Bauscia Cafè

Un lavoro di fino

Cagliari, 22 febbraio. Vigilia della 24esima giornata di campionato.
Roberto Mancini, col volto parzialmente nascosto da un cappellino e da due robusti occhiali da sole, si aggira per il reparto profumeria della Conad di via della Pineta, nei pressi dello stadio Sant’Elia. Un ragazzo gli si accosta.
“Eccomi, capo”, gli dice il ragazzo, senza guardarlo in faccia.
Mancini sussulta. “Zitto…non conosci le istruzioni? Parlo solo io”.
Il ragazzo, costernato, fa finta di esaminare i deodoranti. Passano una trentina di secondi.
“Allora, facciamo il punto. A Sassuolo”, dice il mister, chinandosi a raccogliere un rossetto che aveva lasciato cadere  “vi siete dati da fare solo alla fine, con la maglia, ma siete stati bravi. A Bergamo bene con gli insulti per Guarin, costanti per tutti i 90 minuti, ma…”. Un commesso passa a sistemare uno scaffale, Mancini si interrompe ed attende che abbia finito.
“…ma, dicevo”, riprendendo la parola quando il commesso se n’è andato “con Icardi avete esagerato. Non doveva cacarsi addosso tutta la notte. Mi è toccato rimandarlo a casa”. Il mister si guarda intorno con fare circospetto, poi dice “Seguimi”, e inizia a camminare.
Tallonato dal ragazzo, Mancini si reca al reparto gastronomia e ordina due etti di guanciale. “A Glasgow abbiamo fatto a meno di voi, ma per la prossima partita mi servite. Voglio un lavoro di fino”, dice lui, mentre il macellaio avvia l’affettatrice. “Dobbiamo vincere a tutti i costi, li voglio indemoniati, infuriati”. Le strisce di guanciale si accumulano sulla pellicola, una sopra l’altra.
“Andate a graffiargli le macchine, scrivetegli INDEGNI DELLA MAGLIA sul cofano con una chiave”
“Ma, capo, siamo a Cagliari, le macchine le hanno a Milano…”, replica inavvertitamente il ragazzo.
“Non…devi…parlare…” lo redarguisce di nuovo a denti stretti il mister, palesemente infuriato.
Il dialogo si interrompe per un po’, il ragazzo si maledice per la sua imprudenza, Mancini ordina cento grammi di olive snocciolate.
Quando il macellaio gli consegna la busta, lui fa cenno al ragazzo di seguirlo. I due camminano fino al banco del pane. “Un’altra parola e fai la fine di M’Vila”, dice il tecnico interista mentre tasta una baguette.  “Non mi interessa se le macchine sono a Milano, fate una telefonata e mandate qualcuno a fare una bella incisione. I giornalisti arriveranno subito, tempo cinque minuti e la notizia è da tutte le parti. Quei due si incazzano anche stavolta e mi fanno vincere la partita”.
Il ragazzo annuisce in silenzio. Mancini, compiaciuto del piano, lo scruta per qualche secondo.
“E ora vattene, che devo fare la fila alla cassa. Le istruzioni sono chiare. Mi raccomando”, gli dice guardandolo dritto negli occhi, mentre agita la busta col guanciale, “…non sgarrate”.
 

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Il Mancio lo fa sudare 10 minuti a fuoco basso

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