Bauscia Cafè

Non ho nessun rispetto per la Juventus

Passata la tempesta, come diceva il poeta, è forse arrivato il momento di fissare qualche punto sul nuovo allenatore dell’Inter.
Lo juventino Antonio Conte. L’affronto alla storia e ai valori dell’Inter.
Sì, è decisamente il momento.

Attenzione, sgombriamo subito il campo da qualsiasi equivoco, che già vi vedo lì pronti col ditino puntato: no, non sarà un post di esaltazione per questa mossa della Società (che, in ogni caso, resta la Squadra che amo e per cui faccio disperatamente il tifo); no, non sono una groupie di Conte; sì, ho delle preoccupazioni e delle riserve in merito; no, non penso che moriremo tutti.

–PRIMA PARTE: ANTONIO CONTE JUVENTINO–

Bello il titolo del post, vero? A effetto, una bomba.
Devo ammettere, però, che non sono parole mie. Le ho prese in prestito dal nostro nuovo allenatore che le ha pronunciate da tecnico dell’Arezzo esattamente 12 anni fa.

Ma come? Ma non era juventino?
Eh.

Il punto è che la frase qui sopra ha un significato. Un significato molto preciso nella storia di Antonio Conte e del suo profilo professionale, un significato che va molto al di là della delusione per una retrocessione appena ottenuta. E un significato che non si può ignorare, nel momento in cui si sistema Antonio Conte sulla panchina dell’Inter. Non si capisce, non è abbastanza chiaro?

Proviamo con un altro esempio allora. In piena polemica personale -molto personale- con quel galantuomo di Fabio Capello, che per attaccare Conte aveva parlato del gioco della sua squadra, Conte risponde: “Non mi sembra che con lui ci fosse un grande gioco, di lui mi ricordo solo per i due scudetti revocati“.

Apriti cielo, per carità, come può l’allenatore della Juve dire una cosa del genere? Si scalda Lucianone Moggi, punto sul vivo (“quella era una grande squadra, Conte con me non avrebbe neanche parlato“), si muovono i mammasantissima gobbi, al punto che poche ore dopo lo stesso Conte è costretto a una parziale retromarcia al ritmo di “non fraintendiamo“, “hanno meritato” e bla bla bla.
Già, fatto sta che molti juventini iniziano ad avere più di un dubbio sul capitano simbolo dell’EPOpea agricola.

Ma era stato un fraintendimento davvero, quella frase sugli scudetti? L’occasione per chiarirlo si presenta prestissimo, il giorno in cui Conte diventa CT dell’Italia e puntuale arriva la domanda (quando ancora i giornalisti facevano domande) sul numero di scudetti della Juventus. Attenzione eh, perché è l’esempio finale per capire cosa significhi tutto questo per Conte e come si colloca all’interno del suo percorso professionale. Pronti? Allora, quanti scudetti ha la Juve?Per me gli scudetti più importanti sono stati quelli che ho vinto io, che sono otto: 5 da calciatore e 3 da tecnico“.

L’ho messo anche in grassetto: per ME. Quelli che ho vinto IO.
E’ più chiaro adesso?

Antonio Conte è un leccese che ha allenato il Bari. Uno che ha messo sempre -sempre- il suo successo personale davanti a qualsiasi altra cosa, uno che in piena conferenza stampa a Vinovo -ripeto, in piena conferenza stampa a Vinovo e con il logo dei gdm ben stampato sulla giacca- ha scanditodovessi allenare l’Inter diventerei il primo tifoso dell’Inter. Questo dev’essere chiaro a tutti“. Vi sembra un’affermazione banale, in quel contesto?

Non c’è NIENTE che venga prima del suo successo per Conte, tanto meno la Juventus. E lo ha dimostrato ben prima di prendere un aereo per Milano. Anzi, azzardo di più: Conte non vede l’ora di staccarsi definitivamente da quella parte della sua carriera, e di affermarsi come professionista vincente a tutto tondo. E l’Inter è il punto esclamativo più forte che potesse mettere su questa sua volontà.

Antonio Conte è stato un simbolo della Juventus? Assolutamente sì.
Antonio Conte è juventino? Assolutamente no.
Per  questo il problema è -coerentemente- tutto il loro, che oggi infatti starnazzano per togliere dal Conad la stella sbagliata. E’ lo stesso equivoco di chi pensa che Mourinho sia interista, né più né meno.

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–SECONDA PARTE: L’AFFRONTO ALLA STORIA E AI VALORI DELL’INTER–

C’è poi un altro aspetto da tenere in considerazione in questa vicenda, ed è la rivolta di un gruppo di tifosi interisti che vedono minacciati i valori in cui hanno sempre creduto e -addirittura- la storia stessa della nostra Società.

Devo ammettere che questo è l’aspetto che mi fa sorridere di più fra tutti quelli sentiti in questi giorni. Ma come? 111 anni a straparlare di orgoglio, di differenze, di DNA, di noinonsiamoquellarobalà, di iononruboilcampionato…e poi? Basta un Antonio Conte da Lecce a far svanire il tutto?

