Bauscia Cafè

Ti te dominet Milan

Quanto è bello non capire niente. Il primo raffazzonato pensiero riavvolgendo il nastro della partita di ieri non poteva non essere diverso da questo. L’occasione era di quelle importanti: derby della Madonnina, con la possibilità di riagganciare la Juventus caduta a Verona e gli occhi di tutto il mondo addosso. Solito batticuore mentre si accendono le luci di S. Siro e il momento del fischio d’inizio si avvicina. Poi eccoci finalmente: si gioca. Ieri sera un tripudio informe e irrazionale di emozioni ha davvero preso forma davanti ai nostri occhi.

Pur sforzandomi di fare ordine e di analizzare con lucidità quello a cui abbiamo assistito, francamente ancora adesso fatico a descriverlo. E’ stata una sfida folle, bipolare, un susseguirsi continuo di impressioni in un saliscendi di pulsioni: dalla delusione più cocente al travolgente priapismo finale. Come avrete intuito non ci ho capito nulla e francamente chi se ne frega. Abbiate pazienza con me oggi, sorelle e fratelli nerazzurri, perchè il derby di ieri sera mi ha veramente inebriato e ricostruire i suoi momenti salienti non sarà uno sforzo semplice, seppur piacevole.

L’Inter è scesa in campo con il suo canonico 352, con Vecino frequentemente in proiezione offensiva a sostegno delle due punte Lukaku e Sanchéz, chiamato a sostituire lo squalificato Lautaro. Il Milan proponeva un 4411, con Ibrahimovic prima punta e alle sue spalle da sinistra a destra: Rebic, Calhanoglu e Castillejo. Nel primo tempo ci siamo sforzati di rivisitare il concetto stesso di “sofferenza” e di proporlo pragmaticamente in campo.

L’Inter fatica in costruzione dal basso a offrire calcio in modo efficiente. Il nostro gioco è poco fluido, specialmente quando si sposta sulla catena di sinistra dove Skriniar e Young accusano le difficoltà di giocare a piede invertito. Anche Padelli nella gestione del pallone non ha la qualità e la precisione di Handanovic, quindi per lunghi tratti il pressing del Milan si rivela molto più efficace di quanto si poteva ipotizzare prima dell’incontro. Brozovic è marcato stretto da Calhanoglu e la nostra manovra è lenta e farraginosa.

Anche in fase di non possesso incontriamo grandi difficoltà. Brozovic si alza a prendere Bennacer, ma il Milan risponde andando a trovare con una certa efficacia nello spazio lasciato libero dal croato le sponde di Ibrahimovic e Calhanoglu, bravo a galleggiare tra le linee. Barella fatica spesso a leggere gli inserimenti di Kessie e l’Inter paga pegno centralmente, schiacciata dal palleggio del Milan che muove bene il pallone e costringe la Beneamata ad abbassare gli esterni, difendendo di fatto a cinque.

Nel primo tempo i rossoneri colpiscono un palo con Calhanoglu e poi trovano il doppio vantaggio con Rebic e Ibrahimovic, protagonista in entrambi i gol. Si va dunque all’intervallo sotto di due reti e con la sensazioni di aver preso schiaffi per larghi tratti del primo tempo.

Non ci farei una bella figura se riportassi fedelmente tutti i pensieri che si sono affollati alla mia mente alla fine della prima frazione di gara. Aspro nei confronti di alcuni giocatori, critico nei confronti della gestione tattica della partita, con la speranza di ribaltarla ai minimi storici e un fuoco addosso che solo chi sta perdendo un derby può provare.

Dopo aver passato i miei quindici minuti di “scarsa lucidità”, con mia amara sorpresa l’Inter rientra in campo senza che Antonio Conte abbia apparentemente cambiato nulla. Stesso sistema del primo tempo, Brozovic continua ad alzarsi su Bennacer ed il Milan sembra essere vivo e presente. Mentre il sottoscritto maledice il mondo, ecco che si palesa in tutta la sua potenza la meravigliosa e dolcissima rivelazione: non ci capisco niente. E non sono mai stato così felice di urlarlo al mondo.

In due minuti l’Inter ribalta completamente la partita. Il momento di rottura è rappresentato dal gol di Brozovic, che al 51′ al volo da fuori area la mette dove Donnarumma non può arrivare e carica di adrenalina tutto l’ambiente. Si respira che qualcosa sta cambiando e appena due giri di orologio più tardi è Vecino, servito da Sanchèz, a segnare immediatamente il gol del pareggio e fare esplodere di gioia la Milano Nerazzurra. Meraviglioso.

Qui devo proporvi un esercizio di immedesimazione, un gioco per misurare la vostra empatia. Mettetevi nei panni del tifoso interista che al 50′ è corso in bagno per urinare, un bisogno impellente ed improrogabile. Va verso il gabinetto borbottando e scuotendo il capo, entra scocciato, svolge le sue mansioni ed essendo una persona pulita si lava le mani, prima di tornare indietro sospirando di fronte al televisore appena tre minuti più tardi. Pareggio, due a due, Inter in possesso di palla e stadio che incita la squadra. Il calcio è davvero incredibile.

