Bauscia Cafè

La depressione è un periodo dell’anno

Questo è il titolo del singolo del rapper e cantautore Willie Peyote, pubblicato il 13 Novembre 2020. Il brano rappresenta una riflessione negativa dell’artista verso la gestione della pandemia di COVID-19 in Italia e nel mondo e, allo stesso tempo, tira le somme di quello che è stata la prima parte del 2020.

La sua critica, come spesso è capitato anche in altri brani, non risparmia nessuno: dal politico impreparato al santone snocciola-verità passando per il principale soggetto d’imputazione: noi. È proprio il popolo a subire le invettive centrali, come l’emblematica Dovevamo uscirne migliori, merda è già tanto se ne siamo usciti” ed è lo stesso autore a dirci che con questo brano “Ho fatto una fotografia degli ultimi mesi con la consueta joie de vivre. Esce venerdì 13, non a caso, in zona rossa, gialla e sfumature varie. Dovevamo uscirne migliori, no?

L’autore torinese non è nuovo nell’affrontare temi delicati come questo. In “E allora ciao”, ultima traccia di Educazione Sabauda, Willie Peyote affronta un argomento molto intimo e delicato: il suicidio. Egli stesso si sarebbe trovato in più di un occasione a sfiorare col pensiero l’estremo gesto.

Per capire il motivo del perché vi sto scrivendo tutto questo, dovrete pazientare ancora un po’.

Quando un mese fa mi sono seduto ad organizzare il calendario dei post del blog – ebbene sì, non si direbbe minimamente ma siamo organizzati al 100%, nulla viene lasciato al caso ma viene tutto sapientemente programmato con anticipo, tranne i post di Nicolino Berti che fa un po’ il cazzo che vuole – ho avuto la brillante idea di far entrare nelle rotazioni dei post a tema libero anche gli autori che di solito si occupano dei pre e post partita. E vista la settimana in cui ho assegnato i post ai suddetti autori, ho immaginato che avremmo potuto sfruttare la sosta delle nazionali per fare il punto sugli ultimi eventi verificatisi in casa nerazzurra. Solo che tutto ciò non è stato possibile a causa delle positività al Covid-19 da parte di quattro giocatori e due membri dello gruppo squadra. Per via di questi nuovi casi, l’ultima partita giocata resta quella di 10 giorni fa con il successo di Torino.

Allora nella mia testa hanno iniziato a ruzzare varie idee da sviluppare, fino ad arrivare ad avere due argomenti validi di cui poter parlare: uno goliardico ed uno autorevole. Mi sarei lasciato gli ultimi giorni per decidere quale sviluppare e allietare la vostra lettura. Poi succede che martedì 23 Marzo, quindi tre giorni fa, la Fiorentina annuncia le dimissioni di Prandelli, il quale decide di salutare il popolo viola tramite una lettera d’addio.

Ed è dopo la lettura della lettera che le mie prospettive di scrittura del post odierno sono cambiate. Cambiate perché le parole lette all’interno di quella lettera non possono lasciare indifferente un essere umano con un minimo di sensibilità, e non possono lasciare indifferente me che “quell’assurdo disagio che non mi permette di essere ciò che sono” e “quell’ombra cresciuta dentro di me che ha cambiato anche il mio modo di vedere le cose” li ho provati in prima persona non più di due anni fa.

In questo momento della mia vita mi trovo in un assurdo disagio che non mi permette di essere ciò che sono…

Chi va in campo a questo livello ha senza dubbio un talento specifico, chi ha talento è sensibile e mai vorrei che il mio disagio fosse percepito e condizionasse le prestazioni della squadra…

In questi mesi è cresciuta dentro di me un’ombra che ha cambiato anche il mio modo di vedere le cose…

Sono consapevole che la mia carriera di allenatore possa finire qui, ma non ho rimpianti e non voglio averne. Probabilmente questo mondo di cui ho fatto parte per tutta la mia vita, non fa più per me e non mi ci riconosco più. Sicuramente sarò cambiato io e il mondo va più veloce di quanto pensassi. Per questo credo che adesso sia arrivato il momento di non farmi più trascinare da questa velocità e di fermarmi per ritrovare chi veramente sono.

