In Europa questo valore ventennale si è tradotto in una coppa UEFA vinta nel 2009, un’altra semifinale di Europa League raggiunta quattro anni fa, diverse edizioni di EL dove ha raggiunto la fase ad eliminazione diretta, quattro ottavi di finale in CL e un quarto di finale, sempre nella massima competizione europea. La caratteristica dello Shakhtar è, da più di vent’anni, quella di avere sempre tra le proprie fila una foltissima colonia di calciatori brasiliani, alcuni dei quali nel frattempo naturalizzati: oggi ce ne sono 12 di nascita in rosa, di cui due con passaporto ucraino, i talentuosi Marlos e Junior Moraes.
la cifra tecnica della squadra è simboleggiata benissimo da questa colonia storica verdeoro: lo Shakhtar in tutti questi anni, grazie a Mircea Lucescu che ha impostato un lavoro tattico durato più di dieci anni, che è stato poi proseguito da allenatori che hanno sempre basato sul palleggio, la velocità e la tecnica individuale la costruzione della manovra, ha sempre espresso dei buoni valori collettivi dimostrati dai risultati raggiunti, e soprattutto ha sempre rappresentato un osso duro per chiunque l’abbia incontrata.
Inutile quindi dire che la partita sarà dura, difficile e tutt’altro che scontata nel risultato finale. Ma è altrettanto innegabile che l’Inter, quest’Inter 2019-20 con tutti i suoi molti pregi e qualche difetto ancora significativo, parta favorita nei pronostici, anche se non di molto e forse meno di quanto molti pensino. I ragazzi di Antonio Conte hanno dimostrato contro due avversari a loro modo tosti in maniere completamente differenti, quali Getafe e Bayer Leverkusen, di avere, mezzi, gamba e convinzione per misurarsi finalmente ai livelli che noi tifosi vorremmo sempre vedere: una semifinale europea, e se non è CL che sia l’EL, competizione che dai quarti in poi mostra sempre dei valori assoluti molto alti, e vincerla è tutt’altro che facile.
Ed è proprio nelle teste dei giocatori, dello staff, della dirigenza, che questa partita va assolutamente vinta prima ancora di vincerla sull’erba della Merkur-Spiel Arena di Düsseldorf con le mosse tattiche che Conte sta preparando per fermare la minaccia nero-arancione a fortissime tinte verde-oro: la convinzione, inseguita in campionato per tutta la stagione, di essere giocatori finalmente vincenti di una squadra finalmente vincente.
Una finale, una volta raggiunta, “non si gioca: si vince”, come disse Samuel Eto’o nello spogliatoio del Bernabeu quella notte madrilena del 2010 che tutti ricordiamo. Ma al di là della legittima amarezza e delusione di tutti per una finale eventualmente persa, a mente fredda emergerebbero comunque le note esclusivamente positive che una finale giocata contro un avversario come il Siviglia o il Manchester United, qualunque esito abbia, significherebbero per l’Inter di oggi.
Questo significato si può tradurre con una, ed una sola, frase molto semplice: "Siamo tornati, e siamo finalmente pronti a vincere, in Italia e in Europa". twittaloEcco perché la partita di stasera vuol dire molte cose, tutte molto importanti e alcune, da un punto di vista storico-calcistico dell’Internazionale Milano, enormi: perché dopo gli ultimi dieci anni passati attraverso delusioni, arrabbiature, illusioni e conteggi necessari più a adatti a commercialisti che a tifosi, eppure inevitabili, una finale europea rappresenterebbe davvero l’oasi alla fine di una traversata nel deserto di questi anni che ha prosciugato in molti casi anche la passione, creando rancori, dividendo i tifosi in fazioni, incastrando nelle menti stanche di piazzamenti non consoni alla storia ed al prestigio del club convinzioni a volte assurde, quali quelle che in qualche caso ancora circondano l’attuale proprietà.
Ed ecco perché io spero con tutto il cuore che l’Inter trovi la chiave per estrarre dalla miniera di Düsseldorf la pepita d’oro della finale di venerdì prossimo, il come mi è davvero indifferente mai come stavolta, e che come Stachanov da lì in poi continui ad estrarre vittorie e finali in quantità record, titoli che quest’Inter e tutti noi tifosi ci meriteremmo di festeggiare dopo tanto penare.