierata. Ci restano due partite da giocare in campionato: Napoli e Atalanta. Sono due sfide molto toste che oltre a dirci dove arriveremo in campionato ci apriranno le porte dell’Europa League. L’Inter giocherà con il Getafe tre giorni dopo la fine del campionato italiano, mentre la Liga sarà terminata da 17 giorni. Due settimane di differenza per preparare una gara secca e importante, dopo un mese in cui l’Inter ha giocato ogni tre giorni possono pesare moltissimo, quindi vedremo Conte come deciderà di scendere in campo in queste ultime sfide di campionato.

Il_Casa

Interista, fratello del mondo. Dal 1992 un'unica fede a tinte rigorosamente nerazzurre. Sobrio come Maicon, faticatore come Recoba.

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