Bauscia Cafè

La Prima volta

Non si scorda mai. Nel bene o nel male. Esaltante, spettacolare, indimenticabile. Oppure fa talmente pena che due minuti dopo averla vissuta vorresti rimuoverla completamente dai tuoi ricordi. Ma invece resta lì, indelebile. Perché comunque rappresenta una svolta. Sabato riprende la Serie A, era ora. La pausa nazionali è stata opportuna come la presenza di Renzi al Gran Premio del Bahrein. Ci siamo fermati in un momento cruciale nella nostra stagione, quella che potrebbe portarci, per la prima volta negli ultimi dieci lunghissimi anni, a riassaporare la gioia pazzesca di uno scudetto. Il nostro percorso è stato finora abbastanza netto, una crescita costante, che ci ha permesso di accumulare un vantaggio importante sulle inseguitrici. Per fare il punto della situazione, e riprendere il bandolo del nostro campionato, ho messo in fila le cinque prime volte che hanno segnato, finora, la stagione interista.

Inter- Shakhtar Donetsk

Era la partita da vincere ad ogni costo. Mica proibitiva, allo Shakhtar avevamo segnato 5 gol nella semifinale di Europa League, appena pochi mesi prima. Invece niente. Neanche un gol tra andata e ritorno. Un disastro. Per la prima volta nella storia della Champions League, L’Inter è stata eliminata nella fase a gironi classificandosi ultima e senza neanche una vittoria in casa. Una prima volta decisamente poco memorabile. Però. Una volta fuori dalle competizioni europee l’Inter è cambiata, la possibilità di concentrarsi esclusivamente sul campionato ha avuto i suoi innegabili vantaggi. Soprattutto in una stagione densa e potenzialmente satura di imprevisti come questa. Il girone di Champions è stato per l’Inter come la prima esperienza sessuale del ragazzetto che, dopo anni di onanismo, sperpera la sua vitalità in tre minuti netti. Un’esperienza non proprio da ricordare. Ma sempre di esperienza si tratta. Eliminazione precoce.

Inter-Juventus

La partita dell’anno, ogni anno, per il tifoso interista. Partita di sentimenti forti e contrastanti, per il nostro attuale condottiero. Finisce due a zero per l’Inter, che gioca una partita matura, con una solidità ed un cinismo impressionanti, senza lasciare alcuno spazio di replica per la compagine bianconera, letteralmente annichilita. Per la prima volta, Antonio Conte vince da allenatore contro la sua ex squadra. Nel post-partita, si lascia andare a commenti che lasciano perplessi, più lodi per i bianconeri, come se fossero ancora la squadra da battere e non quella meritatamente sconfitta. Ma da allora il discorso cambia. E cambiano anche i post-partita di Conte, che da quel momento in poi sembra aver finalmente superato il passato. Il parallelo con la vita reale è fin troppo banale. Il tuo primo amore, che hai amato con tutto te stesso e con cui hai consumato un addio burrascoso, ti vede abbracciato alla tua nuova fiamma. E allora tu, per completare l’opera, lasci anche scivolare la mano per dare una strizzatina alle chiappe. Un gesto spudorato, indecente, osceno. Come la presenza di Renzi al Future Investment Initiative Institute in Arabia Saudita. Conte è così, prendere o lasciare, un amante focoso, appassionato, insaziabile, ma volubile. Conte darebbe l’anima per vivere al massimo, con te, quel momento: ma non chiediamogli l’amore eterno. Il fuoco della passione si spegnerà, e lui sarà pronto ad abbandonarci, con l’amaro in bocca, per mettersi ad inseguire una nuova passione, per lui più intensa e stimolante della precedente. Godurioso.

Inter-Lazio

Dopo la vittoria con la Juve, un’altra vittoria larga, meritata, convincente, contro una grande. La vittoria del sorpasso sui cugini, che verranno travolti, in volata, sette giorni più tardi. Per la prima volta l’Inter si ritrova da sola in testa alla classifica. Sono passati dieci anni dall’ultima volta, l’Inter di Josè Mourinho, un’altra epoca. Capita di avere una prima volta veramente eccezionale. Per una strana congiunzione astrale, irripetibile, ti viene tutto fantasticamente bene. Peccato che possa succedere di avere un lunghissimo, inspiegabile periodo di astinenza, dopo. Ma quando ricapita, beh, sarà quasi bello come quella prima volta. Quasi, perché solo a ripensarci, a quella volta, ti vengono i lacrimoni. Ed esultare, per questa nuova vittoria, ti sembra quasi irrispettoso. Avete provato a rifare l’amore nel posto della vostra prima volta? Magari a distanza di dieci anni? Io no, perché il mio posto, una Fiat Panda del ’90, si era indegnamente spenta dentro ad un fosso da un pezzo. Ma posso immaginare cosa si prova, un ricordo talmente intenso da sminuire l’emozione attuale. Nostalgia canaglia.

