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I Bari

I bari è un dipinto a olio su tela di 94 × 131 cm realizzato nel 2018 dal Maestro pittore italiano Vecchiovaggio.

È conservato nel Suning Art Museum di Appiano Gentile, che lo ha acquistato nel 2019 a Zurigo da un collezionista privato.

Descrizione e stile

Il quadro mette in scena la truffa. Un giovane ingenuo sta giocando a carte con un suo coetaneo il quale in complotto con un suo compare più anziano trucca il gioco delle carte. La pittura è precisa e descrittiva in accordo con la filosofia artistica del Vecchiovaggio.

Si tratta con molta probabilità di uno dei primi quadri picareschi del Vecchiovaggio. Addirittura il critico Drive Reds ha affermato che i Bari siano l’illustrazione di un passo delle Intercetaciones ejemplares di Calciopoles. Altri, come lo spagnolo Rafaél Guariñello, hanno voluto vedere in quest’opera un misto tra “El famos calcio Escommesse” e “los armadiettos de medicinal“. Il critico Stephen Palaces invece associa gli imbroglioni con “I Bravi” Manzoniani, personaggi tipici dei drammi sportivi di tardo Cinquecento, ritrattando poi misteriosamente la sua critica indicando i due imbroglioni come vittime della truffa. Infine nelle ultime critiche che arrivano dalla Cina il biografo di Zhang Jindong rilegge il quadro in chiave Cinese, trovando un collegamento con la Parabola del figlio prodigo, il giovane che abbandona la famiglia per le avventure europee e che si ritrova in circostanze sconvenienti.

Pochi artisti hanno saputo rendere la concentrazione in modo più convincente: il giovane ingenuo così intento a scegliere la carta, l’altro in vigile attesa del momento buono per barare. Altamente drammatico nell’azione esso è un capolavoro di modellatura, disegno e uso della luce. È un tipico dipinto di estrazione Torinese di tre figure, quasi a voler richiamare il gioco delle tre carte, gioco d’azzardo nel quale i due truffatori sono evidentemente maestri. Due di esse fremono d’impazienza, tanto più che il giovane contro il quale essi complottano sembra non sappia porre fine alle sue profonde riflessioni, quasi comprendendo la truffa in cui viene circuito. L’ingenuo è vestito di velluto scuro e decorazioni nere mentre i bari hanno le più classiche vesti zebrate dei truffatori.

Il contrasto tra le vesti dei tre personaggi testimonia una diversità di appartenenza che fa subito riconoscere i due bari che giocano in squadra. La tela, oltre ad essere un capolavoro ricorda l’informazione dei processi del lunedì del secondo Novecento. Per la prima volta viene colto l’attimo e il dipinto ha una tensione sportiva che si percepisce perfettamente guardando il volto del baro anziano che è quella di un attore in scena. I suoi guanti rotti gli forniscono un tratto comico come quelli dei pagliacci di matrice mafiosa degli anni venti amerciani. Infatti il pugnale che pende dalla cinta del baro giovane serve ad informare l’osservatore del carattere malandrino dei due ceffi.

La partita in corso fra i tre attori sulla scena è giocata con un mazzo di carte liguri, dal seme francese e il gioco in questione è il Pacco, un gioco di origine napoletana che nel rinascimento era stato bandito dall’avvocato di Roma Piero Sandulli con un editto del 2006 in quanto si riteneva fosse socialmente pericoloso. Nel gioco dello Pacco vi era un mazzo di trentotto carte; ogni giocatore ne possedeva 19 e i punti da effettuare erano 3 per ogni vittoria. Uno dei due giocatori a turno metteva sul tavolo una carta coperta e l’avversario doveva indovinarla. Chi tirava per primo aveva un vantaggio ma solo se giocava in casa sua. Infatti il gioco durava alcuni mesi per far alternare tra le case dei giocatori le partite da giocare. Il giovane ingenuo è evidentemente preso nel guardare le proprie carte, ciò denota che è il suo turno e sta valutando la sua prossima mossa. Il gregario del baro alle sue spalle scruta abilmente le sue carte e segna, con le dita della mano destra leggermente aperte il numero 3.

Il giovane baro, affidandosi alla segnalazione del suo complice, sta prelevando da dietro la sua schiena la carta con il tre, ma ricordandogli questo numero una recente vittoria schiacciante del giovane ingenuo, si turba e prendendo il 6 di fiori, sbaglia clamorosamente rischiando la sconfitta.

Nonostante questo l’espressione del giovane baro non sembra minimamente turbata, anzi sembra attendere con evidente sicurezza la mossa dell’avversario perché egli sa perfettamente che il Gran Visir del gioco d’azzardo Paul From the Pine Tree modificherà in corsa le regole permettendogli di vincere.

Questa chiave di lettura potrebbe essere sviluppata fino a ribaltare i rapporti di forza tra i personaggi; in tal senso i bari, costretti a un confronto impari contro la sorte, assumono di fatto tensioni spiccatissime; praticamente teatrale nel baro anziano, tale tensione sfocia quasi nell’inquietudine nel baro giovane. Nello stesso senso, la figura del giovane truffato sembra avvalersi di una serenità apparentemente ingiustificata, non ingenua, ma temibile.

Sembra quasi voglia dire all’osservatore attento “State attenti maledetti bari: io non sono per nulla ingenuo e prima o poi come è già successo ve la farò pagare la vostra arroganza.”

Non perdete le prossime recensioni d’arte del vostro sito di riferimento, come diceva l’immenso Paul Klee “L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è”.

Oldman

Il Maestro: a sei anni si è perso nel parterre di San Siro in un Inter-juve, a dodici la madre lo sventola vestito di nerazzurro in Curva Sud, a trenta va in metro a Roma vestito da Ronaldo, quello vero, a quaranta fa caroselli seminudo a Piazza del Popolo, a cinquanta guarda di nascosto l'Inter nel reparto di terapia intensiva cardiologica, da ricoverato. A sessanta conta di perdersi ancora, nel nuovo stadio di Milano.

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