Cesare Prandelli

La mia prima reazione, una volta terminata la lettura, è stata chiedermi “Cosa conta davvero” ed andarmi a rileggere il bellissimo post di Vujen dello scorso anno, perché spesso e volentieri in questo mondo – che nonostante la pandemia in corso continua a viaggiare a velocità elevate – non prendiamo atto di quali siano i veri valori e le priorità a cui dare importanza. Viviamo in un mondo in cui idolatriamo a dismisura la figura del superuomo, innanzandolo su un piedistallo poiché non mostra fragilità, quelle stesse fragilità che le persone deboli – come amiamo erroneamente definirle – mostrano, porgendoci anche il fianco. E la stessa cosa facciamo con le persone depresse. Le cataloghiamo come deboli e come diverse da noi, ma essere depressi non significa essere diversi. Il non comprendere e non riuscire ad elaborare qualcosa che è al di fuori della propria esperienza diretta porta a questo errore.

La parte peggiore dell’avere una malattia mentale è che le persone si aspettano che ti comporti come se non l’avessi.

Analizzandola, la vicenda di Prandelli sembra effettivamente un grave episodio depressivo. E a risentire le sue parole dopo Benevento – “Sono molto stanco, un po’ vuoto. Motivi? Nessuno, sono semplicemente stanco” – sembra darne quasi la definizione. In questo caso pare ci sia un substrato psicopatologico. È vero che i professionisti a quel livello subiscono delle pressioni enormi, ma questo succede in tutte le grandi aziende: quando arrivi a certi livelli è chiaro che crescono aspettative e responsabilità, ma se ci sei arrivato dovresti anche essere in grado di reggerle. Credo che la sindrome ansioso-depressiva di Prandelli (per cui dispiace davvero dal punto di vista umano) sia indipendente dalle pressioni che ha ricevuto. Sarebbe scoppiata anche se fosse stato responsabile vendite in un’azienda alimentare.

È anche vero al tempo stesso che il calcio, e tutto ciò che lo circonda, negli ultimi anni è cambiato tanto. Basta vedere come il Manchester City abbia assunto quattro astrofisici per potenziare l’area dati, o come il Liverpool abbia già da tempo il reparto analyst guidato da matematici con PhD a Cambridge, e creano nuovi modelli per trasformare in dati quel che accade in campo, assumendo fisici, altri matematici, spesso gente che di calcio non ne sa un granché.
Il tutto aggiunto al fatto di rientrare ad alti livelli dopo anni di inattività, ed unito alla fisiologica diminuzione di energie a causa dell’avanzare dell’età, ha probabilmente fatto sì che con Prandelli si arrivasse a tale situazione.

Situazione da non sottovalutare ma da tenere sotto controllo e monitorare sempre, anche in un mondo, quello sportivo e quello del calcio in particolare, dove continua ad essere tabù.

È come avere un cane nero, il cui nome è depressione. Ogni volta che il cane nero ti appare, ti senti vuoto e la tua vita sembra rallentare. E lui ti sorprende con le sue visite senza ragioni o occasioni speciali. Il cane nero ti fa vedere e sentire più vecchio rispetto ai tuoi anni.

Quando il resto del mondo si gode la vita, tu riesci a vederla solo attraverso il cane nero.

Le cose che prima amavi fare non ti interessano più, mangia la tua memoria e la tua capacità di concentrazione: fare qualcosa o andare da qualche parte con il cane nero richiede uno sforzo sovrumano. Nelle occasioni sociali fiuta la tua autostima e la fa sparire.

La cosa che più ti spaventa è essere scoperto: hai paura di essere giudicato.

