Bauscia Cafè

Il calcio è di chi lo ama. (Prrrrr!)

L’ultima settimana, gli ultimi dieci giorni, sono stati momenti di grande impegno personale e applicazione, nel mio piccolo. In questo turbinio di impegni la mia mente era focalizzata sui progetti e doveri. Il calcio è così scivolato in un ruolo marginale come non capitava da anni.

Ieri sera ho tirato il fiato, ed eccomi qui oggi a scrivere un articolo per Bauscia Café. Mi serviva, decisamente, per mettermi in pari? No, per capire il motivo della mia astensione da calcio.

Intendiamoci, non mi è sfuggito nulla, non avevo bisogno di alcun aggiornamento. Le lacrimevoli vicende nostrane non mi sono sfuggite e difficilmente potevano lasciarmi indifferente.

Certo, ho tenuto alto il vessillo, ho battagliato, ho persino ruggito le mie motivazioni in faccia a orde di gobbi analfabeti funzionali con tutta la mia rabbia, a tratti. Tuttavia ho anche relegato il calcio ad una mensola periferica della mia mente.

Sinceramente il fatto che qualche aggregatore di notizie, qualche discussione sul tema non mi abbia accompagnato durante questi giorni è incredibile.

Perché incredibile?

Perchè mi ricordo dov’ero quando abbiamo chiuso per Kovacic. In un aula studio della mia città ora soppressa, a scrivere la tesi triennale, tra video degli highlights del giovane croato, Live minuto per minuto e testi di semiotica. Mi ricordo le conferenze stampa di Stramaccioni prima, Mancini poi e Spalletti ad ultimo. Ricordo le prime partite di Juan Jesus, che pareva un giocatore, di fianco a Samuel. Le attese per Lavezzi. I video per documentarmi su Dalbert. Le ricerche per capire chi avremmo affrontato in un improbabile turno di Europa League. “Questo è uno concreto, sarà uno semplice, ma sa il fatto suo, li farà lavorare come si deve” queste erano le disgraziate parole del mio insegnante di batteria riguardo a Mazzarri, pronunciate in un aula angusta e poco luminosa tra una serie di paradiddle e l’altra. E mica solo questioni di campo. FPF, scartoffie iscrizioni e possibili punizioni. Bilanci. Passaggi di proprietà. Ricerca dei numeri offerti dagli sponsor, numeri di carriere terminate con un capitombolo. (Bardi? dove sei finito?)

Non erano mica tempi facili per un Interista. Se uno avesse voluto risparmiarsi un po’ di bile, avrebbe potuto staccare la spina per un po’.

Invece mi è capitato solo in questi giorni. So per filo e per segno cosa è successo, perché grazie a Dio sono circondato da amici interisti, che mi scrivono i loro umori, le loro analisi, o anche solo i meri fatti. Leggo Bauscia Café (strepitosi questi ragazzi). Apro i social, insomma anni di passione ti creano una struttura attorno che fortunatamente non si può spegnere da un giorno all’altro (e non è mia intenzione che accada).

Il calcio è un mondo simbolico, uno degli ultimi, a cui ricorriamo per sfuggire dalla realtà, per confrontarci ancora una volta con il mito, con le dicotomie e le logiche ancestrali. Una via di fuga. E’ molto più che chiaro che se con una tesi da scrivere in 2 settimane segui in diretta Live le avventure di Bozzo in terra croata per strappare Kovacic ad una condizione favorevole, stai cercando di evadere dal tuo stesso stress.

Il calcio in questi giorni è scomparso e ci ha mostrato la più putrida delle vicende politiche. Interessi confusi, ma tutti molto personali. Contraddizioni. E stupidità. Tanta stupidità.

Mentre il mondo affronta una grande crisi globale, ci si vorrebbe solo rivolgere verso gli eroi del rettangolo verde, per ricordare che le favole esistono e che le sfide si vincono. Invece il campo scompare lontanissimo. Settimane si accumulano per giungere all’unica decisione possibile già da tempo.

Aspetterò che il campo torni a farla da padrone. Aspetterò di vedere Eriksen, per cui la mia curiosità è ancora immutata ed intatta. Di ritrovare Lautaro e Lukaku, di vedere le movenze buffe di Brozovic.

Questi giorni saranno solo un altra grottesca pagina del calcio italiano. Un ennesimo velo opaco, che si aggiunge ad una decina di altri, a coprire con un ombra sinistra sinistra l’oggetto della nostra passione. Il calcio. 

Anzi no. Perchè la nostra passione è l’Inter. E l’Inter ancora una volta, una nuova proprietà, nonostante i modi non certo signorili. Nonostante Marotta e Conte che per qualcuno avrebbero dovuto cambiarci. 

L’Inter, ancora una volta, era dalla parte giusta della barricata.

Nic92

Nato dall'incontro tra l'unico tifoso cagliaritano non isolano e una grande tifosa di Batistuta, fortunosamente incontra l'Inter e se ne innamora. Ha in Julio Cesar il suo spirito guida.

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