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Il modello Ajax non esiste

I Lanceri sono approdati ai quarti di finale di Europa League dove affronteranno la Roma. Un buon cammino europeo per una squadra molto giovane che ha rinnovato tantissimo, e che ha sfiorato a dicembre quella che sarebbe stata un’alquanto inaspettata qualificazione agli ottavi di Champions League, sfumata all’ultima giornata per la sconfitta nello scontro da “dentro o fuori” alla Johan Cruyff Arena contro l’Atalanta. 

Ho realizzato che l’Ajax ha raggiunto per la terza volta nelle ultime cinque stagioni un quarto di finale di una competizione europea. Da questa semplice constatazione, mi sono venute in mente le reazioni a quello che è, a mio parere, un risultato sportivo eccezionale, considerando il contesto e la situazione: vale a dire un club che domina sì in patria, ma in un campionato fuori dalle cinque leghe europee top, e nonostante questo riesce comunque ad ottenere risultati rilevanti in Europa. Queste reazioni, come già in passato, avrebbero avuto un filo conduttore: il modello Ajax, cioè il modo in cui il club di Amsterdam opera e la filosofia che applica nella gestione. “Eh, ma loro fanno bene perché hanno il modello Ajax, può andar bene solo lì”.

Ma cos’è questo benedetto modello Ajax? Da questo punto di partenza ho deciso di fare un’analisi prendendo in considerazione le ultime cinque stagioni e cercando di mettere in relazione gli avvenimenti sportivi ed economici accaduti all’Ajax, la filosofia del settore giovanile, e un generico parallelo con le squadre italiane, specificamente le tre grandi, tra cui l’Inter.

Una cosa deve essere chiara: i dati generano più domande che risposte, ma la mia conclusione – volutamente provocatoria – è già nel titolo, anche se è chiaramente un’iperbole.

Cercherò di spiegare perché per me è molto fuorviante parlare di un Modello Ajax: per prima cosa daremo un’occhiata ai numeri economici per mettere nel contesto gli ordini di grandezza. In termini sportivi relativamente alle competizioni nazionali, ogni paragone tra il club vincitore di 34 campionati, e un trentacinquesimo con tutta probabilità in arrivo, 19 coppe d’Olanda e 9 supercoppe nazionali, e qualsiasi club italiano non ha senso. Non ha senso perché l’unico club che può avere dei numeri del genere in Italia è la Juventus, ma la competitività del campionato olandese, per tutta la sua storia, non è mai stata paragonabile a quella del campionato italiano, se non nel decennio d’oro 1968-1978, segnato dall’esplosione del totaalvoetbal.

Però, su un piano europeo il paragone ci può stare, perché le competizioni cui l’Ajax partecipa sono le stesse cui prendono parte le nostre squadre migliori, e i risultati sportivi sono quindi in qualche modo comparabili. Capire quindi attraverso quali parametri economici l’Ajax sia stato in grado di raggiungere i risultati delle ultime cinque campagne europee, può dare un’idea più precisa del rapporto di forza esistente al momento tra la miglior squadra olandese e le migliori italiane, nonché della relazione tra le risorse a disposizione e i risultati ottenuti in Europa.

Ajax ai quarti di finale di EL 2020/21

1. I conti

Mettiamo qui una stupidissima tabellina excel che mostri due macro-grandezze relative ai bilanci di Ajax, Inter, Juventus e Milan: i ricavi, ovvero quanto questi club nel bilancio di quell’anno hanno ottenuto dai diversi proventi (incassi, diritti TV, player trading, ecc.), e il risultato finale di bilancio cosiddetto EBITDA, o in italiano MOL, margine operativo lordo, che vuol dire – con una definizione approssimativa ma sufficiente ai nostri scopi – il risultato dell’impresa a fine esercizio, prima che si deducano interessi, tasse e ammortamenti.

I risultati della stagione in corso e del bilancio in corso si avranno solo dopo il 30 giugno, quindi non possono essere disponibili. In ogni caso, questi 4 ultimi esercizi mostrano quel che ci serve: l’Ajax incassa, player trading compreso, meno, molto meno di Inter (circa due terzi in meno, poi diventato la metà nelle ultime due stagioni), Juventus (non ne parliamo: come si vede, imparagonabile) e Milan, anche se nell’ultimo bilancio la differenza nei ricavi con i rossoneri si è assottigliata notevolmente.

La differenza si ha, enorme, sui risultati finali di bilancio: Ajax sempre in attivo ogni anno, l’Inter solo per i primi due, poi lo sforzo di Suning per allestire una squadra da titolo unito allo scoppio della pandemia ha fatto precipitare la situazione, Juventus con un grande attivo nel 2017 e poi, come il Milan, sempre in rosso, con situazioni ovviamente molto diverse e per il Milan anche molto particolari, dove a fronte di un rosso molto pesante c’è a fare da bilanciamento una situazione debitoria verso terzi assolutamente ottima.

È evidente quindi che i costi, e in particolar modo gli ingaggi dei giocatori, siano il vero spartiacque di questi risultati economici annuali.

2. I risultati

Altro stupido specchietto excel: se non possiamo paragonare i risultati domestici, come detto, allora andiamo a vedere quelli europei. Qui ho voluto mettere i risultati di tutte le squadre italiane partecipanti alla Champions o all’Europa League nelle ultime 5 stagioni:

I risultati includono anche la stagione in corso, dove ovviamente una tra Ajax e Roma potrà fregiarsi di una nuova semifinale da mettere a referto. Ho evidenziato in giallo, del tutto arbitrariamente, i risultati meritevoli di nota: vale a dire, secondo il mio personalissimo cartellino, dai quarti di finale di Champions League in su e dalle semifinali di Europa League in su. Come detto nell’incipit di questo discorso, tutto nasce dalla considerazione che una squadra con due quinti delle risorse dell’Inter, un quarto di quelle della Juve, e la metà di quelle del Milan, ha raggiunto una finale di Europa League, una semifinale di Champions League e si giocherà la possibilità di una terza semifinale europea in 5 anni, a fronte di squadre con molte più risorse.

