Facciamola breve: quanti di voi sabato pomeriggio, dopo il pareggio del Milan e la sconfitta della Lazio, pensavano che avremmo battuto la Roma?
Pochini, eh? Nessuno probabilmente.
E perché? Perché la Roma è troppo forte, perché siamo fuori forma, perché abbiamo tanti infortunati? Perché la partita si gioca di sera, perché in casa ultimamente andiamo così così, per sfiga? Per colpa del destino cinico e baro? Niente di tutto questo, lo so.
Perché questa squadra è, semplicemente, limitata e incapace di andare oltre quello che ha già fatto.
I match point già buttati via con Lazio e Atalanta in questa ridicola corsa a ciapanò, l’eliminazione dalla Champions nell’ultimo minuto dell’ultima partita dopo tutta la fatica fatta per agguantare il pareggio, l’incapacità di sfruttare a nostro vantaggio qualsiasi passo falso di qualsiasi avversario a qualsiasi livello non possono che portare a questa conclusione. Non è il braccino di Spalletti, non è la povertà tecnica dei giocatori, non è l’assortimento del centrocampo, non sono gli infortuni, non è la capacità mentale di chi scende in campo. Non è niente di tutto questo o, meglio, sono tutte queste cose assieme. Poi ognuno di volta in volta se la prende con chi gli sta più antipatico al momento, ma la verità è che è la struttura stessa della squadra, nella sua complessità e in tutti i suoi elementi, a dirci che l’Inter di oggi è semplicemente arrivata.
Non c’è un’evoluzione, non c’è un passo avanti da fare, non c’è un miglioramento graduale all’orizzonte: c’è il vivacchiare tra risultati altalenanti, agguantando (forse) all’ultimo minuto una qualificazione in Champions che arriva più per il basso livello del contesto che per altro. Il percorso è concluso.
Dopo un secolo possiamo finalmente dire che il fatidico Anno Zero è finito e ci ha portato lì dove doveva: tornare a farci stare più o meno in alto con continuità, tornare a farci giocare qualcosa fino all’ultimo senza chiudere le stagioni a febbraio.
Ora è il momento di fare un salto, che non può essere graduale e che non può arrivare dai Gasperini e dagli Higuain ma che deve passare dai Marotta e dai Godin. Un salto mentale prima che tecnico, una convinzione nei propri mezzi che consenta di chiudere i discorsi quando c’è la possibilità di farlo. Che l’avversario si chiami Roma, Lazio, Atalanta o PSV.
E’ questo il bivio al quale ci affacciamo oggi, ed è questa la direzione che dovremo prendere nei prossimi mesi. La transizione è completata, la Società è sana (vero?), i paletti sono alle spalle, l’anno zero è finito.
Non pretendiamo i Messi e gli Hazard, ma non possiamo più vivacchiare con i Perisic e i Joao Mario.