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Vita, nerazzurra e non, di Faas Wilkes, il Tulipano Volante

Premessa: questo post, diverso dal solito, era in programma secondo un piano definito circa due settimane fa. I fatti di ieri sera ci hanno fatto porre la domanda se fosse giusto mantenerlo o spostarlo in un altro momento, a favore di un’analisi sulle oscenità offerte dal campo. Abbiamo deciso di proseguire con il nostro piano originale perché quello che vogliamo portare avanti è lo sport, quello vero, e la sua storia. Questa è la nostra priorità.
Per il resto ci sarà tempo, a mente fredda.
Oude Noorden è un tipico quartiere residenziale di fine ‘800 situato nella parte settentrionale di Rotterdam, costruito per alleviare il sovraffollamento della città come spesso è stato fatto dagli architetti e urbanisti olandesi nelle loro città di quell’epoca. Oggi, il comune di Rotterdam e le società immobiliari della zona cercano di riqualificare il quartiere per renderlo attrattivo ed accogliente (senza mai nominare il sostantivo “gentrificazione”, che invece andrebbe usato), dopo anni in cui Oude Noorden era uno dei regni dello spaccio e gli abitanti gareggiavano a chi avesse il reddito più basso. Ma prima della seconda guerra mondiale e subito dopo essa, questo era un quartiere popolare, pieno di vita, e con un’aria particolarmente favorevole per chi avesse voluto diventare un calciatore.

Sono nate e cresciute qui alcune leggende, locali e non: Wim Jansen, il piccolo centrocampista della nazionale olandese ai mondiali del 1974 e giocatore del Feyenoord con il quale ha vinto tutto; prima di lui un nome meno conosciuto per gli appassionati italiani, ma una vera e propria icona per ogni tifoso “Rotterdammers”: Coen Moulijn, ala veloce e tecnica, soprannominato “Mister Feyenoord”, e già dal soprannome s’intuisce qualcosa, con le sue 487 partite giocate con i biancorossi e, insieme a Wim Jansen, campione d’Europa nel 1970. 

Prima di loro, però, il 13 ottobre del 1923, ad Oude Noorden è nato un fenomeno: si chiama Servaas Wilkes, chiamato da tutti Faas. 

Nei piani di famiglia il giovane Faas dovrebbe diventare un mobiliere, perché il padre e lo zio hanno una ditta di traslochi, e insieme al fratello Leen dovrà, un giorno, rilevare l’impresa e portarla avanti. Il papà e lo zio vorrebbero espandere il servizio, avere uno dei due ragazzi capace di riparare la mobilia danneggiata sarebbe un bel colpo. Ma fare mobili non è la sua vocazione, e neanche fare traslochi. A Faas piace giocare a calcio, perché in quello sì che è bravo, anzi bravissimo: a dieci anni sa dribblare ogni ragazzino che gli si pari davanti, e quando incomincia a tirare calci al pallone in un piccolo club di Rotterdam, lo HION, spesso l’età del povero malcapitato sbeffeggiato da Faas con il pallone è molto più alta. E poi, segna. Segna un sacco di gol.

Alla HION rimane solo un anno, poi comincia ad andare a Schiebroek, un paesino della cintura intorno alla città, ancora più a nord di Oude Noorden. Oggi Schiebroek è parte integrante di Rotterdam, ed è il quartiere di fianco all’aeroporto. Nel 1932, invece, è il luogo dove la famiglia van Koetsveld, proprietaria e fondatrice del club Xerxes, ha deciso, dopo parecchie peregrinazioni in giro per gli impianti sportivi di Rotterdam e dintorni durate quasi trent’anni, di costruirsi il proprio stadio. E Faas a Schiebroek ci va proprio per giocare con le giovanili dello Xerxes fino al 1941, continuando a dribblare un sacco di avversari e a segnare un sacco di gol. Certo, nel frattempo qualcosa cambia: l’Olanda è invasa e occupata dai nazisti e nel 1941 Schiebroek viene accorpato a Rotterdam insieme ad altri paesini limitrofi alla città perché nel frattempo, il 14 maggio del 1940, Rotterdam è stata completamente distrutta.