Il paragone è impietoso: solo la Juve ha fatto meglio, e a questo punto uno potrebbe e dovrebbe dire “e vorrei pure vedere…”: con due quarti di CL e una finale sempre di Champions League, i bianconeri hanno conseguito risultati migliori dell’Ajax, e questo è assolutamente nell’ordine naturale delle cose data la differenza di mezzi e risorse messe in campo. La Roma, se eliminerà proprio l’Ajax, potrebbe eguagliare il risultato dei Godenzonen con due semifinali europee in cinque stagioni. Ma l’Ajax, escludendo la stagione in corso, ha anche un handicap che le nostre squadre non hanno avuto: l’obbligo di accedere ai gironi di CL tramite playoff, cosa che spesso ha penalizzato gli Amsterdammers. Insomma, tutto considerato, ed escluso l’ovvia Juventus, per le altre è buio pesto. E prendendo in esame le risorse a disposizione, escludendo Atalanta e Fiorentina, è una bocciatura senza appello.

Atalanta-Ajax, a Bergamo, Champions League

3. L’obbligo di vincere

A questo punto, prima di parlare di mercato, va discussa l’obiezione che viene fatta più spesso parlando di questi numeri economici legati al risultato sportivo: una cosa tipo “l’Ajax non ha l’obbligo di vincere, vende i suoi giovani migliori e riesce comunque a limitarsi sugli ingaggi, e son tutti felici”. Tutto vero, tranne che per la presunta assenza dell’obbligo di vincere. C’è una percezione molto distorta della pressione presente in Eredivisie per quanto riguarda le tre grandi del calcio olandese. Certo, in Italia la pressione è senz’altro molto maggiore, ma ad Amsterdam o a Rotterdam non è molto lontana da quella che si può respirare nelle grandi piazze del calcio europeo.

L’Ajax aveva vinto il quarto titolo di fila, nel 2013/14 con Frank de Boer al timone. Da quel momento, bisogna aspettare la stagione 2018/19 per rivedere l’Ajax campione, e cinque anni senza titolo ad Amsterdam hanno voluto dire un inferno di polemiche continue (per tacere del suicidio sportivo del 2016, col titolo perso all’ultima giornata pareggiando a casa del già retrocesso De Graafschaap), titoloni sui giornali ad ogni mezzo passo falso, un esonero a stagione in corso (Quello di Keizer, giubilato a Natale 2018, robe quasi mai viste da queste parti). Un aneddoto può chiarire meglio di mille parole la definizione di “pressione calcistica” ad Amsterdam: l’anno scorso, il titolo non è stato assegnato per lo stop al campionato decretato dal governo a causa della pandemia a marzo del 2020, e con ancora una dozzina di gare da giocare. L’Ajax era in testa a pari punti con il sorprendente AZ di Arne Slot e dei suoi giovani ottimi talenti.

Tanto per rinfrescare la memoria, Erik ten Hag aveva sfiorato solo dieci mesi prima una clamorosa finale di Champions League, sfumata per il gol di Lucas Moura al 95′, con una banda di ragazzini. Ebbene, per circa tre mesi, da gennaio ad aprile, un numerosissimo gruppo di tifosi dell’Ajax ha lanciato una campagna sui social per mandar via l’allenatore, colpevole di non essere davanti ai rivali in campionato di un numero imprecisato di punti, ma di essere primo a pari merito.

Certo, voi mi direte “ma guarda che noi tifosi dell’Inter con Conte quest’anno abbiamo praticamente fatto la stessa cosa in un contesto pressoché identico!”

La mia risposta è: appunto. Ad Amsterdam la pressione è enorme. La differenza è solo culturale, e cioè nel come questa pressione viene percepita ed esternata.

Dopo Inter-Shakhtar in tanti non lo volevano più vedere, e pure io non avrei pianto se l’avessero mandato via. Per fortuna non l’hanno fatto.

4. Il mercato

E vediamolo, allora, questo modello Ajax per quella parte che è, nell’immaginario dei tifosi italiani, uno dei punti cardinali della loro gestione. I giovani di grande talento a un certo punto vengono ceduti, perché quasi sempre le offerte sono tali da non poter essere rifiutate e gli ingaggi offerti inavvicinabili per Overmars & Co.

Qui dovrei fare una lunga lista di nomi e di numeri, per farvi vedere chi e come sono stati venduti i gioielli della corona calcistica olandese: non la farò, ma cito al volo solo i nomi di coloro i quali sono stati ceduti per cifre superiori ai 15M€ dal 2017 ad oggi: Sanchez, Klaassen, Kluivert, de Ligt, de Jong, Dolberg, Ziyech, van de Beek. Di questi, solo Sanchez e Ziyech non hanno avuto un trascorso nelle giovanili dell’Ajax, per quanto Frenkie de Jong vi sia arrivato relativamente tardi per essere considerato un frutto del De Toekomst, il centro dove le giovanili dell’Ajax si allenano e giocano.

Bella coppia…

Quello che però sfugge è che, grazie a un cambio di politica figlio dei pessimi risultati europei del “quinquennio de Boer”, dove a titoli vinti in patria non corrispondevano risultati minimamente soddisfacenti in Europa, l’Ajax ha cominciato a spendere, smettendo di affidarsi quasi esclusivamente al vivaio. Oculatamente, certo, e con acquisti molto mirati. Ma Blind, Tadic, Alvarez, Marin, Promes, Antony, Klaassen e Haller, sono stati tutti acquisti sopra i 10M€.

Il totale complessivo che non vi sto a dividere per stagione perché in fondo è irrilevante, e perché le variazioni anno per anno dipendono dal momento sportivo, dai giocatori acquistati e ceduti e, in ultimo, anche dalla pandemia, è il seguente:

Nel quinquennio delle stagioni calcistiche che vanno dalla 2016/17 alla 2020/21, l'Ajax ha ceduto giocatori per un ricavo complessivo di circa 510 milioni di euro, ed ha acquistato nello stesso periodo per circa 247 milioni di euro twittalo

La fonte è Transfermarkt, quindi diamo per buona l’approssimazione delle cifre esposte, anche se magari delle differenze ci possono sempre essere. Come vedete, mediamente parlando, l’Ajax ha speso ogni anno una cinquantina di milioni per rinforzare la squadra, a fronte di un incasso medio di un centinaio di milioni a stagione. Ora spero che vi sarà venuta la stessa curiosità che ho avuto io pensando a tutta questa storia: e l’Inter?