A sentire le cronache giudiziarie io ero rimasto al fatto che la triade fosse Moggi-Giraudo-Bettega, oggi pare invece sia e sia sempre stata Marotta-Conte-Asamoah. Può essere eh, per carità, magari sono io che mi sono confuso negli anni. E’ che fa sorridere, davvero, ripensare a tutta quella solidità di valori tanto sbandierata e poi calare le braghe così, in un secondo, davanti a…nulla. Davanti a un allenatore.

Addirittura arrivare all’equazione “Conte allenatore=ruberemo le partite” (così, dalla sera alla mattina?) o alla certificazione del fatto che dalla scorsa settimana in rosa sono tutti dopati. Scusate, sommessamente: ma che cazzo dite?

Antonio Conte è l’allenatore dell’Inter. Punto. E in quanto tale si calerà -sarà obbligato a calarsi- nell’ambiente che lo circonda, esattamente come tutti quelli prima di lui. O forse Spalletti ha continuato a buttare veleno sulle nostre vittorie, anche quando sedeva ad Appiano?

Che poi, se davvero ci dovesse essere questa paura, il ritorno di Oriali dovrebbe ben mitigarla no? O il ragionamento vale come al solito solo in negativo, e i valori possono solo essere messi in crisi e mai esaltati? Arriva una bandiera dell’Inter, anzi ritorna una bandiera dell’Inter, e fa francamente ridere pensare che i suoi valori e quelli di tutti i componenti della Società che erano a Milano fino alla settimana scorsa e ci saranno anche dalla prossima, vengano semplicemente rasi al suolo e dimenticati perché…è cambiato l’allenatore. Basta barzellette, davvero.

Ah, a proposito di Oriali: lui è anche la prova del fatto che le rimostranze contro il passato giudiziario di Conte siano un discorso strumentale per cercare un’oggettività al suo essere fuori luogo, più che altro. Lele Oriali ha avuto problemi con la giustizia in passato, addirittura Sabatini è stato radiato dalla giustizia sportiva per poi essere riammesso grazie ad alcuni problemi procedurali: ricordate proteste di piazza e sommosse quando arrivò all’Inter Sabatini? Ricordate capelli strappati e dilaniamenti al grido di una storia irrimediabilmente macchiata? Io no.

Perché quello che conta nella storia dell’Inter è, appunto, la storia dell’Inter. Il suo susseguirsi, il suo riaffermarsi, i valori che l’Inter porta avanti giorno dopo giorno. Altrimenti quella stessa storia sarebbe già stata macchiata da Sabatini, o da Lippi, o da Peruzzi, o da Ibrahimovic o da chissà chi altri prima di loro: e invece non è successo niente di tutto questo. Perché l’Inter è l’Inter.

Se e quando succederà ne riparleremo, e i responsabili o la Società tutta saranno messi alla gogna come PRETENDIAMO che sia.
Se, e quando. Non oggi, e non per un allenatore.

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–TERZA PARTE: UNA PICCOLA OSSERVAZIONE–

C’è poi un fatto che sembra abbondantemente passato in secondo piano, in tutto questo. Un fatto oggettivo, reale.

Brutalmente: oggi sulla panchina dell’Inter siede il quinto allenatore più pagato al mondo.

Simeone, Guardiola, Valverde, Zidane. E subito dopo l’allenatore dell’Inter. Ora che sia il quinto, il sesto o il settimo e che si chiami Conte, Mourinho o Ancelotti non è quello che mi interessa sottolineare. Il punto, enorme, è che l’Inter può permettereselo. Ed è il primo segno di dove si voglia andare.

Perché, diciamocelo serenamente: se durante le presentazioni di Wallace e Taider, durante le scorribande di Jonathan e Rocchi, durante i provini a Carew e le urla di Stramaccioni (vi ricordate quando sognavamo Devis Mangia come allenatore?) ci avessero detto che saremmo stati in grado di pagare il quinto allenatore nel mercato dei Guardiola e dei Simeone, avremmo firmato col sangue. Se anche solo un anno fa ci avessero detto che avremmo potuto fare offerte credibili e portare a casa un allenatore da 10 milioni l’anno avremmo probabilmente risposto con un sorriso amareggiato.

E invece l’Inter c’è e, con Conte in panchina, ha deciso quale strada imboccare al bivio di cui parlavamo un mesetto fa.

Che riesca a percorrerla fino in fondo, che risulti vincente, che ci porti dove speriamo non lo sappiamo oggi e non lo sapremo a breve, ma la strada è tracciata.

Io la seguo, al fianco dell’Inter.
Voi fate un po’ quel che vi pare.

Nk³

Il calcio è uno sport stupido, l’Inter è l’unico motivo per seguirlo. Fermamente convinto che mai nessun uomo abbia giocato a calcio come Ronaldo (ma anche Dalmat non scherzava). Vedovo di Ibrahimovic, ma con un Mourinho in panchina persino i Pandev e gli Sneijder possono sembrare campioni. Dategli un mojito e vi solleverà il mondo.

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