Il punto della situazione – S01E02

Seconda puntata in una settimana per “Il punto della situazione”, nonostante la trasmissione sia già stata chiusa senza possibilità di appello. Ma si avanti lo stesso perché il nostro team lavora puramente per passione, senza l’ossessione di portare a casa uno stipendio o di dover per forza dare un senso a ciò che viene fatto ogni giorno. La realtà è che si tratta di persone che, tolte dal contesto lavorativo, sarebbero costrette ad affrontare ventiquattro ore su ventiquattro un vuoto terrificante che va a comporre un oblio senza fine: case silenti, con pareti spoglie, pavimenti ricoperti di lanugine, terriccio e trucioli, e ogni tanto, come unica testimonianza di una seppur remota vicinanza umana, qualche urlo disperato che si leva dalle case dei vicini.

È in questo abisso di disperazione che iniziamo la trasmissione.

5, 4, 3, 2….

PRESENTATORE Buonasera e benvenuti a “Il punto della situazione”. Stasera abbiamo di nuovo con noi il professor De Wraal, dell’università di Atlanta. Ben ritrovato professore.

DE WRAAL Lei si rende conto che è la seconda volta che mi fate venire qua dalla Georgia? Spero che almeno stavolta ci sia un buon motivo.

P Certo, professore. La puntata di stasera è dedicata ai sistemi di risoluzione dei conflitti nelle specie Pan troglodytes (scimpanzé comune) e Pan paniscus (bonobo).

DW Ah.

P Non se l’aspettava, eh.

DW No, devo dire di no, dato che mi sembrate un ammasso di imbecilli, e perdipiù alle prese con un assordante abisso di tristezza.

P Per la precisione, un vuoto terrificante. E anche un oblio senza fine.

DW Sì insomma, i trucioli il terriccio, quella roba lì.

P Ecco.

DW Comunque, mi chieda pure.

P Ho qui un suo libro in cui definisce gli scimpanzé machiavellici. Vuole spiegarci perché?

DW La ringrazio per la domanda, vedo che è effettivamente molto preparato. Allora deve sapere che gli scimpanzé…

P Mi scusi professore se la interrompo, ma ci tenevo a dirglielo già dall’altra volta: lei parla uno splendido italiano, le faccio i miei complimenti.

Il professore è interdetto.

DW Scusi, ma che c’entra adesso questa cosa?

Il presentatore guarda De Wraal senza rispondere.

DW Certo che parlo uno splendido italiano, perché non dovrei? 

P Beh leggo qua che lei è canadese, non è scontato che… 

DW Che cos’è che non è scontato, mi scusi?

P Che lei… Cioè, le stavo facendo un compliment… 

DW Ah ma ho capito dove vuole andare a parare, certo, certo.

P Professore, non voglio andare a parare da nessuna parte, stavo solo dicend..

DW Nono guardi, ho capito benissimo cosa intende. Ho capito cos’è che per lei “non è scontato”: che uno come me, o meglio, un negro come me, sappia parlare bene la vostra lingua. Eccoci qua.

P Professore mi scusi, ma lei… è bianco.

DW Ah! Bianco! Ma certo, è tutto facile per lei. Il mondo è diviso in due categorie, vero? Questo è nero, questo è bianco e via, non ci si sbaglia mai. Ma certo, andiamo avanti così, e chi se ne frega se qualcuno non si ritrova in queste distinzioni, giusto? Mi dica, davvero non si rende conto di cosa sta dicendo? 

P Professore davvero, era un complimento…

DW Ahhh allora a posto, se era un complimento nessun problema. Che fosse del tutto non richiesto non la tange nemmeno, anzi. Potremmo quasi dire che me la sono cercata, vero? 

P Guardi professore, facciamo così: ritiro quel che ho detto. Dimentichiamocelo e andiamo avanti, vuole?

DW Eh no caro mio, troppo comodo così. Non può prima darmi dello zulù, peraltro insultando tutto quello straordinario popolo, e poi pensare di cavarsela semplicemente ritirando l’offesa. Lei dovrà vedersela coi miei avvocati.

P Perché in questi casi si dice sempre “i miei avvocati”? Non ne basta uno? Possibile che tutti abbiano un team di avvocati che lavora per loro?

DW Lei è un babbuino.

Il professor De Wraal si alza e se ne va. Il presentatore si asciuga il sudore dalla fronte.

P Va bene, salutiamo il professore e andiamo avanti. Che fatica però ragazzi… [controlla la scaletta] Dovremmo avere… eh, figuriamoci, ovvio. E chi altri. [si gira verso il vidiwall]
Siamo in collegamento con Lele Adani. Ci senti Lele?

ADANI [sommessamente] Oh, ciao.

P Non riconosco il paesaggio alle tue spalle. Dove ti trovi?

A Sono a Rosario. La città del… del coso lì, del calcio.

P Ah, e lo dici così?

A Guarda, non è tutto sto granché. Pure un po’ sporca.

P E lo stadio Dr. Lisandro de la Torre, dove ha mosso i primi passi El Fideo Di Maria?

A Fa cagare.

P Vabbè Lele però non fare così, sono mesi che prepariamo questo collegamento…

A Eh ho capito, ma che devo fare? Se mi fa cagare non è che ci posso fare molto. Si mangia pure male.

P Ok però ci saremmo aspettati un pelo in più di entusiasmo, alla fine è la tua passione, ciò che ti fa battere il cuore…

A [toccato sul vivo, si inalbera] Ah certo, perché da me ci si aspetta sempre casino, passione, strilli. Sette giorni su sette, ventiquattro ore su ventiquattro. E sai che c’è, invece? Oggi non mi va. Ti sta bene?

