Bauscia Cafè

Tutto o niente

Quanto è difficile scrivere questo post. Non solo mi tocca una partita difficile da leggere e da raccontare, non solo avrò un’opinione probabilmente in contrasto con la stragrande maggioranza di chi legge, ma addirittura in origine non dovevo scriverlo nemmeno io. Sono un sostituto, sì. Insomma, leggere questo post scritto da me è come trovarsi a giocare a Madrid con Perisic al posto di Lukaku.

Ci siamo capiti, no?

Bene, iniziamo con la sagra delle banalità allora: l’Inter ha un piede fuori dalla Champions League, zero vittorie in tre partite sono inaccettabili, i giocatori non rendono quanto dovrebbero, Perisic non può fare la seconda punta, la difesa non sa stare in campo, Vidal è un pacco, Conte prende 12 milioni eccetera eccetera. Siamo tutti d’accordo? Perfetto, ottima base di partenza. Ora passiamo oltre.

Il punto -che mi lascia molto molto perplesso- è che io non riesco a inquietarmi per questa ignobile serie di risultati visti in questo inizio di stagione. E non perché non mi interessi, perché sono distaccato o chissà cosa, attenzione: proprio perché quello che vedo in campo mi racconta una storia diversa, totalmente diversa, da quella che vedo nei risultati. Dice “sì, ma a calcio conta il risultato” e io sono d’accordissimo, figuriamoci: sono il primo sostenitore di questo, ed è quello che ho sempre risposto agli amanti del bel gioco, al milandisacchi, al tiki taka e a mille altre fesserie di cui ciclicamente si riempie la bocca chi parla di calcio. Però.

“Rispettiamo il Real, ma siamo qui per imporre il nostro calcio”

Antonio Conte, conferenza prepartita

Però io non posso non vedere che l’Inter ieri sera è andata a Madrid a giocare contro il Real accettando lo stesso piano tattico degli avversari: giochiamo a viso aperto e vediamo chi si fa più male. Contro il Madrid.

L’Inter è andata in Champions League a giocare da grande, grandissima squadra: sbagliando, certo, sbagliando molto e in maniera imperdonabile. Ma giocando da pari, e alla pari: siamo andati a prendere il Madrid con cinque uomini nella loro trequarti, ad accettare gli uno contro uno quando necessari, a costruire dal basso palla a terra, a palleggiargli in faccia con il portiere. Questo, mi dispiace tantissimo per chi si appresta a leggere quello che sto per scrivere, è un piano tattico e mentale preciso e in perfetta continuità con quanto visto nelle ultime partite e da inizio stagione ad oggi.

Quindi smarchiamo il campo da un punto: non è corretto -e non è accettabile- dire che questa Inter non ha un gioco, non ha personalità, non ha idee e non ha piani tattici sviluppati. twittalo

Ce li ha, eccome se ce li ha, e sono anche i più “europei” che abbiamo mai visto da queste parti.

Poi intendiamoci: ve lo sta dicendo uno che dei piani europei non ha mai saputo che farsene, e che è tutt’altro che entusiasta davanti a questo tipo di discorsi. Però un conto è un giudizio personale (andatelo a dirlo a Klopp o Guardiola che quel piano lì vi fa schifo), e tutt’altro è fare finta che quello che si vede non esista.

Sono stati altri gli errori dell’Inter ieri: sono stati errori di personalità (Vidal, ancora tu?), errori di pulizia tecnica (Hakimi, il covid ha effetti così disastrosi?), errori di posizione e presenza mentale (De Vrij, che intenzioni abbiamo?). Non errori tattici. E sono gli stessi che vediamo da molte partite a questa parte: quella che chiamiamo a volte leggerezza, mancanza di cattiveria o di cinismo. Quegli stessi errori che ci hanno portato a pareggiare -altrettanto ingiustamente, forse anche peggio- le due partite precedenti nel girone europeo e quella in campionato col Parma. E sono errori che vanno corretti, assolutamente, perché a calcio non vince chi gioca meglio.

L’idea è che questa Inter viaggi ben poco in continuità con quella dell’anno scorso, e sia quindi sostanzialmente un cantiere aperto. E’ stata una scelta lucida e ragionata dell’allenatore che ha voluto probabilmente accelerare un processo di maturazione e crescita che di solito richiede almeno un anno in più. Ed è una scelta rischiosa, i motivi sono così ovvi e sotto gli occhi di tutti che sembra persino banale sottolinearli: è una scelta rischiosa perché può reggere solo se supportata dai risultati. In assenza di quelli, i dubbi che vengono a chiunque sono talmente tanti e talmente grandi da risultare difficilmente estricabili. Sarà l’allenatore, quindi, a prendersi le responsabilità di questo nuovo percorso che ha deciso di intraprendere.

Però, alla luce di questo, non risulta così strano e irrazionale sentire lo stesso allenatore che parla di soddisfazione per quanto visto in campo nelle ultime partite: perché la traccia è chiara, è evidente, e la crescita dal punto di vista del gioco lo è altrettanto. Perché è aggrappandoti alle tue idee e alla tua traccia che quando ti sei trovato sotto 2-0 a Madrid hai trovato la forza e il piano per rimetterti in pari, mandando per lunghi tratti all’aria un Real che a quel punto avrebbe dovuto essere in controllo totale e costringendo Zidane a mettere dentro due velocisti -di classe, tantissima classe- per provare a sfruttare lo spazio che i suoi non riuscivano più a prendersi.

Poi è chiaro che la soddisfazione per gioco e atteggiamento a un certo punto finisce, e diventa indispensabile iniziare a fare risultato.

Però il filo logico è lì, è tracciato. E anzi possiamo dire che paradossalmente quello che è stato il punto di forza dell’Inter di ieri sera è stato anche ciò che ne ha causato la sconfitta: talmente forte -e non completamente giustificata, è chiaro- era la convinzione nei propri mezzi, che all’80’ dopo aver riagguantato un pareggio che sarebbe stato oro, c’era ancora la spinta all’aggressività. C’è Hakimi che va a pressare alto sulla destra su indicazione dell’allenatore, De Vrij che esce fino a centrocampo inseguendo la voglia di ribaltare l’azione, e Vinicius che prende d’infilata D’Ambrosio. Il tacco di Bastoni che non arriva su quel rasoterra, e Rodrygo ha la più facile delle occasioni.

Un contropiede. All’ottantesimo. A Madrid.

E qui che si apre la discussione, ed è questo il punto sul quale si giocherà il futuro di questa squadra:

All’80’ sul 2-2 a Madrid devi fermarti e prenderti un punto d’oro, o devi continuare a inseguire un’idea che ritieni possa portarti ad essere dominante nel medio periodo?

A me ancora adesso girano terribilmente, e da “risultatista” convinto non avrei dubbi a scegliere la prima strada.

Ma se quest’Inter arriverà ad imporre il suo nuovo calcio e a ottenere risultati importanti -come Conte crede e noi speriamo- tanto, tantissimo sarà dovuto a quel pressing alto di Hakimi, all’80’ sul campo del Real Madrid.

Nk³

Il calcio è uno sport stupido, l’Inter è l’unico motivo per seguirlo. Fermamente convinto che mai nessun uomo abbia giocato a calcio come Ronaldo (ma anche Dalmat non scherzava). Vedovo di Ibrahimovic, ma con un Mourinho in panchina persino i Pandev e gli Sneijder possono sembrare campioni. Dategli un mojito e vi solleverà il mondo.

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