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La nuova Inter

CIAO ERNESTO – Situazione molto fluida in Società: ne parlavamo da tempo, proprio ieri accennavamo al nuovo assetto societario, e alla fine le preannunciate novità sono arrivate. Anche più clamorose di quello che ci si attendeva.

Sì, perchè oggi è tutta una gara a chi trova la giustificazione più originale, dal litigio dell’ultimo minuto fino ad improbabili lotte intestine, ma la verità è -semplicemente- che l’addio di Ernesto Paolillo non se lo aspettava proprio nessuno. Era stato lui stesso solo tre giorni fa ad annunciare l’ingresso in Società di Fassone con il ruolo di direttore generale garantendo però, allo stesso tempo, la sua permanenza come amministratore delegato, nonostante sapesse già benissimo che il suo tempo all’Inter era finito. Perchè? Perchè Ernesto Paolillo è un professionista vero e, a differenza di giornalisti e blogger che per una anticipazione venderebbero l’anima, ha imparato a sue spese che a volte il bene dell’Inter viene prima di una notizia data o non data.
Al di là di troppe chiacchiere e di troppa stupida ironia, infatti, il bene dell’Inter è sempre stato l’unica linea guida delle azioni di Paolillo da quando è entrato nell’organigramma della Società. E’ il 2005 quando entra a far parte del Consiglio di Amministrazione con delega al settore giovanile, per poi assumere nel 2006 gli incarichi di amministratore delegato e direttore generale: gli obiettivi dichiarati sono la crescita del settore giovanile e il risanamento dei conti di tutta la Società. Diventerà, nel tempo, il volto dell’Inter in Lega Calcio e presso FIFA e UEFA, dove figurerà tra i principali promotori dei Fair Play Finanziario.
Dal punto di vista economico non riuscirà ad avere carta bianca da subito complice l’incredibile ciclo di vittorie che tiene accesa la passione di Massimo Moratti fino all’orgasmo-triplete, ma la sua opera sul settore giovanile è devastante. Giovanissimi, Allievi, Berretti, Primavera: non c’è selezione che sotto la gestione Paolillo non abbia alzato un trofeo. Con vere e proprie gemme di programmazione e gestione tecnica, prima che sportiva, come la totale ristrutturazione del centro sportivo Giacinto Facchetti e la cura maniacale di qualsiasi aspetto riguardante i giovani nerazzurri: dal calciomercato (che di fatto rende l’intero settore auto-finanziato da anni) alla scelta dei tecnici (Fulvio Pea e Andrea Stramaccioni, per restare ai due più celebri) fino ad arrivare all’idea di ripristinare la formazione Juniores Berretti per non disperdere i ragazzi del ’94 che l’anno prossimo -a causa di un cambio nei regolamenti- si ritroveranno a giocare tutti insieme in Primavera. Il risultato? Berretti Campione d’Italia al primo tentativo ovviamente, con Sergio Zanetti che nel volgere di una stagione passa da “raccomandato” a allenatore in pectore della futura Primavera. Per non parlare della Primavera stessa e dei clamorosi risultati ottenuti, dagli Scudetti ai Viareggio fino ad arrivare alla splendida vittoria in NextGen Series, all’ennesima Final-Eight Scudetto (dal 3 giugno prossimo), ad un dirigente prima e un tecnico poi portati direttamente in prima squadra e, scusate se è poco, agli oltre 60 giocatori attualmente tra Serie A e Serie B venuti fuori dal vivaio nerazzurro.
Un’esperienza che definire esaltante è quasi riduttivo, anche se negli ultimi anni Paolillo è stato visto dai tifosi soprattutto come “l’uomo del Fair Play Finanziario”. Che equivale più o meno all’uomo nero, agli occhi di un tifoso che vorrebbe vedere la sua squadra spendere e spandere per arrivare ai campioni più decisivi, ma che invece è stato un ruolo fondamentale per completare la fase 1 del risanamento del bilancio dell’Inter: riduzione dei costi, riduzione degli sprechi, prima timida espansione del marchio all’estero. Ma la vita è fatta di cicli, come spiega lui stesso nella lettera di addio, e il suo ciclo all’Inter finisce qui. In amicizia, senza lotte intestine, senza subire le decisioni di nessuno: se ne va in silenzio, Paolillo, con la serenità e la professionalità di chi sa di aver fatto sempre il proprio dovere.
Se ne va non senza ricevere un doveroso ringraziamento da noi tifosi per il lavoro svolto e per aver contribuito a portare l’Inter là dove nessuno era mai stato prima. Se ne va lasciando alle sue spalle un’Inter certamente migliore, e più solida, di quella che aveva trovato.
BENVENUTA INTER – Il futuro si chiama Marco Fassone, ma non solo. Il futuro si chiama Mario De Vivo, Valentino Angeloni, Piero Ausilio, Andrea Stramaccioni.

