Bauscia Cafè

Incendiari e pompieri

Premessa: l’intento del post è tutt’altro che polemico, anzi è una invocazione a restare compatti, perché quella che stiamo affrontando è la miglior stagione degli ultimi anni. Tutto quello che abbiamo raccolto ce lo siamo zappato come non mai e non c’è nulla di casuale nelle nostre vittorie.
Siamo esattamente dove meritiamo di stare e dove sognavamo di essere.

Quindi, perché non abbiamo passato il turno?

Beh, perché siamo inferiori al Barcellona e -molto probabilmente- anche al Borussia Dortmund, questi ultimi superiori nelle individualità, forse come collettivo un po’ meno.
Queste valutazioni però, si sa, valgono solo sulla carta, perché poi c’è il campo, e il campo ci ha mostrato un Inter spettacolare per 45’ sia al Camp Nou che al Westfalenstadion.
E se poi alla fine perdere con il Barcellona di Messi e Suarez ci può anche stare, farsi rimontare due gol dal BVB, che peraltro non attraversava il suo periodo migliore, ci sta un po’ meno. 
Come non ci sta affatto il pareggio casalingo contro i cechi dello Slavia Praga, squadra contro cui si dovevano fare -senza se e senza ma- 6 punti. Ne abbiamo fatti solo 4.
Totale 7 punti in 6 partite, e con 7 punti si va a casa.

E perché non abbiamo passato il turno l’anno scorso?

Perché Barcellona e Tottenham erano nettamente più forti. Nettamente. Il PSV, squadra superiore allo Slavia Praga, era un avversario ostico ma battibile, diciamo alla nostra portata.
Alla fine ci restano nella memoria la vittoria in rimonta contro il Tottenham (poi addirittura finalista), quella ad Eindhoven e il pareggio acciuffato quasi al 90’ contro il Barcellona (senza Messi, ma con tutti gli altri).
Totale 8 punti in 6 partite, e con 8 punti agli ottavi ci va il Tottenham.

Qual è il rimpianto più grande per questa eliminazione?

Sono diversi i rimpianti, in realtà.
Fa male l’aver mostrato sì una crescita, evidente soprattutto sul piano del gioco rispetto all’anno scorso, ma che questa non sia ancora sufficiente. Fa incazzare l’impossibilità di schierare nella partita decisiva Sensi e Barella (così come contro il PSV l’anno prima giocammo con la salma di Candreva mezzala).
Un altro aspetto è l’aver perso 2 punti preziosissimi all’esordio casalingo contro lo Slavia, e soprattuto l’aver dilapidato il doppio vantaggio a casa del BVB. Insomma, 6 partite 7 punti che potevano essere 11, perché le condizioni c’erano. Non è bastato.

Occorre però essere onesti, prima di tutto con noi stessi: il Barcellona ieri ha schierato alcune riserve con le Havaianas.
Fuori i fenomeni Messi e Suarez in campo c’erano, tra gli altri:

  • Wague: 21 anni, 180’ in stagione (di cui 90’ vs il Leganes ultimo nella Liga, solo 7 convocazioni in tutto);
  • Alena: 21 anni, 153’ in stagione (di cui 90’ ieri contro di noi, 63’ in tutto in campionato)
  • Todibo: 19 anni, 167’ in stagione (di cui 90’ ieri contro di noi)

Bravissimi giocatori, per carità, supportati dal fuoriclasse Rakitic e da uno svogliato Griezmann, ma spesso nemmeno inseriti nella lista dei convocati, giovani di belle speranze che con il resto della squadra non avevano mai -o quasi- giocato. E questo si è riflesso per tutti i 90 minuti, hanno tirato a campare per tutta la partita. Non possiamo negarlo, non possiamo raccontarci una storia solo perché ci fa piacere così, non ci hanno presi a pallate Suarez Messi & Co. Ci hanno spesso lasciato il pallino in mano, ma non ci siamo fatti trovare pronti.

Diciamocelo, facciamolo come esercizio di crescita: non era impossibile.Ripetiamocelo: ci hanno dato una fiches ma questa mano ce la siamo giocata male. twittalo

Qual è invece il rimpianto più grande per l’eliminazione della scorsa stagione?