L’Inter, nello stesso quinquennio, ha ceduto per un totale di circa 338M€, ed ha acquistato per un controvalore di 685M€. Molti di questi movimenti in uscita sono relativi alle cessioni di giocatori provenienti dal settore giovanile nerazzurro.

Rimpianto o fosso scampato?

Di sicuro non c’è nessun de Ligt o de Jong ceduto dalla Beneamata, però cominciate a vedere anche voi “qualquadra che non cosa”? Senza contare quel che io, subdolamente, vi ho buttato lì in mezzo al discorso un po’ più sopra: è vero che all’Inter (al Milan, alla Juve, ma in paragone con gli olandesi anche alla Roma, al Napoli, alla Lazio…) il giocatore va per prendere molto di più di quanto gli diano all’Ajax, ma poi ti aspetti che questo “di più” si traduca in risultati migliori di quelli degli Joden, banalmente. Spendere 130 milioni in media annua nelle ultime cinque stagioni ha prodotto all’Inter un progresso incontestabile nelle prestazioni nazionali, ma mediocri prestazioni europee, escludendo la finale dello scorso agosto contro il Siviglia.

Guardiamo il Milan, mi son detto, magari lì va un po’ meglio: e invece la musica è molto simile. Nel quinquennio in esame, la cifra complessiva spesa per gli acquisti è stata 560 milioni di euro, quella ricavata dalle cessioni 259. Interessante vedere i numeri della Juventus: ha ceduto ricavando più dell’Ajax, ben 744M€, acquistando giocatori per un valore di 976M€: quasi 200M a stagione, il quadruplo dell’Ajax.

Ora, sappiamo bene che questi numeri grossolani vanno filtrati con un enorme colino, marcato “plusvalenze”, giochino molto italiano (ma non abbiamo l’esclusiva…) con cui io do Hendrik a te, che è un pippone, ma che tutti e due insindacabilmente valutiamo 10 milioni di euro, e tu mi dai Nicolino Berti che anche alla sua età comunque un valore ce l’ha, soprattutto quando lo cita la Gazzetta per i suoi tweet, e diciamo che anche lui, per noi, vale 10 milioni di euro. Il valore residuo a bilancio dei due era scarso o nullo, e quindi ecco qua: una bella plusvalenza di 10 milioni fresca fresca e utile a sistemare le magagne di bilancio.

Nessuno è innocente su questo, quindi è inutile fare dei distinguo perché la cruda verità è che, molto probabilmente, su questo particolare aspetto di distinguo da fare non ce ne sono. Ma senza scendere in troppi dettagli, diciamo che questo modello dà l’uovo oggi, ti mette a posto i conti e ti pone anche al riparo da problemi con il famigerato Fair Play Finanziario UEFA. Però, allo stesso tempo, allontana inesorabilmente la gallina di domani che diventa sempre più costosa e difficile da raggiungere, e soprattutto economicamente insostenibile.

Insomma, avere i giovani da vendere è un vantaggio, ed averli molto forti è un vantaggio incredibile. Il punto è che poi bisogna saper spendere, poco o tanto che sia il denaro a disposizione, ricavato o meno dalle cessioni dei giovani o di giocatori di altra provenienza.

Se in un anno spendi a bilancio 80 milioni mal contati per portare a casa Barella, Hakimi, Kolarov, Males, Pinamonti (esercizio 2020/21), non puoi certo dire che tu li abbia spesi complessivamente male, anzi. Ma se due esercizi prima a bilancio hai speso la stessa cifra per Lautaro, Gravillon, Gagliardini e Nainggolan, allora non è un problema di modello: è un problema di scelta di come spendere le risorse a disposizione. Parlo di Inter per ovvi motivi, ma se vorrete replicare l’esperimento con ogni altra squadra italiana del quinquennio, otterrete risultati simili.

Alcuni mercati dell’Inter sono stati fatti senza alcun dubbio molto Males

Intendiamoci: l’Ajax sbaglia acquisti come tutti, sia di giovani che di giocatori pronti o che comunque ad Amsterdam ritenevano tali. Nel 2018 l’Ajax ha speso 2 milioni di euro per Nicolas Kühn, attaccante del Lipsia allora diciassettenne: due anni e mezzo nello Jong Ajax e poi lasciato andare via a zero. Razvan Marin, oggi al Cagliari ed acquistato per rimpiazzare Frenkie de Jong, è stata una spesa ingente finita malissimo, parlando del campo. Il burkinabé Boureima Hassane Bandé, acquistato dal Mechelen per 8M€ nell’estate del 2018, terzo acquisto più costoso dell’anno dopo Blind e Tadic, non ha mai esordito in prima squadra giocando una manciata di gare con lo Jong Ajax in Eerste Divisie, e finendo in prestito in Svizzera e in Croazia, dov’è tuttora. Il punto è che se la gestione complessiva è sana, i Bandé vengono assorbiti senza creare troppi disastri. Se non lo è, basta un Joao Mario per metterti nei guai per due o tre stagioni.

Il club che negli ultimi anni più viene accostato come similarità nella gestione è l’Atalanta. Gli orobici hanno da sempre un settore giovanile d’eccellenza, e questo modello di acquisti-cessioni bergamasco può, in effetti, in molte cose avvicinarsi a quello degli olandesi. Nei cinque anni presi in esame, l’Atalanta ha ceduto per circa 316 milioni di euro, ed acquistato per 281. Per quanto lontani, sono in effetti i numeri più simili a quelli del modello di player trading ajacide negli anni 2016/17-2020/21, e anche i risultati europei si avvicinano un po’ a quelli degli olandesi. Un caso? Onestamente non credo.

5. Il campo

Perché va bene il player trading e il bilancio e i giovani ceduti ed esplosi: ma in campo poi ci devi andare, i risultati li devi fare, acquistare a poco o a tanto vuol dire in ogni caso mettere insieme una squadra ed amalgamarla. Avere continuità tecnica, quindi – non solo in panchina ma anche in campo – vuol dire avere un gruppo che cresce e che può fornire prestazioni al di sopra della somma dei singoli. L’Inter delle ultime due stagioni è un esempio perfetto di ciò, lo stiamo vedendo bene.