Rasa al suolo dai tedeschi con un breve bombardamento che, però, ha scatenato un incendio che ha divorato l’intera città, lasciando in piedi solo 5 edifici, e 80.000 senza tetto che non sanno dove andare.

Le macerie di Rotterdam vengono rimosse, principalmente a mano, in 13 settimane. In 13 settimane non rimane più nulla, tranne i 5 edifici sopravvissuti ed un'enorme area vuota. Poi uno pensa a L'Aquila e s'incazza. twittalo

Ma non divaghiamo. Oude Noorden è ancora in piedi, gli affari però vanno male per la “Fa. Wilkes & Zoonen”, come si può facilmente intuire. Nonostante l’occupazione, il calcio prosegue normalmente e Faas in quella primavera del 1941 esordisce in prima squadra, a 17 anni, contro il CVV (da quelle parti la passione per gli acronimi legati alle squadre di calcio è roba antica, come si può vedere): lo Xerxes vince per sei a zero. Anche suo fratello Leen gioca nello Xerxes, è il portiere. A fine stagione, la squadra viene promossa nella “Eerste Klasse”.

Calcio dilettantistico, certo: nei Paesi Bassi del 1941 non esiste il calcio professionistico. Il giovane Faas, però, non capisce perché mai non dovrebbe poter far fruttare economicamente quel talento calcistico di cui è strapieno. Infatti lui continua a dribblare tutti e a segnare un sacco di gol, esattamente come faceva a dieci anni e come ha fatto ogni anno che ha giocato con i ragazzi dello Xerxes. Così, quando l’MVV di Maastricht si fa avanti con i fratelli Wilkes per portarli entrambi in Limburgo, i due ragazzi pensano bene di dare una mano al papà e allo zio in difficoltà, e accettano il trasferimento in cambio di due camion Bedford. Nell’idea del calcio dilettantistico olandese, elevata al quadrato dalla mentalità fondamentalmente calvinista della cultura di quel paese, il compenso è uno scandalo. La federazione squalifica così Faas per un anno, e i due fratelli, d’accordo con il club che li voleva portare a Maastricht, rinunciano al trasferimento. E ai camion.

Il colpo è duro. Faas torna a giocare allo Xerxes e, nonostante il disappunto, il suo talento comincia a brillare di luce intensissima, ma sempre per la maggior gloria della famiglia van Koetsveld. La guerra volge al termine, il campionato 1944-45 non si disputa: in molte parti dei Paesi Bassi si combatte duramente e molte città subiscono bombardamenti; anche dove i cannoni non sparano non c’è letteralmente niente da mangiare, in quello che passerà alla storia olandese come Hongerwinter, “l’inverno della fame”. Però poi la guerra finisce, c’è da ricostruire un Paese dove molti hanno collaborato con i nazisti, e c’è molto risentimento, com’è ovvio che sia. Bisogna ricostruire le case, le strade, le fabbriche e i quartieri, ma bisogna ricostruire anche gli animi, e il calcio serve anche a questo.

Così si riparte subito con la stagione 1945-46, e proprio il 10 marzo del 1946 Faas inizia a giocare anche per la sua nazionale: in un’amichevole in Lussemburgo vinta 6 a 2, il ventitreenne esordiente di Oude Noorden si presenta segnando quattro reti all’esordio. È record. In realtà solo eguagliato, perché nel 1905 tale Eddy de Neve, un olandese delle colonie, ha segnato 4 reti al Belgio all’esordio non solo suo personale, ma assoluto dell’Olanda in una partita internazionale, per giunta facendone 3 nei tempi supplementari. Però quelli erano altri tempi: oggi, quelle 4 reti di Faas al Lussemburgo sono un’altra cosa. E soprattutto gli altri 3 fatti a maggio contro il Belgio, nella seconda partita con la maglia della nazionale, e poi altri 2 nella terza, sempre contro i vicini di casa, valgono moltissimo. Poi verranno anche le tre reti segnate alle Olimpiadi di Londra del 1948.