Per via delle dimensioni sempre più grandi del cane nero, vivi nel terrore di essere scoperto, ti impegni tantissimo per cercare di nasconderlo. Vivere con una bugia emotiva è estenuante. Il cane nero ti fa dire e fare cose negative. Ti fa diventare irritabile ed è difficile starti vicino. Ti porta via l’amore e seppellisce la tua intimità.

La cosa che ama di più è svegliarti nel mezzo della notte e tenerti sveglio con pensieri martellanti ed angoscianti e non fai altro che temere quanto sarà estenuante il giorno successivo.

Avere un cane nero non significa sentirsi tristi, un po' giù o demotivati. È molto peggio: è sentirsi privato della capacità di sentire a pieno le cose. twittalo

Con il tempo il cane nero diventa più grande, e comincia a starti intorno tutto il tempo.

Vuoi scacciarlo e usi tutti i modi che pensi possano farlo scappare. Pensi lo facciano scappare, ma il più delle volte l’ha vinta lui e lasciarsi andare giù diventa più facile che rialzarsi. Così diventi bravo a curarti da solo, e non ti aiuti affatto; alla fine, ti senti totalmente isolato da tutto e da tutti.

Il cane nero è riuscito a sequestrare la tua vita. Quando perdi ogni gioia della vita cominci a chiederti quale sia lo scopo di tutto ciò.

Per fortuna, decidi di chiedere aiuto ad un esperto: questo è il primo passo verso il recupero e una grande svolta della tua vita. Impari che non importa chi tu sia, il cane nero affligge milioni e milioni di persone, non guarda in faccia nessuno.

Impari che non ci sono pillole magiche: le medicine possono aiutare alcuni, ma altri possono aver bisogno di un approccio diverso. Impari anche che condividere quello che provi con chi hai accanto può cambiare le cose.

La cosa più importante è che hai imparato a non temere il cane nero: ora hai tu qualche trucco da insegnargli. Quando sei stanco e stressato, lui abbaia più forte,  perciò è importante imparare a calmare la mente.

È provato clinicamente che un esercizio fisico regolare limita la depressione moderata alla stregua degli antidepressivi: quindi fatti una passeggiata o una corsetta e lascia dietro il bastardo. Tieni un diario del tuo umore: vedere scritti i tuoi pensieri  può essere liberatorio e a volte illuminante, e ricorda di segnare le cose per cui essere grati.

La cosa più importante è ricordare che non importa quanto le cose vadano male: se fai i passi giusti, parli con le persone adatte, i giorni del cane nero possono sparire e lo faranno.

Non sei felice di aver avuto il cane nero, ma ti ha insegnato molto: ti ha costretto a rivalutare e semplificare la tua vita. Hai imparato che invece di scappare dai tuoi problemi, è molto meglio accoglierli. Il cane nero farà sempre parte della tua vita, ma non sarà mai il mostro che era: ora avete un accordo.

Hai imparato dalla conoscenza, pazienza, disciplina e umorismo che il peggiore cane nero può essere ridotto e guarito.

Se sei in difficoltà non aver mai paura di chiedere aiuto, non bisogna vergognarsene: l’unica vergogna sarebbe quella di arrendersi quando si tratta della propria vita.

Braffo

Sono il Chief Games Officer di Bauscia Café. Metà stronzo, metà testa di cazzo.

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interella
interella
3 anni fa

sono una fortunata, tra i tanti, troppi dolori nel corso di una intera vita
Non soffro e non ho mai sofferto di quella brutta bestia
ma posso comprendere chi ne soffre e ne ha sofferto
Non deve essere un bel vivere
ci vuole coraggio, il coraggio di andare avanti, comunque.

andrea1952
andrea1952
Rispondi a  interella
3 anni fa

ne sono felice e ti auguro di cuore di continuare a tenere lontana la bestia. E’ il segreto per vivere meglio e più a lungo e far star meglio chi ti è vicino