Il futuro si chiama Massimo Moratti, che ha di nuovo -finalmente- preso in mano la squadra ma stavolta lo ha fatto in un modo completamente nuovo: non investimenti di denaro contante “spot” per l’acquisto di questo o quel campione, ma una ristrutturazione globale della Società, dalle fondamenta in su. Una Società che, ridotti i costi all’osso, guarda ora all’altra faccia del gioco: l’aumento dei ricavi. La tournée in Indonesia, nuovi contratti commerciali, nuovi investitori: è stato questo il lavoro di Mario De Vivo in questa prima stagione in nerazzurro. Oltre ai sempre più frequenti contatti orientali dello stesso Moratti, arriva ora l’esperienza di Marco Fassone per estendere ulteriormente la potenza commerciale dell’Inter.
Dopo 14 anni di esperienza Fassone entra nel mondo del calcio nel 2003 alla Juventus come direttore marketing e nei 7 anni successivi a Torino arriverà a diventare direttore generale, occupandosi costantemente di marketing, sales e dello sviluppo del progetto per il nuovo stadio. Lascia la Juventus durante la “rifondazione Agnelli” nel 2010 per andare a ricoprire l’incarico di direttore generale al Napoli, dove in due anni andrà a raddoppiare (e oltre) i risultati economici. Dieci anni di calcio che servono a Fassone anche per costruirsi una reputazione di tutto rispetto tra le istituzioni italiane ed europee: sarà probabilmente lui, da oggi, il volto dell’Inter presso Lega, UEFA e FIFA. Nuovo stadio, marketing, gestione commerciale: esattamente quello che cerca la nuova Inter, esattamente quello che cerca Massimo Moratti.
Fassone è solo un altro tassello di una rivoluzione non ancora completata, un altro pezzo di un puzzle che sta prendendo una forma confortante. Un progetto che va avanti da mesi, quello di Moratti e dei suoi uomini, e che solo ora diventa visibile a tutti perchè fino ad ora si è lavorato in silenzio, in segreto e senza spifferi, come le grandi società. Un progetto che prosegue spedito e che ancora è evidentemente incompleto, visto che manca a questo punto la figura dell’amministratore delegato (anche se le ipotesi sono scontate) ma, soprattutto, manca ancora qualche settore societario da sistemare: in questo senso l’interim alla gestione della comunicazione ricevuto mesi fa da Stefano Filucchi diventa a tutti gli effetti il primo passo del rinnovamento societario cui stiamo assistendo, e le voci che iniziano a circolare su grosse novità anche nel settore della comunicazione non sono altro che i frutti del lavoro svolto fino ad oggi dal vice direttore generale.
Non ci resta che aspettare, quindi, e goderci le novità che ancora arriveranno dietro le scrivanie prima, sul campo poi.
Non ci resta che aspettare e goderci questa nuova Inter. Un’Inter rinnovata nelle logiche e nella mentalità, un’Inter che finalmente -forse con un anno di ritardo- smette di guardare al marciume che è ad un passo dal suo naso e alza la testa guardando oltre, verso le grandi d’Europa, verso i tifosi di tutto il mondo.
Verso l’orizzonte che le compete.

Nk³

Il calcio è uno sport stupido, l’Inter è l’unico motivo per seguirlo. Fermamente convinto che mai nessun uomo abbia giocato a calcio come Ronaldo (ma anche Dalmat non scherzava). Vedovo di Ibrahimovic, ma con un Mourinho in panchina persino i Pandev e gli Sneijder possono sembrare campioni. Dategli un mojito e vi solleverà il mondo.

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