Faas arriverà nel 1949 ad avere 17 gol in 18 presenze, poi non giocherà più con la nazionale olandese per quasi sei anni. E sarà colpa dell’Inter, in un certo modo.

Le prodezze di quel ragazzo dal dribbling facile, facilissimo, cominciano a farsi strada persino nel mondo calcistico di un’Europa semi-distrutta: anche se vengono da una nazione assolutamente fuori dalle grandi imprese del calcio, il suo nome comincia a circolare. Sì, perché l’Olanda, fino a quel momento, semplicemente nella storia del calcio non esiste, è irrilevante: nessun club di chiara fama internazionale, due medaglie di bronzo alle Olimpiadi del 1908 e del 1912 per una nazionale che, in seguito, è andata fuori dopo una sola partita sia ai mondiali del ’34 (contro la Svizzera) sia ai mondiali del ’38 (contro la Cecoslovacchia). Però oggi c’è lui, c’è quell’altro grande attaccante, Abe Lenstra, e l’altra ala, Kees Rijvers: insieme formano il “Gouden Binnentrio”, il Terzetto d’Oro. Insomma, c’è ottimismo, ci sono le olimpiadi da giocare nel 1948, pare che il mondiale si farà di nuovo nel 1950 e stavolta l’Olanda potrà dire la propria, con quei tre là davanti.

Che la fama di Faas abbia superato i mulini a vento lo dimostra il fatto che venga chiamato a giocare il 10 maggio 1947 all’Hampden Park di Glasgow, davanti a 130mila spettatori, una partita tra una selezione britannica e una di stelle europee per festeggiare la riammissione delle federazioni di Inghilterra, Scozia e Galles alla FIFA. Stanley Matthews e Tommy Lawton guidano i britannici alla vittoria per 6-1: nelle file degli “europei” gioca anche Carletto Parola, e ci sono anche due svedesi molto forti: Gunnar Gren e Gunnar Nordhal. Quando Faas è in mezzo a tutti quei campioni, chiaccherando un po’ qua e un po’ là viene a sapere quanto guadagnano i suoi colleghi in Inghilterra, in Francia, in Italia. A questo punto, Faas prende la risoluta decisione che quel talento che ha in abbondanza va ricompensato, e non è giusto che non possa avere ciò che, evidentemente, merita tanto quanto gli altri che ha conosciuto in Scozia.

Nel 1948 va quindi a Londra per un giro esplorativo per vedere quanto può guadagnare col calcio. Il giro va a buon fine, il Charlton Athletic offre un contratto a Faas. Però la Reuter riporta la notizia che ha già firmato, e la cosa ha un’eco immediata in tutta l’Olanda. Ancora una volta, l’affronto è insopportabile per il dilettantismo calcistico, e la federazione arancione è pronta a squalificarlo di nuovo. Faas rientra in Olanda e chiarisce che non ha firmato nulla col club inglese, anche perché stavolta una squalifica comprometterebbe le Olimpiadi e soprattutto i mondiali, ai quali l’ala olandese tiene particolarmente, e così l’avventura londinese finisce qui. Alle Olimpiadi Faas gioca, l’Olanda viene eliminata dopo due incontri giocati contro l’Irlanda e la selezione della Gran Bretagna, ma lui segna tre reti e si fa ammirare ancora una volta da chiunque sia presente a Londra per il calcio dei giochi olimpici. Poi, l’anno successivo, il colpo di scena: la federazione olandese rinuncia, come molte altre, alla partecipazione ai mondiali brasiliani del ’50, e Faas a questo punto si maledice per non aver firmato con il Charlton.