Così di getto mi verrebbe da dire “retropassaggio di Asamoah al 13’ del primo tempo contro il PSV”. Mi scuserà il buon Asabob, la mia è ovviamente una cattiveria gratuita, i motivi sono tanti.
Certo poi si è detto tutto e il contrario di tutto, la mentalità, i cambi, il tabellone e questo e quell’altro.
Alla fine -come quest’anno- abbiamo fatto ciò che più o meno ci si aspettava, passare sarebbe stato un autentico capolavoro. Purtroppo subito dopo l’eliminazione l’ambiente -già saturo e in una condizione di malcelato fastidio- si è abbandonato definitivamente ad uno stato di nevrosi cosmica.
E dire che il bubbone Icardi era prossimo all’esplosione e Spalletti ancora non era stato -di fatto- licenziato a Gennaio a mezzo stampa.
Il resto è storia. A lieto fine, peraltro. Come è storia che il Barcellona arrivò fino alle semifinali, eliminato poi dal Liverpool che solleverà la coppa a discapito del Tottenham. Che culo.

Quali sono le differenze fra queste due eliminazioni?

Poche, se vogliamo, ma importanti.
L’Inter della scorsa stagione accedeva alla CL -acciuffata per i capelli con laprendevecino– dopo diversi anni e con una rosa senza qualità e qualche problema intestino (ma nel senso che faceva cagare? Anche.).
L’Inter di questa stagione era invece alla seconda apparizione consecutiva in Champions, con un organico superiore, una rosa senza restrizioni UEFA e un allenatore di caratura maggiore.
Ma il calcio è uno sport praticato da umani con il vizio di commettere errori, quindi non basta questo per passare matematicamente un turno, non bastano 6 mesi per svoltare, non basta solo cambiare l’allenatore, non esistono bacchette magiche. Non è Tetris. Ci vuole il tempo che ci vuole.
C’è bisogno sì del grande allenatore ma anche e soprattutto c’è bisogno dei grani giocatori. E vale sempre, vale per tutti.
Bisogna mantenere la calma e ricordare dove eravamo.

A ben vedere, però, forse una grossa differenza c’è.
E non riguarda strettamente la squadra, ma sta nel modo in cui è stata accolta questa eliminazione dai tifosi: l’anno scorso si voleva dar fuoco alla Pinetina, quest’anno tutti (o quasi) pompieri.
Nessun invocazione all’anno zero, nessun isterismo particolare, grandi pacche sulle spalle e via a testa alta. Anzi, ne ho letti anche diversi sollevati dall’eliminazione perché alla fine la Champions League è ancora troppo per noi, meglio l’Europa League che è una roba di nicchia e ci piace di più. E sia.

Comunque bene, direi. Mi sento sollevato, finalmente sembra ci sia l’intenzione di remare tutti nella stessa direzione, mi piace questa fase che stiamo vivendo, l’ ho ribattezzata “luna di miele”: un amore protettivo e incondizionato nei confronti di frammenti societari (Marotta) e tecnici (Conte) spero duri il più a lungo possibile. È cosa buona e giusta.
Una notizia, soprattuto dopo la fuga di cervelli del 2018-2019.

Quale delle due eliminazioni fa più male?

Personalmente mi ha fatto più incazzare quella dell’anno scorso perché, pur con gli stessi punti del Tottenham ce la siamo presa in saccoccia. Quella di ieri però mi ha fatto un po’ più male, perché nonostante la forza degli avversari, visto come si erano messe certe partite, speravo in un briciolo di maturità e cattiveria in più. Così non è stato, rosico ma non posso che accettare il verdetto con maturità.
Porca di quella troia.

Cosa resta dell’eliminazione?

Resta un Lautaro spaziale e dei margini di miglioramento che l’anno scorso -per mille motivi- non avevamo.
Sotto con l’Europa League, sotto con il campionato.
Sotto con la Fiorentina.

Cosa fare adesso?

Nulla di diverso rispetto a quanto fatto fino ad oggi. Lavorare lavorare lavorare. Credere nel progetto e nel lavoro di Conte, continuare il percorso di crescita e puntellare la rosa in sede di mercato. Siamo a +2 sulla Juve e abbiamo 9 punti in più rispetto alla scorsa stagione, mentre Juve e e Napoli ne hanno rispettivamente 5 e 14 in meno.
Antonio Conte fiuta l’odore del sangue, chi siamo noi per non seguirlo?

Avanti Inter.


Ma che cos’è
che ci fa fare del cinema?
Forse questa depressione
o l’istinto di conservazione.
Noi, si va a fare del cinema,
e quando vivere è un problema
rifacciamo da capo la scena.

Python

Sono il direttore artistico di Bauscia Cafè. Clandestino nella matrioska e astioso quanto basta. Quando parlo di Tango mi riferisco solo al pallone, del mio primo allenamento ricordo solo il rumore dei calci negli stinchi.
Odio Bauscia Cafè.

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