Ecco: anche qua, di ciò che la vulgata percepisce come “modello Ajax”, vale a dire una squadra che sta insieme e sviluppa negli anni sotto una guida tecnica coerente un gioco collaudato, non c’è un granché. Perché l’Ajax ha rivoluzionato la squadra quasi ogni anno, proprio per via delle cessioni eccellenti e degli acquisti. La formazione dei Lanceri nella finale di Europa League 2016/17 contro il Manchester United di Mou era la seguente: 4-2-3-1, Peter Bosz in panchina: Onana; Veltman, Sanchez, de Ligt, Riedewald; Klaassen, Schöne; Ziyech, Bernard Traoré, Younes; Dolberg. I subentrati David Neres, van de Beek e Frenkie de Jong.

L’Ajax la sera della finale di EL contro il Manchester United di Mou

La formazione che ha giocato l’ultima di campionato contro l’ADO Den Haag è un 4-3-3, quello di ten Hag: Stekelenburg (Onana è squalificato per doping fino a febbraio 2022); Rensch, Alvarez, Martinez, Tagliafico; Gravenberch, Klaassen, Blind; Davide Neres, Brobbey, Tadic. (Haller e Antony infortunati, così come Mazraoui). I subentrati: Idrissi, Lassina Traoré (il cugino di Bernard, in squadra cinque stagioni prima), Schuurs, Labyad, Kudus. Se vogliamo considerare che senza l’episodio di doping Onana sarebbe stato in campo, lui e Klaassen sono gli unici titolari sopravvissuti di quella squadra. Ma Klaassen ha fatto in tempo a passare da Liverpool sponda Everton, poi andare a trascorrere due anni più tre gare della stagione presente a Brema, per tornare infine a casa, là dov’è cresciuto.

L’Inter, sempre per viaggiare in questo parallelismo, ha pareggiato il derby di ritorno col Milan nell’aprile del 2017 sotto la guida di Pioli con Handanovic; D’Ambrosio, Medel, Miranda, Nagatomo; Gagliardini, Kondogbia; Candreva, Joao Mario, Perisic; Icardi. I subentrati furono Eder, Murillo, Biabiany. (Pausa: mi sono sentito male a rileggerla e quindi qua mi son fermato un po’ per ripigliarmi. Ripensare ad uno dei pareggi più stupidi mai presi da quelli là, non fa bene alla salute). I commenti sono superflui, ma ognuno può vedere come la continuità tecnica sia ben lontana tanto a Milano quanto ad Amsterdam, per quanto a Milano il cambio di modulo avviato con Conte sia stato ovviamente una vera e propria rivoluzione tecnica, molto più ampia di quella vista alla Johan Cruyff Arena.

In mezzo alle due formazioni dell’Ajax che ho elencato poco fa, c’è stata quell’incredibile cavalcata europea nel 2019 che ha rivelato, a tutti quelli che non la conoscevano bene, una delle squadre più belle degli ultimi anni, a mio parere.

Tre allenatori per cinque stagioni e una cambio di rotta non indifferente, perché Peter Bosz e Erik ten Hag non sono allenatori che provengono dall’Ajax né per storia personale da giocatori né per quella di allenatori. Ci vuole quindi un coordinamento molto alto tra proprietà, dirigenza e staff tecnico per riuscire a fare quel che hanno fatto ad Amsterdam nell’ultimo lustro.

Un bravissimo allenatore

6. I giovani

Qui siamo al culmine del discorso sul modello Ajax nell’immaginario del tifoso medio italiano. Chiariamo subito un punto: è evidente che una scuola tecnica c’è, ci mancherebbe. Però questa non è rimasta immutabile nel tempo. La storia recente dell’Ajax è piena di guerre sotterranee e anche pubbliche che vertevano sull’indirizzo da dare al club. L’eco dello scontro finito in tribunale tra Cruyff e la dirigenza dell’Ajax che nominò van Gaal direttore generale del club nel 2011, è arrivata anche da noi. E il punto era, al di là dei giochi di potere interni al club e allo scontro di due ego molto grossi quali quelli del numero 14 e del “Tulipano d’acciaio”, l’indirizzo che il settore tecnico delle giovanili doveva dare ai ragazzi dell’Ajax per cambiare il corso delle cose, visto la sparizione dalla mappa del calcio europeo dell’Ajax negli anni successivi alla sentenza Bosman e l’impossibilità di competere sul piano economico con i club delle maggiori leghe europee.

Wim Jonk e Dennis Bergkamp hanno fatto un lavoro straordinario per anni riformando l’indirizzo tecnico del settore giovanile dell’Ajax, e gli Jonkers (così sono chiamati i giocatori passati da quel progetto guidato dall’ex-nerazzurro, oggi allenatore del Volendam) hanno riportato in alto l’Ajax e le sue finanze. Quel che però sfugge è, ancora una volta, il contesto.

Perché il settore tecnico delle giovanili atalantine e interiste non ha certo nulla da invidiare a livello di competenza a quello che lavora al De Toekomst.

De Toekomst, il complesso dove l’Ajax e tutte le giovanili dei Lanceri si allenano

Cos’è che allora fa sì che all’Ajax la produzione di giocatori di livello sia più simile a quella di una fabbrica fordista che non a quella di un “academy” calcistica? Qui entriamo nel cuore della società olandese e dobbiamo parlare della politica sportiva attuata dai governi che si sono succeduti negli ultimi quarant’anni. Le politiche urbanistiche dei Paesi Bassi hanno di fatto creato quartieri divisi per censo sin dalla fine degli anni ’70. Le scuole elementari sono diventate così, a loro volta, molto poco omogenee nella composizione. Insomma, tutte cose che anche noi, in Italia, abbiamo visto crescere ed accadere negli ultimi vent’anni, ma che in Olanda sono iniziate molto, molto prima.