Parma-Inter

Dopo il Derby: Genoa, Parma, Atalanta, Torino, (Sassuolo), Bologna. Una serie di partite insidiose, per motivi diversi, ma tutte gare toste, scorbutiche, trappole pronte a scattare per minare la certezza, via via più solida, di essere una grande squadra. La sfida con il Parma la risolviamo, non senza sofferenza, nel secondo tempo. Per la prima volta Alexis Sanchez segna una doppietta con i colori nerazzurri addosso. Grande iniezione di fiducia per il non-più-nino, che anche contro il Torino sfoggia un’altra prestazione scoppiettante, seppur a minutaggio ridotto. Diventa il simbolo della rinascita, degno rappresentante di quei calciatori che, a torto o ragione, all’inizio dell’anno venivano considerati “fuori dal progetto” (Eriksen, Perisic, ora Vecino?). In questa fase dove ogni dettaglio può fare la differenza, le seconde linee potrebbero diventare fondamentali nella costruzione della vittoria del campionato. La rinascita si crea sempre sulle ceneri della vita precedente. Il niño, per quanto mi riguarda, è morto nel Bar Grant Vecjo di Udine, sorseggiando una grappa al legno di rosa, imprecando contro il compagno di briscola che non ha buttato il carico, annegando di bestemmie e cirrosi epatica. Questo qui è un nuovo Sanchez, meno goleador ma con ancora intatta quella vivacità folle degli esordi. Come il cinquantenne attore di Hollywood, logorato dall’abuso di sesso e sostanze, che sfodera una prestazione esaltante in un film solo apparentemente di nicchia, ritrova l’amore del pubblico, e magari porta a casa un Leone d’oro. Mickey Rourke.

Inter-Atalanta

Prima, tutti a dire che la squadra del mai rimpianto ex Gasperini è sempre un cliente scomodo. Dopo, tutti ad affrettarsi a dire che, insomma, vincere così non è proprio un bel segno. Invece è il segno di una ulteriore crescita. L’impressione, a fine partita, è che una gara così attenta, accorta, puntuale, cinica, l’Inter degli anni scorsi non l’avrebbe mai giocata. E soprattutto non avrebbe mai portato a casa i tre punti. All’andata non eravamo andati oltre il pareggio, appunto. Qui, per la prima volta l’Inter vince una partita tirando in porta in una sola occasione. Mai successo quest’anno, mai successo dal 2009. Vittoria unica, difficilmente ripetibile con le stesse modalità, mix perfetto di fortuna e calcolo, di combinazione e maturità. Come quando in discoteca entri, non bevi, non balli, punti la ragazza più carina in sala, le ti avvicini, le sussurri all’orecchio “non la vedi non la tocchi oggi la malinconia, non lasciamo che trabocchi, vieni andiamo, andiamo via”. E lei, invece che infilarti il dito in un occhio, s’innamora di te. D’accordo, sembra una combinazione di eventi altamente improbabile. Ma questo non fa che confermare l’eccezionalità del risultato. Un tiro, un gol, vittoria. A botta sicura.

Altre prime volte hanno scosso la stagione, spedendo in alto la nostra squadra. La prima volta in cui Eriksen ha marcato un gol in quest’annata, cominciata da escluso, svoltata con quella punizione balisticamente perfetta infilata nel Derby di Coppa Italia. La prima volta in cui Conte ha infilato otto vittorie consecutive da allenatore dell’Inter, e nei suoi personalissimi precedenti questo ha sempre significato vittoria finale. Contro il Sassuolo sarebbe stata la prima volta di Radu, per la positività al COVID di Handanovič, poi il rinvio, Handa che ritorna negativo, insomma, l’esordio di Radu sarà per la prossima volta. Torniamo a giocare dopo un lungo periodo di pausa, i cui effetti potrebbero essere imprevedibili, con tutte le variabili in causa.

E però il nostro percorso di crescita, si diceva all’inizio, è stato netto. Interromperlo proprio ora sarebbe una sciagura. Come la presenza di Renzi nel centro-sinistra italiano.

Non facciamoci del male. Non complichiamoci inutilmente la vita. Non sarebbe la prima volta. Condividi il Tweet

Jack32

Di padre juventino e madre milanista, nel 1998 diventa interista per un innato senso di giustizia sociale, per un complesso di Edipo irrisolto, o per banale confusione mentale. Da allora infatti vaga alla ricerca di sé stesso, unico punto di riferimento esistenziale il nerazzurro. Come il Chino Recoba, che secondo el hombre vertical sapeva solo quello che non è. O come Balto, il cane.

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