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Ah, stasera si gioca

In un clima dove il calcio può essere solo magro contorno, stasera si gioca – almeno per ora, si intende – probabilmente la partita per noi più decisiva del campionato, ammesso che di quest’ultimo si possa ancora parlare nei prossimi giorni. Detto molto onestamente, l’interesse verso il calcio in questo momento è ai minimi storici. Se in altri momenti avrei cominciato a sentire l’emozione della sfida già da metà settimana, oggi più che mai fatico anche solo ad entrare con la testa nella gara.

Non mi era mai capitato di avvertire così poco l'attesa per una partita dell'Inter potenzialmente decisiva. twittalo

Il calcio in una situazione di questo genere finisce giustamente per passare in secondo piano, riprendendo il suo posto di “cosa più importante fra le cose meno importanti” (cit. Arrigo Sacchi). In queste ore Tommasi invita a fermare il campionato, mentre il governo è occupato ad elaborare piani straordinari per arginare l’arginabile.

Una faccenda in evoluzione e tragica da tanti punti di vista. Non ho però intenzione di tediarvi parlando di qualcosa che ormai occupa in continuazione tutte le piattaforme di dibattito: per quanto difficile, proviamo a ritagliarci un piccolo spazio per parlare insieme di calcio.

Una partita sicuramente fondamentale, lo dice la classifica prima di tutto, ma anche molto difficile da decifrare. L’Inter ha giocato l’ultima gara in campionato con la Lazio il 16 di Febbraio, a cui ha fatto seguito il doppio incontro con l’abbordabile Ludogorets, mentre la Juventus viene dalla sfida persa contro il Lione in Champion’s League, anche in questo caso oltre dieci giorni fa.

Credo di poter dire che se si dovesse giocare l’approccio mentale, più che in ogni altra occasione, farà tutta la differenza del mondo. Non sarà semplice calarsi pienamente nel mood di una sfida-campionato per i giocatori.

Lo stadio vuoto, i tanti giorni senza giocare, la situazione legata all’emergenza sanitaria, che ovviamente va ad inficiare anche il rendimento dei calciatori, questi elementi mi portano a pensare che alzare la concentrazione al livello richiesto da una sfida di questo “peso” sarà praticamente impossibile. Mi calo nei panni di un calciatore e onestamente credo non ne sarei capace.

Anche ignorando i rischi dell’epidemia per novanta minuti, sarà richiesto un grande sforzo di personalità ai ragazzi in campo. Nelle sfide importanti il giocatore può nascondersi nella confusione dello stadio, beneficiare del rumore del pubblico e questo indipendentemente dal fattore campo. L’errore tecnico a volte si perde nell’ardore di uno stadio che grida, viene metabolizzato in fretta. In una sfida a porte chiuse il clima è per assurdo più pesante e ogni errore risuona nel silenzio di uno stadio vuoto. Se ci si gioca tanto, non è facile superare questo ostacolo per chi ha poca personalità.

Riprenderei le parole di Aldo Serena, che sicuramente descrive molto meglio di me questo clima inusuale, quasi alienante per un giocatore.

“Giocare senza pubblico rischia di trasmetterti l’atmosfera dell’allenamento: questo è uno dei tranelli più pericolosi. [cut] Per un attaccante, ma immagino fu lo stesso per i miei compagni, non vedere i tifosi dietro la porta, sullo sfondo, ti falsa la prospettiva perché è come se il campo si allungasse.”

Aldo Serena, intervista a La Stampa

In questo l’Inter potrebbe essere più pronta nell’approccio alla sfida, come sottolinea anche Serena: il fatto di aver già giocato a porte chiuse può avere già mostrato ai calciatori che tipo di clima andranno ad incontrare. Aver già vissuto quell’atmosfera può darti quel “quid” in più nell’approcciare meglio la gara.

L’altro elemento che spero possa fare la differenza credo sia rappresentato da Antonio Conte. Un allenatore che come pochi altri sa trasmettere ai suoi giocatori quell’atteggiamento feroce che serve in partite come queste e ad alzare l’attenzione verso l’obiettivo. Mentre Sarri ha accusato alcune difficoltà nel trasmettere certi concetti ai suoi giocatori e la situazione interna allo spogliatoio juventino dieci giorni fa è parsa meritevole di approfondimento, Conte sembra avere pienamente in mano la squadra. Sebbene, anche in questo caso, la situazione sia talmente fuori dall’ordinario che ogni considerazione lascia il tempo che trova.