Dopo l’esplosione del totaalvoetbal, il calcio è stato usato per compensare queste scarsa omogeneità sociale, ed è così che nei bilanci dei comuni dei Paesi Bassi, l’investimento in strutture sportive e il supporto economico per i club (non solo calcistici, ma il calcio ovviamente fa la parte del leone) sono diventati un’indiscussa incombenza della gestione comunale, e nessuna giunta la taglierebbe, salvo catastrofi. Non ho idea di come sia la situazione italiana dell’anno 2021 per ciò che riguarda le strutture, ma lo standard che vedo qua è quello di club di paesi più o meno grandi (quello in cui vivo ha diciottomila abitanti) dove la prima squadra milita nell’equivalente della nostra seconda categoria, e ha da quattro a sei campi, a volte anche di più, rarissimamente di meno, quasi tutti in sintetico tranne quello in erba dove gioca la prima squadra. E questo, ripeto, è lo standard: non l’eccezione.

Questo permette al club in questione di accogliere leve calcistiche di 40, 50, 60 bambini ogni anno (e nei grossi quartieri delle periferie e nei comuni intorno ad Amsterdam il numero è almeno doppio) a partire dall’età di quattro anni, numero che varia verso l’alto o verso il basso secondo il contesto demografico dove il club opera, metterli in squadre da 10 calciatori dopo i sei anni d’età, ed avere quindi 4, 5, 6 o più squadre di under 8, e poi under 9, under 10 ecc. Certo, poi il club si riserva il diritto di mettere i 10 più bravi nella stessa squadra, e magari i secondi dieci più bravi nella seconda squadra, ma tutti giocano e senza pagare grandi cifre, permettendo a tutte le famiglie – anche quelle meno abbienti – di permettere ai bambini di giocare.

Gli impianti del De Treffers di Groesbeek, la squadra di Tweede Divisie (equivalente della Lega Pro italiana) dove è cresciuto Cillessen: 5 campi per tutte le squadre, dalla prima agli under 8

Immaginatevi ora 54 club tutti intorno ad Amsterdam, alcuni con prime squadre che militano nell’equivalente della nostra serie C, che sono in diretto contatto tecnico con l’Ajax, che possono segnalare ogni anno bambini promettenti di 6, 7, 8 anni, e quando arriveranno ai 10 potranno quindi andare al De Toekomst se bravi abbastanza. Immaginatevi il bacino enorme da cui i Lanceri possono pescare, fornendo da subito, ai club collegati, le metodologie di educazione tecnico-individuale e di situazione desiderate, secondo i dettami della KNVB, la federazione olandese. Eccolo, il famoso “modello Ajax”. Ma è un modello Ajax tanto quanto è un modello PSV, Feyenoord o NEC Nijmegen, e di ogni altra squadra pro olandese, che sfrutta questa politica sportiva giovanile per selezionare “naturalmente” i bambini più dotati, senza che questi fino a che non arrivino effettivamente all’Ajax o al PSV si sentano troppo diversi dal loro compagno di classe che invece di giocare nella prima squadra degli under 8 gioca nella quarta o nella quinta.

La grande differenza è quindi rappresentata da una base socialmente differente perché è l’approccio politico-sociale verso lo sport e il calcio che è molto diverso da quello italiano; non il calcio in sé e neanche il calcio dei pro, che viene molto, molto dopo. Questa base viene poi sfruttata calcisticamente da una struttura, l’Ajax per l’appunto, che investe ogni anno per mantenersi all’avanguardia in questo settore, e che dedica buona parte del proprio bilancio a curare nei minimi dettagli il frutto di questo grande bacino d’utenza. Non si può qua fare un’analisi esaustiva della situazione italiana dello sport giovanile, ma è evidente almeno per me, dai racconti minimi di amici che hanno bambini in età scolare in Italia, che la situazione di partenza non sia la stessa (eufemismo). Anche per chi è dotato, l’approccio non alla possibilità di diventare un calciatore professionista, si badi bene, ma anche solo essere preso in considerazione per un provino all’età di 12 o 13 anni passa attraverso canali oscuri, spessissimo a spese della famiglia.

Nei 54 club attorno ad Amsterdam, questo non accade, e anzi – come ormai dovrebbe essere chiaro a chi ha letto fin qua – l’Ajax ha tutto l’interesse a vedere questi club far giocare il numero di bambini e ragazzi più alto possibile, perché poi non si sa mai quando e come un giovane può esplodere, e un Quincy Menig scartato troppo presto e non tenuto a giocare in una delle 54 società, può essere sempre quello che ti punisce col Twente in una delle rarissime sconfitte stagionali di questo campionato in corso.

Questi sono invece i sei campi dei Beuningse Boys, squadra di seconda categoria qui nei miei dintorni che ha visto tra i suoi allenatori anche Remco Bicentini, ex CT di Curacao

Conclusione

Qualche anno fa, quando sono andato a chiedere informazioni per l’asilo-nido di mio figlio a Nimega, ci hanno fatto vedere la struttura. Qui, ho potuto vedere i bambini che giocavano sotto una discreta pioggerella. Naturalmente, la prima reazione molto italiana è stata di sorpresa, accompagnata dal pensiero “se lo manderò qua lo faranno stare sotto l’acqua?” che è arrivato in un nano-secondo. Alla mia timida domanda “ma li portate fuori anche quando è brutto tempo?”, è arrivata al risposta ormai abbastanza famosa in uso qui e in Germania: “non esiste il cattivo tempo, esiste il cattivo abbigliamento”.

Non esiste il modello Ajax: esiste un modello di gestione eccellente, uno di gestione buona, poi ci sono modelli di gestione meno buona, pessima o disastrosa.

La gestione eccellente sfrutta le competenze, utilizza le risorse al massimo, approfitta delle condizioni sociali favorevoli, cerca di massimizzare i punti di forza. All’Ajax lo fanno? Sì, non c’è dubbio. I risultati sportivi europei, gli unici comparabili in qualche modo anche approssimativo a quelli delle squadre italiane, dimostrano che sono eccezionali nella loro filosofia di gestione. Ma, ed è questa la mia conclusione ed il punto che voglio cercare di dimostrare, non è qualcosa che si possa fare solo ad Amsterdam: anche se con sfumature diverse dovute al diverso contesto culturale, si può mettere in pratica anche altrove. Perché anche la gestione dell’Ajax non è immutabile: restare all’interno di certi macro-principi tecnici è quasi ovvio e inevitabile, perché l’eredità di Cruyff e di Michels non verrà mai rinnegata. Ma i tempi cambiano e le declinazioni in cui questa eredità va sfruttata cambiano anch’esse, e tantissimo.

