Bauscia Cafè

Il pranzo è servito

Nel segno dell’undici. Nel pranzo domenicale arriva l’undicesima portata da inizio anno. Undici come le vittorie, su altrettante partite giocate, in questo girone di ritorno e come i punti di vantaggio sulla seconda.

Terza gara in otto giorni e Conte decide di effettuare qualche cambio all’undici iniziale, rispetto alla gara di mercoledì contro il Sassuolo. Scontata la squalifica si rivedono in campo Bastoni e Brozovic, mentre Sensi e Sanchez prendono il posto rispettivamente dello squalificato Barella e di Lautaro, a cui viene concesso un turno di riposo. Ed è il proprio il trio di centrocampo – completato da Eriksen – a prendere il controllo del gioco, offrendo così uno spartito diverso da quello di mercoledì. È l’Inter che impone il proprio gioco, con il Cagliari chiuso e attento in difesa con il suo 532.

In casi come questi, con spazi intasati dalle fitte maglie avversarie, le uniche soluzioni possibili sono due: svariare sul campo a creare gioco e spazi, e il tiro da fuori. Ed è proprio da un tiro dalla distanza che nasce il primo pericolo per i sardi. Al decimo minuto Eriksen controlla e tira di prima intenzione, ma solo un grande intervento di Vicario – al suo esordio in Serie A – gli nega la gioia del gol. Gli spazi vengono invece trovati e creati dai due giocatori più tecnici in rosa: Sanchez e Sensi. Prima il cileno trova il gol dopo una combinazione con Lukaku, ma verrà annullato per lo stesso fuorigioco di Sanchez, poi lo Xavi di Urbino con un tiro a giro conclude fuori di poco dopo una buona manovra. Lo stesso Sanchez, dopo un’azione insistita, troverà la stessa sorte.

È un’Inter caparbia e con grande determinazione, quella che è scesa in campo all’ora di pranzo.

E queste caratteristiche si notano anche dalla fase difensiva che, come spesso accade negli ultimi mesi, controlla attenta il possesso avversario e concederà il primo tiro nello specchio della porta, scagliato da uno degli ex della gara (Nainggolan nello specifico) intorno al quarantesimo. Nel finale della prima frazione cè ancora tempo per un ultimo assalto, ma la combinazione Sensi-Sanchez che porta al tiro Darmian vede nuovamente l’intervento del portiere avversario.

Nel secondo tempo il canovaccio non cambia. L’Inter che fa la partita e il Cagliari che si difende chiuso e ordinato. E non cambia nemmeno il duello in campo che vede protagonista Vicario e qualsiasi nerazzurro che tenta il tiro. Nei primi trenta minuti ci provano Sensi, Eriksen e Lukaku – tutti e tre dalla distanza – ma in tutte le occasioni, il portiere sardo è bravo a respingere le conclusioni. Conclusioni intervallate da due colpi di testa, uno dello stesso attaccante belga e l’altra di De Vrij, che non trovano comunque fortuna. Il primo sfiora il palo, mentre la seconda si stampa sulla traversa. Sembra una partita stregata, e perciò c’è bisogno di forze nuove. Dalla panchina entrano Hakimi e Lautaro per Young e Sanchez, ed è lo stesso esterno marocchino a rendersi protagonista poco dopo il suo ingresso.

Dopo la classica azione generale, costruita con tutti gli undici in campo, Hakimi crea un uno-due con Lukaku e dopo essere entrato di prepotenza in area di rigore serve un assist al bacio per Darmian, che proprio dopo l’ingresso del marocchino si era spostato sulla fascia sinistra. Esterno per esterno. È il gol della liberazione e della gioia interista.

Gioia che dura poco perché, subito dopo il gol del vantaggio, il Cagliari si riversa in avanti – per la prima volta in tutta la partita – in cerca del pareggio. Inizia un secondo match, quello di lotta e di governo, e gli ingressi di Gagliardini, Vecino e D’Ambrosio sono lì a dimostralo. E con la solita determinazione in fase difensiva – dove siamo migliorati tutti molto, facendo si che diventasse una fase di gioco che coinvolge tutti gli effettivi e che ci unisce ancora di più come squadra – che vengono respinti gli attacchi sardi e, per l’undicesima volta di fila, si porta a casa il bottino pieno.

Abbiamo fatto un step importante, imparando a riconoscere i momenti delle partite. Non si può giocare sempre allo stesso modo, siamo migliorati in questo e siamo diventati più pragmatici. Condividi il Tweet

Pragmatici come le tre vittorie in otto giorni che ci avvicinano sempre di più alla meta e, come ha detto Conte, ormai non possiamo nasconderci. Come non possiamo allentare la presa e fare calcoli, ma dobbiamo sempre giocare con il piede sull’acceleratore con l’idea di vincere. Idea che è ben salda nello staff tecnico e nei giocatori, entranti oramai in simbiosi e pronti a fondersi in unico essere. E le varie esultanze di gruppo ad ogni gol sono li a dimostrarlo. Dal primo titolare all’ultimo panchinaro, dall’allenatore al fisioterapista, ad ogni gol le esultanze di gruppo si ripetono; come se quella gioia condivisa – scaturita da quei continui abbracci collettivi – volesse idealmente essere spartita anche con tutto il popolo nerazzurro, che sui propri divani assiste alle partite.

E l’unione del gruppo fa sì che anche l’umile scudiero, possa recitare la parte del protagonista e rendersi importante. Come ieri ha affermato e fatto, per l’ennesima volta in stagione, Matteo Darmian. Acquisto passato in sordina, facendo storcere la bocca a molti, ma con dedizione e professionalità ha sempre risposto presente ogni qualvolta è stato chiamato a svolgere il proprio ruolo. Un jolly prezioso ed un lavoratore serio, sempre al suo posto anche se non gioca, e che ora si sta togliendo grandi soddisfazioni. Un giocatore che copre più posizioni, si pensi alla partita contro il Sassuolo dove ha giocato come braccetto di difesa, e che segna gol importanti (Genoa e Cagliari).

Perché il successo per la meta finale, passa anche dai poveri cadetti di Guascogna come Matteo Darmian.

Braffo

Sono il Chief Games Officer di Bauscia Café. Metà stronzo, metà testa di cazzo.

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