Rispetto al passato l’Inter ha probabilmente anche qualche freccia in più al suo arco. In altri momenti tireremmo tutti un grande sospiro di sollievo per il recupero di Handanovic tra i pali, che ci è oggettivamente mancato sia tecnicamente sia sotto il piano della personalità.

Oltre alla gara di andata abbiamo anche Eriksen e Sanchèz, che probabilmente partiranno dalla panchina: due giocatori che a gara in corso possono cambiare in modo importante il corso degli eventi. Non dimentichiamoci infatti che nella sfida di S. Siro furono i cambi a rivelarsi decisivi, questa volta avremmo i mezzi per rispondere colpo su colpo anche sotto quel profilo.

Probabilmente tatticamente possiamo aspettarci un canonico 352 con Vecino preferito in partenza ad Eriksen, ma il danese avrà senz’altro un ruolo importante nella partita. La Juve probabilmente scenderà in campo invece con un 433 simile a quello proposto a Lione, con il centrocampo probabilmente rivisitato negli interpreti.

Non ci sono molti elementi per prevedere che gara potrà essere e francamente preferisco risparmiare voli pindarici che potrebbero lasciare il tempo che trovano. La speranza, calcisticamente, è di ritrovare la coppia Lautaro-Lukaku sui livelli che hanno avuto per larghi tratti della stagione. Lautaro dal ritorno dalla squalifica è parso un po’ appannato, ma la sensazione è che la squadra abbia davvero bisogno per accendersi del suo apporto negli ultimi trenta metri.

Nel frattempo mettiamo a referto l’ennesimo problema fisico per Sensi e l’indisponibilità di Moses, un altro che fisicamente è decisamente fragile. Per quanto riguarda Sensi, che ho sempre lodato sul piano tecnico, urgono davvero dei ragionamenti. Ha concretamente giocato solo fino al 6 Ottobre del 2019, vale a dire fino alla gara di andata contro la Juventus. Un girone più tardi troviamo un giocatore travolto da problemi fisici che lo hanno limitato per più di cinque mesi.

Queste problematiche hanno rappresentato una costante di tutta la sua carriera, fin dai tempi di Cesena. Sorge spontaneo chiedersi a questo punto se in prospettiva futura valga la pena di investire su un giocatore che non può garantire una presenza affidabile all’interno di una rosa.

E’ un discorso che va oltre qualsiasi considerazione di tipo tecnico: nessun giocatore utile alla causa può fornire un apporto tanto limitato. Il che è davvero un peccato, perchè da quando uscì dal campo contro la Juventus a parer mio non abbiamo più espresso un palleggio ed una fluidità di gioco paragonabile ai primi due mesi.

Per concludere, voglio solo esprimere una breve considerazione a titolo personale, che nulla ha a che fare con la partita. Trovo davvero incommentabile che in un clima di questo tipo ci sia chi nei giorni scorsi ha messo in piedi un dibattito che ruota attorno a questo quesito: chi ha vinto la battaglia diplomatica tra Juventus e Inter nel giocare Domenica a porte chiuse?

Trovo sia una narrazione malata e priva di fondamento, che trova espressione nel continuo ricercare un vincitore, nel dovere a tutti i costi individuare chi ha fallito e chi ha raggiunto l’obiettivo, con schieramenti opposti che confrontano a petto in fuori e brache calate la lunghezza dei rispettivi membri, senza nessun pudore. Ho personalmente trovato questo tema di pessimo gusto.

In una situazione che richiede coesione sociale, senso di responsabilità da parte di tutte le componenti, definizione chiara delle priorità e grande organizzazione, il calcio italiano ha offerto davvero una pessima immagine di sè stesso.

Indipendentemente da quello che ne sarà della gara di stasera, una volta superata questa crisi sanitaria ritengo che il calcio italiano debba necessariamente, in ogni sua componente, compreso l’ambito mediatico, riflettere seriamente sullo stato in cui versa, mettendo da parte isterismi ed interessi individuali. Utopia?

Il_Casa

Interista, fratello del mondo. Dal 1992 un'unica fede a tinte rigorosamente nerazzurre. Sobrio come Maicon, faticatore come Recoba.

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