Cipe64
Cipe64
3 anni fa

@El Giuanín
Il tu post è stupendo e tremendo.
Ho letto altri commenti qui anch’essi stupendi…non potrei aggiungere altro di utile alla discussione.
Anche il post di Vujen vola alto.
Grazie

gatina
gatina
3 anni fa

Non volevo intervenire, mah …, quel tizio che “galleggia” tra i
vostri post la sta prendendo troppo ‘alla leggera’.
Con la morte nel cuore devo dirvi che … mia figlioccia piccola
(31enne dott,ssa a Clés TN) è scomparsa 3 settimane fa (sparita,
i cani portano ad un dirupo) lasciando tutto in auto vicino ad un
ponte e l’hanno cercata nel fiume Noce fino al Lago ed ora coi
cani molecolari) e non sanno più dove cercarla …, è successo tutto
in 2/3 mesi, problemi (burnout?) nel lavoro e non abbiamo saputo
ne potuto aiutarla, né fermarla !!!
Non ci voleva a Clés, siamo anziani, per via del Covid ed era appena
stata a casa in riposo una settimana(?) e… Noi, non abbiamo fatto
caso, ora lo capisco, a quel maledetto cane nero che la stava dilaniando !
Mandorlo dice che è difficile riconoscerlo e poi …, io mai e poi mai …
(Sì la D.ssa di base, la voleva fermare, ma Lei non ha voluto, diceva
di farcela, di dover andare a lavorare pur non stando ancora bene).
Poi ha deciso all’improvviso …, si era appena licenziata, ha telefonato
alla sorella dicendo: “mi sono tolta un peso dì a mamma che la chiamo
domani”e il mattino dopo non rispondeva più al telefono!
Scusami, El Giuanin, ora è tardi, lo so e non so cosa avremmo potuto
fare, ma …, ma hai descritto perfettamente quella tremenda malattia.
Faccio tutte le mattine una camminata e piango tutte le mie
lacrime e non auguro a nessuno questo strazio.
Perché non si sa ancora nulla (non si trova il corpo) e non si sa
quando finirà …, un figlio che se ne va prima di noi, perché?
non può, non deve succedere.

Grazie scusate lo sfogo ragazzi, tranquilli, scusate ora sto meglio,
vado con la mamma di Sara dallo psicologo …, ciao.

Cipe64
Cipe64
Rispondi a  gatina
3 anni fa

Gatina mi ero chiesto dove fossi finito…che dirti…ti abbraccio davvero forte.
PS quel tipo galleggia come fanno tutti gli stronzi…è nella sua natura.

Semperfi
Semperfi
3 anni fa

Un argomento delicato, difficile da sbriciolare in pochi minuti.
La mia esperienza con il problema mi ha insegnato:
Il Babau, mostri, voci e gli animali non c’entrano niente.
I farmaci sono droghe che ritardano e ingannano con promesse non mantenute.
Esistono persone che possono aiutare con sistemi alternativi efficaci per aiutare a conoscersi meglio.
La mente deve essere ascoltata e capire il perchè di tanto rumore.
Allenarsi a convivere con il pensiero negativo come fosse un fuori e non dentro è il primo passo per una convivenza naturale che può aiutare a trovare soluzioni e nuovi stimoli creativi e positivi.
La volontà di stare bene è un lavoro di tutti i giorni e deve essere presa seriamente, la nostra mente la possiamo conoscere solo noi poichè noi la abbiamo creata e cresciuta con pregi e difetti. Se la abbiamo creata la possiamo modificare e controllare. i problemi le delusioni e i dispiaceri fanno parte della nostra vita. Le gioie e i dolori sono parte del nostro essere umani, non siamo macchine o programmi ne mai lo saremo.
Forza e coraggio. e un abbraccio virtuale per tutti/e.

Mandorlo
Mandorlo
3 anni fa

Il cane nero è una brutta bestia. Prima di tutto perché è difficile riconoscerlo, ammettere che è dentro di noi, che non è un banale malessere ma una vera malattia.