Quando si dice che questo è un metodo che va bene per l’Atalanta e per l’Ajax ma non per l’Inter o il Milan (o la Roma, o il Napoli, o la Lazio), per me si dice una stupidaggine. È evidente che le condizioni socio-ambientali favorevoli che trova l’Ajax nei Paesi Bassi per trovare ragazzi promettenti sono un unicum olandese, ma i mezzi che ha l’Inter per trovare un bacino anche più ampio sono superiori. Il punto è decidere di percorrere una strada gestionale che porti, col passare del tempo, più al risultato finale di avere in squadra Bastoni e Barella provenienti dal settore giovanile e non pagati 60 milioni. Non si chiede di fare l’Ajax: si chiede di gestire bene a un livello evidentemente più alto dell’Ajax, perché le risorse di Inter, Milan, ma anche Roma, saranno sempre più ingenti di quelle a disposizione dei Lanceri.

Il vantaggio di avere dei ricavi tripli è quello di non essere costretti a vendere i giocatori frutto di questo lavoro, come invece l’Ajax fa con i de Ligt e i de Jong che mai possono essere pagati quanto li pagano i top club. Capacità gestionali, una chiara progettualità a lungo termine che vada al di là della gestione tecnico-sportiva del momento, e una corretta modulazione del progetto che tenga conto del contesto culturale in cui opera: fatto questo, niente impedisce di avere un “modello Inter”. E finché non si otterranno risultati migliori dei Lanceri facendo diversamente, non mi convincerò che questa non sia la strada migliore e quasi obbligata per operare ai vertici di un calcio cambiato, che ormai non potrà più essere sostenuto economicamente come fatto finora.

Nessuno impedisce di avere un piano a lungo termine che vada gradualmente a modificare il modello di business sportivo, mentre nel frattempo si gioca per vincere: perché qui non si chiede di smettere di cercare di acquistare i Lukaku o di non scegliere i Conte per la panchina. Qui si sta cercando di dire che avere un van de Beek all’anno, un de Jong ogni 4 o 5, un Gravenberch che a 18 anni può già fare il titolare in squadre molto più forti dell’Ajax, si può fare anche a Milano, a Torino e a Roma, senza dover abdicare alla competitività massima, se si hanno le capacità giuste. È una conclusione forse banale, ma il calcio italiano dovrebbe riflettere su come metterla in pratica prima di morire del tutto, ammesso che non sia troppo tardi.

Speriamo bene

Hendrik van der Decken

Il capitano dell'Olandese Volante, condannato a guardare il calcio per l'eternità senza mai vedere il 433 in nerazzurro. Posso toccare terra solo quando l'Inter vince in Europa, perché quando accade c'è sempre un "Oranje" in squadra. Mentre navigo, guardo l'Inter, un sacco di Eredivisie, Jupiler League e Keuken Kampioen Divisie, bestemmiando l'Inter e il N.E.C.

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alan4367
alan4367
3 anni fa

Bravo Hendrick, bel post.

Purtroppo il problema in Italai è la percezione giovane=errori.

Per cui preferiscono un vecchio scarpone (o anche solo scarpone) ad un giovane del vivaio perchè secondo loro (e per loro intendo tutti, dai dirigenti ai media ed ai tifosi) “sbaglia meno”.

Poi lo scarpone ti resta sullo stomaco perchè invendibile (anche perchè gli si fa un contratto eccessivo) e ti affossa il bilancio.

Invece un giovane, anche qualora non dovesse rivelarsi un buon giocatore, a causa del basso ingaggio hai la possibilità di poterlo rivendere e magari fare una plusvalenza.

In Olanda (ma anche in altri Paesi) i giovani giocano in prima squadra a 18-19-20 non per qualche minuto o una partita di CI, ma per mesi interi e non c’è nessuno che sollevi critiche.

Perchè loro se credono che un ragazzo vale sanno che avrà bisogno di tempo per abituarsi al calcio dei grandi ed alla maggiore tensione.

Abitudine che possono acquisire solo giocando e solo nella tua squadra, per capire se per il tipo di gioco che fai va bene o no. Farlo giocare in un’altra squadra, magari scendendo di categoria per poter avere maggiore minutaggio corri il rischio che il giocatore non si integri e, essendo giovane, magari perde l’autostima che non gli fa credere nei propri mezzi (ogni riferimento a Esposito non è casuale)

ambroeus
ambroeus
3 anni fa

Finalmente son riuscito a leggerlo, ottimo lavoro Hendrik (as usual).
Io mi ero fatto l’idea che il problema dei vivai nostrani fosse il privilegiare gli aspetti atletici e tattici al talento, ma la tua ricerca mi fa considerare maggiormente gli aspetti organizzativi e macrosociali

Cipe64
Cipe64
3 anni fa

Ma Gatina?
E Chun?
E Yukio Mishima?

interella
interella
3 anni fa

se avete voglia andate a leggere su fcinternews le divertenti dichiarazioni di Obi Mikel ex Chelsea sul nostro condottiero
e vi si aprirà un mondo….ohhhh
e si potrebbe capire di più sull’ affaire Eriksen, esempio
e dopo Hazard Costa Lampard ecc
un altro che ci dipinge uno spaccato del comportamento “umano” del nostro simpatico ex gobbo
bla bla bla….and soo.

Kowalsky
Kowalsky
Rispondi a  interella
3 anni fa

non hai mai pensato di curare questa tua ossessione?

interella
interella
3 anni fa

scrivo una cosa, vera, a proposito di Haland….dopo il primo anno al Salisburgo raiola lo propone alla gldm….che gli risponde, lo possiamo prendere con un diritto di riscatto per l under 23….
risposta raiola….voi siete matti
Non è una leggenda metropolitana lo so per certo.

interella
interella
3 anni fa

aggiungo una riflessione
come scritto nel post nell’ Inter non ci sono i De Ligt gli Halland o i Mbappe….giusto, ma anche se ci fossero non lo sapremo mai
nell’ Inter non giocherebbe mai titolare inamovibile dal nulla per 38 partite Halland poco più che 17enne e vale per gli altri che ho citato, da noi nel dubbio si spediscono, non gli si da ne fiducia ne continuità sul campo, cose indispensabili insieme al talento per un ragazzo
da noi un giovane ha almeno 24 anni, dagli altri un giovane ne ha 18 di anni e gioca in prima squadra.

