Bene, cioè, male. Malissimo.
Da dove iniziare? Dal calcio volante di Melo o dalla sconfitta? Dalla sanguinosa rissa negli spogliatoi o dalla talpa?
Niente di tutto ciò, partiamo -e ci fermiamo- ai mali che da anni attanagliano gli interisti: il vittimismo, il sentore dell’accerchiamento mediatico, il disagio nel vedere scelte arbitrali non imparziali e la visionaria impressione che ci siano società che agiscano fuori dalla legalità.
No, scusate, queste due le avevamo, incredibilmente, azzeccate. Non ci si crede, eh?
Ma veniamo alla storiella che vi voglio raccontare.
C’era una volta, tanto tempo fa, una squadra felice.
Vinceva e i ragazzi si sparavano i selfie negli spogliatoi, prima di spaccarli.
Poi, come in tutte le storie tristi ma romantiche, arrivò la sconfitta. E per noi niente è mai normale, quindi la sconfitta è stata di quelle brutte brutte che fanno male male, al fegato e allo spirito. Tanto che qualcuno -si dice un uccellino o forse una talpa- ha riferito che nello spogliatoio, al termine della partita, il clima non fosse esattamente dei più distesi: Icardi che tentava di strozzare Melo con una ghirlanda dell’albero di Natale, Mancini che violava Jovetic col puntale dello stesso albero, Medel che sgranocchiava uno Snickers con la dentiera di Handanovic mentre Ljajić brutalizzava Sylvinho sputandogli addosso i canditi del panettone.
Insomma, scene davvero agghiaccianti. Scene che fanno male.
Ora, il problema non è che i gossippari rosei riportino una notizia, ci mancherebbe. Così come non è un problema che il sior Staffelli porti un tapiro. Anche loro tengono famiglia e la panza da riempire.
Non è riportare una notizia, è come la si riporta.
Non è come si consegna un cazzo di tapiro di merda (Excuse my French), è il come e il perché.
Ricordate il tapiro consegnato ad Eto’o? Pensate a quello consegnato a Icardi, giustificando, di fatto, un reato come la rapina.
Non è solo questione di vittimismo, che per carità, ci sta che l’interista lo sia un po’ più degli altri, è questione di esperienza. È la storia.
È la scarsa, pressoché inesistente, fiducia in chi imbratta le pagine dei quotidiani o presenzia col suo faccione tronfio in tv. È la conoscenza e la consuetudine, il modus operandi di queste lingue allenate a battere il tamburo (scusa Fabrizio).
Ah, avete notato che chi ci accusa di vittimismo possiede giusto qualche giornale o qualche tv?
E guai a incazzarsi, guai a farlo presente a lor signori dalle papille gustative ormai assuefatte ai sapori degli anfratti più angusti del corpo umano “noi facciamo solo il nostro mestiere”.
E no, forse lo fate a seconda di dove batte il vento, ma di certo non lo state facendo bene, forse non lo state facendo nemmeno come in cuor vostro vorreste farlo. Ma non diteci che quello è il vostro mestiere, non fatelo, non fatelo per rispetto di quei due o tre chi si spaccano la schiena per una professione bella come la vostra, non fatelo per rispetto di chi ha una memoria, per chi si ricorda che qualcuno di voi era al libro paga di un sistema corrotto che ha ammazzato il calcio per anni.
Ma voi eravate presi dal raccontare minchiate, troppo impegnativa la verità.
Dove eravate quando negli spogliatoi venivano chiusi a chiave gli arbitri?
Dove eravate quando truccavano i campionati?
Dove eravate quando quello raccontavate era già stato deciso a tavolino?
Dove eravate lo sapete solo voi, dove potete andare ve lo possiamo indicare noi.
Io dico addio a chi si nasconde con protervia dietro a un dito,
a chi non sceglie, non prende parte, non si sbilancia
o sceglie a caso per i tiramenti del momento
curando però sempre di riempirsi la pancia
e dico addio alle commedie tragiche dei sepolcri imbiancati
ai ceroni ed ai parrucchini per signore
alle lampade e tinture degli eterni non invecchiati
al mondo fatto di ruffiani e di puttane a oreF.Guccini – Addio