La melanconia ci può venire addosso per quello che ci è capitato, per una grave perdita, per dover vivere una situazione insostenibile o, semplicemente, per una disfunzione fisiologica.
Ci si può fare qualcosa. Ma è difficile, maledettamente difficile, soprattutto chiedere aiuto. O accettarlo.

Un mio grande dolore è stato perdere un amico e non accorgermi che la sua ossessione e la tristezza che ne derivava erano già al punto di rottura, che miei consigli di parlarne con uno specialista erano per lui bolle di sapone. Avrei dovuto ingannarlo, costringerlo a forza, o non so che altro purché si curasse. Ma ero io il primo a non pensare che la situazione fosse così …

Quella sera non andò a fare l’ospite d’onore alla serata dei club. I tifosi l’hanno aspettato invano. E mentre il telefono suonava e suonava, è salito sulla torre e si è buttato.

Era primavera, sono passati nove anni, tutti ancora ricordano con affetto il “Sindaco dello stadio”. Ed io son qui a chiedermi cosa potevo fare.

Gus
Gus
3 anni fa

La prima cosa, la più importante, è imparare a chiedere aiuto ad un esperto.
La depressione è una malattia con la quale si può imparare a convivere. Ma va curata e si può curare: senza demonizzare i farmaci, imprescindibili nella maggior parte dei casi.
Pochi giorni fa il papà di un compagno di mio figlio (10 anni) a sua volta padre di tre bimbi piccoli, stimato architetto, una famiglia bellissima, si è buttato dal balcone del palazzo. Nessuno può sapere quanto quell’ombra cresca dentro una persona e ne fagociti ogni prospettiva, travolgendo di dolore ogni cosa attorno a sè.
E va curato anche il dolore, l’impotenza, di chi vive con un depresso (io ne ho, ne ho avuto…chissà, esperienza personale).
Argomento triste e pesante oggi. Il mio contributo è perché chiunque tra di noi ne sia colpito esca dall’ombra, tendendo la mano, o facendosi aiutare a tenderla, verso uno specialista.

andrea1952
andrea1952
3 anni fa

Do mio come mi identifico in te El Giuanin, avrei potuto scrivere il tuo articolo. Ho sofferto di quello che tu chiami “il cane nero”, per me invece è un pozzo profondo dove non si vede nemmeno la luce della superficie. In quei giorni l’unico desiderio che ho è quello di non uscire dalla camera da letto con finestre chiuse e nel buio più scuro. Ogni cosa anche la più bella diventa irrilevante, inutile, assorbi solo gli accadimenti negativi. Ti senti come uno senza pelle, dove persino un soffio di vento ti fa soffrire. Smetto qui perché diviene troppo pesante il discorso. Ma l’ho voluto scrivere solo per far capire a te ed ad altri che non sei e non sono soli. Spesso mi rendo conto in questi periodi che recito, indosso una maschera per non far vedere agli altri, ma non è facile. C’è un aspetto positivo, che il tutto ti rende più sensibile, troppo forse e vivi le poche gioie della vita più intensamente. Coraggio togliamoci gli occhiali scuri ed osserviamo il cielo

ambroeus
ambroeus
3 anni fa

Bravo El Giuanin, anch’io sono rimasto molto colpito dalla lettera di Prandelli. Credo che al di là della della storia personale di Prandelli, il suo malessere ci dica qualcosa anche sul mondo del calcio.
Grazie di aver condiviso le tue riflessioni, l’indifferenza è un male subdolo e letale.

Melito
Melito
3 anni fa

Urca, che post meraviglioso. Grazie!

Jasper
Jasper
3 anni fa

comunque a Firenze, la narrazione e’ un po’ diversa da quella raccontata ad uso pubblico…

Marco C.
Marco C.
3 anni fa

mmmmh, Giuanin, mi hai lasciato con un po’ di tristezza. vado a fare una camminata per riprendermi.

Marco C.
Marco C.
3 anni fa

Primo! ciao Ambroeus! forza Christian!

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