La partita appare totalmente cambiata, l’Inter ci mette più intensità e anche se sembra che ci sia ancora un discreto equilibrio in campo, il vento ora soffia forte alle spalle dei nostri giocatori. A venti minuti dalla fine, ecco l’apoteosi: calcio d’angolo e il signor De Vrij Stefan, nato in una mangiatoia a Ouderkerk aan den IJssel il giorno 5 Febbraio del 1992, inventa una torsione di testa meravigliosa e ci porta in vantaggio. Ennesima partita straordinaria dell’olandese, che anche nel primo tempo per me ha – nonostante il dominio del Milan -giocato una buonissima partita. Inter in vantaggio.

Poco dopo esce un pimpante Sanchéz e c’è spazio anche per Eriksen: Inter che disegna in campo un 3511 con un rombo qualitativamente gradevole con vertice basso Brozovic e vertice alto il danese. Da segnalare inoltre che Vecino e Barella come mezz’ali sono cresciuti entrambi nel corso della partita: partiti con un primo tempo poco brillante sono migliorati e hanno dato luogo ad una ripresa giocata sugli scudi e di grande caparbietà.

Apriamo una parentesi sulla prestazione di Eriksen: bisogna sempre aprire qualche parentesi nella vita, specialmente se l’argomento ci piace e questo qui – detto tra noi – mi piace parecchio. Come avrete intuito ho vissuto il derby in maniera particolarmente concitata. Sono passato dal continuo borbottare del primo tempo, alle grida di incitamento nel secondo, finendo in modo poco educativo con improperi di sofferenza quando attaccava il Milan sul finale. Tutto nella norma, sento che potrete capirmi.

C’è stato un solo momento in cui realmente sono rimasto a bocca aperta senza fiatare, con le mani sopra la testa e gli occhi spalancati: sulla punizione calciata da trenta e passa metri da Christian Eriksen da Middelfart, stampatasi incredibilmente sulla traversa. I paragoni con Sneijder si sono sprecati in questo periodo, ma la punizione che ha calciato mi ha ricordato in modo impressionante Mihajlovic, sia nella preparazione sia nella traiettoria del pallone. Sono rimasto veramente di sasso: un gesto tecnico da vedere e rivedere. Pazzesco. Una punizione bella da togliere il fiato.

Ci sarà tempo più avanti per parlare tatticamente della sua collocazione, magari dopo qualche partita in più, per il momento mi godo un giocatore che da amante del calcio e da interista non posso non ammirare ed apprezzare. Un giocatore superiore.

“Christian Eriksen è davvero un buon calciatore. Abile ed intelligente. Sono molto impressionato. Incontra senza alcun dubbio lo standard calcistico che ho in mente per l’Ajax. “

Johan Cruyff – 2012

Le emozioni comunque non sono finite qui, manca ancora la ciliegina a coronamento di una serata “pazza” e poco importa se al tecnico questa parola non piaccia particolarmente. All’ultimo minuto della partita, dopo un palo colpito da Ibrahimovic, macchiato però da un probabile fallo su Skriniar nell’occasione, Moses mette in mezzo un pallone pregevole che Lukaku di testa insacca alle spalle di Donnarumma. Poker in quarantacinque minuti. Inter batte Milan per quattro reti a due. Tripudio.

Una vittoria importante, ad un certo punto insperata, enorme sia nei fatti sia per il valore simbolico: l’Inter ha urlato nuovamente al campionato di esserci e di poter superare le difficoltà. Conte ha sottolineato al termine della gara gli insegnamenti che da una gara come questa la squadra può trarre, evidenziando l’importanza della testa e dell’aspetto mentale. Il suo ordine è limpido: testa, cuore e gambe.

La sensazione forte è che l’Inter in questo momento sia in trasformazione, si stia preparando all’ultimo step prima della volata finale. L’obiettivo dei giocatori e del tecnico è lapalissiano: non ci si pongono limiti, come spiegato da Conte in conferenza stampa. Ci attendono dieci partite fondamentali, siamo probabilmente allo snodo chiave della stagione.

Rimanere attaccati alla vetta in campionato e arrivare fino in fondo in Europa League ed in Coppa Italia è alla nostra portata e il periodo che andremo a vivere insieme ci dirà effettivamente a cosa possiamo aspirare nell’ultima parte di stagione.

Il messaggio di Conte è chiaro: non si abbandona niente per la strada. Lottiamo per arrivare in fondo a tutte le competizioni. twittalo

Non saranno solo i risultati a definire il nostro destino, ma anche – come dicevo – la crescita che riusciremo ad avere di qui alle prossime settimane. L’Inter ha ancora potenziale di crescita, può fare ancora un ultimo passo per migliorarsi, richiesto sia al tecnico che ai giocatori.

Ricorderete tutti la magica stagione del Triplete, in quel caso a parer mio la squadra realizzò quell’ultimo step a Londra contro il Chelsea, il 16 Marzo del 2010. Fu quella sera che l’Inter maturò effettivamente la possibilità di giocarsi tutto. Le squadre mutano nel corso della stagione e molto del nostro futuro dipenderà da dove e come saremo tra un mese e mezzo circa.

Per il momento, ci accontentiamo di essere tornati in vetta al campionato e di aver vinto il derby. Ancora una volta: Milano è nerazzurra.

Il_Casa

Interista, fratello del mondo. Dal 1992 un'unica fede a tinte rigorosamente nerazzurre. Sobrio come Maicon, faticatore come Recoba.

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