Il presentatore sospira sconsolato.

A Oggi non mi interessa dei calzini cuciti appositamente da nonna Taranta in vista del derby del Rio Basqueta, va bene? Va bene o no? 

P Ma che avete tutti oggi?

A Oggi? Te lo dico io cos’ho oggi. Ho che non me ne frega un cazzo di quel derby in cui El Pequenito Ricardinito sarebbe dovuto partire in panchina come al solito, ma poi un batterio molto aggressivo – credo lo Pseudomonas aeruginosa – ha assalito tutti i titolari in attacco, riserve comprese, e allora mister Papocchi è stato costretto a schierarlo. Non me ne frega un cazzo, hai capito?

P Va bene Lele, parliamo d’altro allora. Hai letto il nuovo numero di Lucky Luke?

A Oggi ho davvero altro a cui pensare rispetto a quella storica partita in cui El Pequenito ha indossato la magica casacca numero nueve per la prima volta in vita sua, e poi al primo tocco, pronti-via, ha sfoderato una puntata clamorosa che ha bucato il pallone, e anche la sua scarpa, e ha preso il portiere in controtempo per poi infilarsi in rete a velocità smisurata, e allora tutti i compagni hanno iniziato a festeggiarlo e a osannare il suo piede sinistro con la scarpa sfondata e il ditone ben esposto, e quindi in pratica poi dopo il gol del vantaggio El Pequenito ha giocato tutta la partita con l’alluce di fuori e glielo hanno ciancicato tutti, salendoci sopra e calpestandoglielo copiosamente…

P [sospira] Dio santo…

A … finché a un certo punto il suo compagno di squadra Fernandiego, roccioso terzino di Avellaneda nonché paziente zero dell’epidemia di Pseudomonas, è entrato in campo all’improvviso e gli ha sputato dritto negli occhi, chissà forse per invidia, e allora Ricardinito è stato contaminato dal batterio e ha iniziato ad accusare i primi sintomi già nell’intervallo, ma Mister Papocchi non ne ha voluto sapere di sostituirlo, e insomma la partita è andata avanti finché al 70’ il suo alluce desnudo era ormai diventato un grosso pallone purulento (curioso decorso per un’infezione aerea da batterio) secernente uno strano liquido viscoso e violaceo, e El Pequenito era ormai confinato in un loculo ricavato sulla fascia sinistra in preda a spasmi raggelanti, poi sfociati in una coreografica crisi apoplettica, mentre intorno a lui il derby andava avanti, e allora insomma per farla breve al quarto minuto di recupero, sul risultato di 1 a 0, El Pequenito è spirato tra i tormenti, nel giorno del suo esordio, nel derby di una vita, deciso da un suo colpo di punta. [cerca affannosamente di recuperare il respiro].

P [il presentatore guarda bene il paesaggio alle spalle di Adani] Scusa ma quella non è Frascati?

A Vai a fare in culo, non mi chiamare mai più.

Adani chiude il collegamento.

Il presentatore, visibilmente affaticato, torna ad asciugarsi il sudore.

P Va bene ragazzi, ve lo dico: oggi sono piuttosto in difficoltà. So che abbiamo un altro ospite però vi prego, portatemi uno tranquillo che sennò sbrocco davvero. [parla con la regia] Sì, uno che non rompe i coglioni, dai, senza tanti grilli per la testa. [parla di nuovo con la regia]. Oh, perfetto.

Entra Fulvio Collovati.

P Buonasera Fulvio, che piacere vederti.

FULVIO COLLOVATI Il piacere è tutto mio.

P Allora, che mi dici?

FC Nell’amatriciana ci va il guanciale.

P Perfetto, perfetto. Che ne pensi di questa semifinale del Marocco?

FC Oggi ci sei, domani chissà.

P Interessante punto di vista. E pensi che Messi ce la farà questa volta?

FC Il mattone è sempre un buon investimento.

P Sempre la risposta pronta il nostro Fulvio.

FC I supermercati hanno ucciso il piccolo commercio.

P Va bene, ma non ti avevo chiesto niente stavolta.

FC Prova a buttare una cartaccia per terra in Svizzera. Mica come da noi.

P [sussurrando a mezzabocca] Ma possibile che debba andare sempre così?
Va bene Fulvio, io ti lascio qui che devo andare un attimo di là, ok? Torno subito.

FC Ai nostri tempi ci si divertiva con poco.

Il presentatore si toglie il microfono e scappa di corsa. Andandosene, incrocia il Professor De Wraal, che si era dimenticato una borsa in studio.

FC Con questo tempo non si sa più come vestirsi.

DW Come dice?

FC Non esistono solo il bianco e il nero, ma ci sono tante sfumature di grigio.

DW Lo dicevo anch’io prima! Finalmente una persona per bene in questa trasmissione.

FC I film più belli li danno sempre di notte.

DW Vero anche questo!

De Wraal si siede accanto a Collovati.

DW Come ti chiami?

FC Ormai mille lire è diventato un euro.

DW Piacere. Io invece sono Franco.

De Wraal e Collovati incrociano gli occhi. Tra loro c’è un momento di esitazione.

DW Hai da fare dopo?

FC Ormai in tv c’è solo…

Fulvio si blocca, lo sguardo di De Wraal comincia a farsi intenso. Il professore tira fuori un mazzo di chiavi.

DW [facendo l’occhiolino] Stanza 420.

De Wraal si alza e lascia lo studio sculettando.

FC Ormai si passa direttamente dal cappotto alle mezze maniche.

Fulvio si alza e segue De Wraal.

Fine.