Bauscia Cafè
Romelu Lukaku e Lautaro Martinez esultano dopo un gol al Napoli

Genitore 9 e Genitore 10

Se soltanto un anno fa ci avessero detto che saremmo andati al San Paolo a dominare la partita contro il Napoli, tornando a casa da vincenti, avremmo pensato di parlare con un pazzo… o con un utopista. Eppure, a distanza di poco meno di un anno dai mal di pancia di un (ex) capitano sempre troppo innamorato di sé stesso e sempre troppo poco innamorato della Beneamata, così è stato.

I nostri, nelle consuete vesti del 3-5-2 impartito da mister Conte, portano a casa tre punti che pesano tantissimo non tanto per la classifica, a fronte della vittoria degli 11 di Venaria contro il Cagliari, quanto, piuttosto, per il processo di crescita mentale e caratteriale della squadra. Entrati in campo sicuri e attenti, i ragazzi – complice presumibilmente, ad onor del vero, il momento non brillante di un Napoli che da settembre fatica a ritrovarsi – sembrano recitare a memoria la poesia natalizia per oltre trentacinque minuti, occupando il campo alla perfezione senza lasciare spazio agli incursori napoletani. Proprio dalla mediana, difatti, nasce il primo gol nerazzurro: Lukaku approfitta dello scivolone del difendente azzurro, galoppa, porta via due uomini e la deposita sul primo palo spiazzando Meret.

Il Napoli riparte e prova a reagire ma, con la gabbia dei due interni costruita a centrocampo da mister Conte, gli azzurri paiono accusare il colpo: ottimo, per l’ennesima volta, Brozovic consacratosi in quello che è il suo ruolo e che lo rende, quando in giornata, il regista più forte della Serie A (sì, alla faccia di Pjanic e dei suoi fedelissimi) ed ottimi i quattro interni alternatisi di fianco a lui, da Gagliardini e Vecino, autore del terzo assist in stile-derby, ai ritrovati Barella e Sensi. Gira il centrocampo e, guarda caso, straripa l’attacco… tanto da portare al raddoppio nerazzurro subito dopo la mezz’ora di gioco: palla di Brozovic per il solito Lukaku, bolide da 111km/h e palla in rete dopo aver piegato le mani ad uno sfortunato Meret. Due a zero al minuto trentatré con due gol che per fattura e movenze dell’autore a tanti, ieri sera, hanno ricordato il primo Adriano. Non male, insomma, per un “bidone”, per un “paracarro”, per un “panterone moscione” e per una “pippa” da ben quattordici gol in diciotto partite… specie in tempi in cui ex palloni d’oro strapagati oltre i cento milioni segnano soltanto su rigore o in partite d’allenamento.

Se è vero che il centrocampo e l’attacco nerazzurro sono i punti forti, tuttavia, è altrettanto vero che il cruccio della Beneamata si chiama fascia sinistra. Un Biraghi in versione Dalbert pare davvero non riuscire a prendere l’esterno napoletano – Callejon, nda – lasciandoselo sfuggire sei minuti dopo. Solito schema ammirato a Napoli negli ultimi cinque anni: palla sulla destra per Callejon con il terzino nerazzurro troppo impegnato a chiedere il fuorigioco piuttosto che marcare lo spagnolo, palla in mezzo per Milik che la spinge in rete e accorcia le distanze.

Sembrava uno spettro, un film già visto, ed eravamo tutti lì ad attendere il pareggio azzurro, ma no…l’Inter non ha mollato, ha contenuto gli azzurri spinti dal loro solito dodicesimo uomo ed ha chiuso ogni spazio, archiviando la pratica con il terzo gol – quello che, ad un tifoso normale avrebbe dato forse tranquillità per il risultato – di Lautaro propiziato da un ottimo Vecino, in versione assist-man da quella che pare esser la sua zolla preferita.

Seppur non nel proprio spazio naturale, Skriniar non manca mai di rispondere presente, annullando Milik e gli accentramenti di Insigne; De Vrij, il vero Ministro della Difesa nerazzurra quest’anno, encomiabile e superlativo in almeno due occasioni e, udite udite, ottimo Bastoni. Certo, il piccolo Alessandro non sarà costato settantacinque milioni e non avrà Raiola come procuratore, eppure il ragazzo sembra davvero non aver nulla da invidiare, anzi, a quello che per tutti gli esperti di mercato avrebbe dovuto rappresentare il colpo del mercato. 

L’unica pecca della gara risulta esser il metro di giudizio nell’estrazione dei cartellini: sacrosanto il giallo a Barella, generoso quello a Skriniar ed inventato quello ad Esposito. Gestione del cartellino che, assieme al rigore non fischiato su Lautaro non sanzionato nel finale, getta una piccola ombra sulla direzione arbitrale.

Certamente la sosta ha restituito al mister e ai tifosi tutti una squadra e un collettivo solido, attento e voglioso di far bene ma a livello individuale i nostri Bastoni, Skrigno, De Vrij, Brozovic, il redivivo Vecino, i piccoli Barella e Sensi, Lautaro e Lukaku, stanno dimostrando di meritare a pieno titolo la testa della classifica.

6 gennaio 2020: troppa Inter per i partenopei ed il cielo, dopo ben ventitré anni, è nuovamente nerazzurro sopra Napoli.  Condividi il Tweet [Interisti Stalinisti per Napoli-Inter, 7 gennaio 2020]

L'Interista Stalinista - Giustiziere sportivo e politico, militante

Perché non c’è nulla di più giusto di uno che si chiama Acciaio, che odia la Juventus e che non concede bis a democristiani e juventini.
Giusto e cattivo per antonomasia, da demonizzare e da prenderci le distanze. Perché in un universo mediatico tristemente pop, gridare “Viva Inter e Viva Stalin” è dannatamente punk.
O Inter o muerte!

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