interella
interella
3 anni fa

@Hendrik post veramente godibile
mi sono presa del giusto tempo per leggerlo e devo dire che risulta un bel pezzo di cronaca giornalistica, quella vera, concordo su quanto letto, il problema è tutto italiano
il nostro modo di pensare al progetto calcio è rimasto impantanato dall’ arroganza di avere vinto, con poco merito, il mondiale 2006….un mondiale che a mio modesto avviso nella piena bufera calciopoli non avrebbero mai dovuto permetterci di giocare
siamo indietro, penosamente indietro anni luce non solo dal modello Ajax ma pure dal modello Albania, in Europa siamo meno che modesti e i risultati sono lì, basta guardare, l Inter del post triplete avrebbe potuto e dovuto anche negli anni di vacche magre, puntare su qualche giocatore della cantera che non avrebbe fatto sicuramente peggio della pletora di pipponi che abbiamo acquistato con i soldi
buttati per lo più nel water vendendo i nostri ragazzi
esempi ce ne sono a decine
tanto comunque non si sarebbe vinto nulla ma almeno si sarebbe partiti da una ossatura giovane e sicuramente motivata
dodo….avevamo Biraghi e abbiamo pagato alla roma dodo
e dice tutto.

alterego
alterego
3 anni fa

Complimenti come al solito per il post Hendrik.
Confermo, nel mio piccolo, la tua descrizione delle strutture sportive in Olanda. Risiedo in un comune ancora più piccolo, appena 5000 abitanti, e il centro sportivo comprende anche qui ben 5 campi da calcio con attrezzature modernissime. Ho avuto anche la possibilità di giocare nella squadra del comune, chiaramente a livelli quasi amatoriali, ma anche qui il club è diviso in ben 3 squadre, non solo per i bambini. E non di rado, mi è capitato di essere spostato dalla terza alla seconda, da questa alla prima e viceversa.
Come scrivi, è chiaramente un mondo diverso e forse un modello non facilissimo da replicare, perché ci vorrebbe soprattutto anche il coinvolgimento delle istituzioni nonché dei club di calcio. Ma come giustamente sostieni, niente impedisce di creare un “modello Inter”.

modd
modd
3 anni fa

buon compleanno Walter Samuel, il difensore piu’ forte che io mi ricordi

Cipe64
Cipe64
3 anni fa

Il post che parla di modelli mi fa pensare ad una cosa detta da Allegri l’altra sera su uno special su Sky (special che consiglio perché è una delle rare volte in cui ho sentito parlare veramente di calcio su Sky…).
Ovvero che il calcio prodotto da una nazione e da un club è frutto della sua cultura e del suo DNA…cosa che diceva anche Gianni Brera.
Come gioca adesso l’Inter mi sembra più in linea con il suo DNA di quanto non lo fosse con il gegenpressing h24.
Per questo si fottano gli esteti fondamentalisti del calcio e del possesso palla ad ogni costo..
A me come gioca adesso l’Inter piace.
Rimango un fan del calcio totale dell’Ajax ’70…ma a ciascuno il suo.

Cipe64
Cipe64
3 anni fa

@Hendrick_Vanderdecken:disqus
Ottimo post.
😀Anche se mi cade un mito…

Roger
Roger
3 anni fa

Dalbert e Lazaro sono due esempi di ciò che una società, per me, non deve fare.
Li ho presi come esempio perchè allenati da due tecnici diversi in modo da evitare le arrabbiature dei pasdaran.
Sono stati pagati discretamente (tra 25 e 30 mn) ma non hanno giocato con continuità sin da subito, vale a dire i tecnici si sono immediatamente accorti che non facevano al caso loro: e per entrambi direi a ragione visto quello che (non) combinano nel turbinio di squadre a cui si cerca disperatamente di piazzarli.
Ora la domanda è: se cerchi un giocatore che possa subentrare nelle rotazioni (non da titolare) perchè non dare fiducia gli Zappa e i Di Marco che avevi già in casa? Ripeto, si parla di giocatori che devono subentrare di tanto in tanto, sperare crescano, esattamente come era chiesto ai due citati. I 50 mn li dirotto su un profilo solido come Barella/Hakimi e saresti molto più forte.
Ma serve grande competenza e una società forte che sappia imporsi sul tecnico di turno che tanto poi è il primo ad essere cacciato in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi.

Lothar
Lothar
3 anni fa

Pare che al cessum stiano sostituendo tutti i cartelloni pubblicitari.

Semperfi
Semperfi
3 anni fa

Calciatori si nasce, Campioni si diventa con un sistema di insegnamento e seguimento di eccellenza. Il metodo Lanceri è una filosofia di crescita che funziona, lo dicono i numeri. Mi ha sempre affascinato l’idea di vedere i ragazzi crescere per debuttare in prima squadra, per loro è una cosa naturale, per noi una eccezzione o meglio un miracolo, se per loro si tratta di un modello sportivo, per noi i ragazzi sono un impianto di allevamento intensivo da vendere all’ingrosso come merce di scambio. Ne abbiamo sfornati tanti, sarebbe bello vista anche la drammatica crisi, di pensare a loro per la panchina e perchè no anche per il campo, invece di insistere con mediocri non più giovani e carissime figurine sbiadite. Le emozioni che possono dare questi ragazzi una volta raggiunta la maturità sono il vero senso di appartenenza di un gruppo attaccato ai propri colori e alla sua storia.
Complimenti ancora una volta a Hendrik che mette sempre il dito nella piaga con uno stile unico e intelligente. Bravò.
FR&FI

Dyd
Dyd
3 anni fa

Per me i tre peggiori investimenti over28 (parlo di cartellini) sono stati :
1) Radja
2) Candreva
3) Hernanes

Per i mediomen
1)Dalbert < Dimarco 2)Taider < Duncan 3)Gagliardini < Benassi I p0 sono un discorso a parte per me ma gia qui siamo almeno sui 120 milioni, semplicemente sperperati.

Deki
Deki
3 anni fa

L’articolo (complimenti) mi ha fatto tornare alla mente uno degli ultimi viaggi con i miei amici, ormai 2 anni fa, ad Amsterdam.
Città meravigliosa, letteralmente rimasta in mezzo al cuore. Era proprio per il ponte del 25 aprile, in corrispondenza della loro festa della Regina, che attirava gente da ogni parte dell’Olanda.
Indimenticabili il tour dei mulini a vento a Zaanse Schans, la visita all’Amsterdam Arena con copertura semovente, il museo dell’Heineken e tutte le risate fatte sotto botta nei coffe shop.
Indimenticabile anche la splendida ventottenne moldava che, dalla sua vetrina in Red Light District, mi faceva sempre cenno di entrare e a cui io resistetti senza battere ciglio.
Le prime tre volte, poi alla quarta vinse lei.
Tulipani, tulipani ovunque……

Jasper
Jasper
3 anni fa

Prandelli si e’ dimesso, ritorna Jachini !!

Jasper
Jasper
3 anni fa

con la legge Bosman il concetto di settore giovanile riferito al campo e’ un po’ cambiato..
adesso e’ piu’ finalizzato al “portafoglio”

Ti allevi dei giovani, fai investimenti importanti, poi manco hanno mai visto il campo e gia pretendono cifre assurde.

Andatevi a leggere la storia di Scamacca, giocava negli allievi della Roma considerato un campioncino a 14 anni……e perche a 14 anno ando’ a giocare in Belgio..

L'Acutangolo
L'Acutangolo
3 anni fa

Articolo splendido, come non se ne trovano neanche in quotidiani blasonati (sic!). Replicare il modello Ajax da noi? Impossibile. Già la situazione scolastica è agli antipodi. Da noi gli unici insegnanti che danno importanza all’educazione motoria sono appunto gli insegnanti di educazione motoria. E stop. Dai dirigenti scolastici in giù è tutto un remare contro, altro che mens sana in corpore sano. Non parliamo poi dei centri sportivi delle Associazioni di qualsiasi sport: strutture vecchie, spesso tenute insieme con il filo di ferro, terreni di gioco irregolari e consunti, spogliatoi e docce insalubri. E se le Grandi Società almeno possono garantire condizioni decorosi ai loro giovani allievi, il casino sta nel proporre il giovane promettente in prima squadra: se non è un fenomeno (caso frequente come l’apparizione della Cometa di Halley) sarà immediatamente bruciato dal Popolo Bue, leggi i Loggionisti dell’Abbonamento VIP. Cambio culturale? Certo! Da quanto ne stiamo parlando?

Dyd
Dyd
3 anni fa

quali sono stati per voi i 3 peggiori investimenti over28 del post triplete e quali i 3 peggiori medioman presi quando invece si poteva tranquillamente puntare su qualche giocatore del vivaio?

1lorenzo1
1lorenzo1
3 anni fa

Buongiorno.

Bellissimo articolo, che condivido pienamente. E come viene giustamente evidenziato nel testo, bilanci e risultati internazionali dei club evidenziano lo stato delle cose.
Ho trovato coinvolgente in particolare la parte finale nella quale ho rivissuto i racconti di colleghi che portano i figli nelle giovanili del Torino e parlano di quel tipo di esperienza non sempre in modo entusiastico.
La sensazione che ne ho io, è che in Italia quando i bilanci si fanno pesanti si inizia a vedere i settori giovanili come un costo e non più come un investimento. Il risultato è che spesso sia i ragazzini che i loro allenatori (per sopravvivere ai tagli) migrano dove c’è la possibilità di spendere (nel caso del Torino lascio immaginare dove..).
Altra sensazione, sempre personale, al di la del contenuto dell’articolo, è che in Italia si preparino i ragazzi ad un gioco molto fisico e molto tattico, e meno si curi la parte tecnica. Abbiamo gente perfetta nel passare da un modulo all’altro nello spazio di un pensiero e a raddoppiare marcature, ma magari stoppano un pallone a due metri di distanza, o se gli arriva il suddetto pallone sul piede debole devono rifugiarsi sul portiere (cosa che spesso vediamo fare pure al bravissimo Bastoni).
Ho trovato mortificante guardare in tv la scorsa edizione della Youth League dove i ragazzini del Madrid hanno mortificato i pari età di gobba e Inter infilando 3 gol a partita giusto per essere equi (nel caso della gobba gli spagnoli hanno giocato addirittura in dieci contro undici per quasi tutta la gara).

Roger
Roger
3 anni fa

Parlando di noi mi sembra che negli anni passati il lavoro svolto a livello giovanile sia stato molto buono. Purtroppo però, vuoi per esigenze di plusvalenza vuoi per non so quale motivo, si è spesso scelto di non puntare sui ns giovani nel costruire la rosa.
Io non dico che un giovane debba per forza giocare se non pronto, ma che stia nelle rotazioni al posto di vecchi bolsi alla Young o Kolarov, per dire, penso sia doveroso, se in quel giocatore c’è del potenziale.
Oltre che risparmiare soldi per potenziare altri reparti, ci sarebbe la concreta chance di sviluppare un capitale poi meglio utilizzabile per il player trading vero.
Il caso Pandev penso sia emblematico: devastante in primavera, lasciato andare e poi ripreso e rivelatosi una pendina fondamentale nel triplete.
Ma per stare a livelli più bassi: un Duncan non poteva stare in rotazione al posto di giocatori osceni che si sono alternati nel nostro cc? Di ragazzi così ce ne sono molti.
Questa è la filosofia che vorrei vedere applicata all’Inter, sopattutto in un priodo in cui non possiamo fare la voce grossa sul mercato

Jasper
Jasper
3 anni fa

il modello Ajax,..e GAC..
in Olanda fagocitano tutto loro…

Cosa impensabile da noi. Prendi l’Inter, solo in Lombardia ha la concorrenza di Milan, Atalanta. In Italia a livello giovanile c’e’ molta concorrenza sui giovani, cosa che e’ inesistente in Olanda, dove tutto passa dall’Ajax…

Resta da spiegare perche tutto questo ben di Dio,…poi in Nazionale Olandese prende le pallonate da tutti.

Marco Perroni
Marco Perroni
3 anni fa

„Non esiste buono e cattivo tempo, ma solo buono e cattivo equipaggiamento” lo diceva Baden Powell all’inizio del secolo scorso 😀

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