Sembra tutto finito, ma il meglio deve ancora cominciare: nell’estate del 1949, Faas riceve una visita dall’Italia. È uno scout del Milan, che sta facendo razzia di campioni. Si possono ingaggiare massimo tre stranieri nella serie A, e i rossoneri hanno adocchiato lui e un paio dei suoi compagni di squadra di quella partita di Glasgow, i due svedesi. Di certo l’emissario rossonero sa bene cosa può fare quel ragazzo alto e velocissimo, dal piede di velluto e dal dribbling fenomenale.

La rivalità a Milano però è feroce, e il livello è alto. La stagione precedente è quella segnata dalla tragedia di Superga: l’Inter è arrivata seconda, il Milan terzo. Purtroppo, il Grande Torino non c’è più, e il presidente Carlo Masseroni non ha dubbi su chi debba riempire quel vuoto: vuole che sia la sua Inter

La situazione di Faas evolve in maniera rapida e imprevedibile, perché Giulio Cappelli, ex-calciatore, medaglia d’oro a Berlino con la nazionale italiana nonché direttore tecnico dell’Inter, invita Wilkes a Milano. In un ristorante gestito da un olandese che ovviamente funge anche da interprete, si definiscono i dettagli: Faas stavolta è deciso, sessantamila fiorini all’anno è una cifra astronomica che nessuna squalifica in patria può indurre a rifiutare, tanto più che ai mondiali a fine stagione non ci andrà, né lui né nessun altro calciatore olandese. Ed è così che Faas Wilkes da Oude Noorden, finalmente, raggiunge l’obiettivo che rincorreva sin dall’inizio della sua carriera: guadagnarsi da vivere grazie al suo amato pallone, ai suoi spettacolari dribbling, ai suoi tanti gol. Faas accetta l’offerta e sbarca a Milano, sponda nerazzurra, lasciando i rossoneri con un palmo di naso.

Faas è il quarto giocatore olandese che firma un contratto da professionista all’estero, ma è il primo che va in un club tra i più famosi del mondo per una grossa somma. Per il calcio olandese è uno shock: addio “Gouden Binnentrio”. Karel Lotsy, presidente della commissione tecnica della KNVB, gli dice: “Sei un traditore della patria, perché non si può chiedere del denaro per giocare a calcio!”, e gli notifica il bando dalla nazionale: non sarà più chiamato. Abe Lenstra si lamenta del suo individualismo, e una volta gliel’ha detto anche in campo:

“Faas, il calcio è un gioco di squadra! E si gioca undici contro undici!”

“Abe, quando ne faccio fuori quattro in dribbling, diventa undici contro sette, ed è molto più facile…”

Ben presto Lenstra si rende conto che, probabilmente, Faas non aveva tutti i torti: nelle 18 gare disputate da Faas con la nazionale, l’Olanda ne ha perse solo tre, due delle quali contro i maestri inglesi. Il Terzetto d’Oro funzionava, eccome. Invece, senza Wilkes e i suoi dribbling ubriacanti, la nazionale olandese vince solo tre partite in sei anni. L’Olanda è sparita di nuovo dalla geografia del calcio, senza neanche aver dimostrato di poterci entrare davvero.

All’Inter i tifosi impazziscono nel vedere questo giocatore elegante, dal dribbling “di una bellezza irresistibile”, come dirà anni dopo Herman Kuiphof, il telecronista più famoso del calcio olandese. Ne fa tanti,di dribbling, e segna anche tanti gol, perché ha un tiro devastante con entrambi i piedi: 17 al suo primo anno milanese. È l’Inter di Benito Lorenzi, di Nyers, di Amadei. Ma per i giornalisti sportivi, adesso è anche l’Inter del Tulipano Volante, così come viene chiamato. E a lui, primo olandese a giocare nell’Inter, piace: De Vliegende Tulp, e cominciano a chiamarlo così anche in patria. Purtroppo Faas non basta: il titolo va alla Juve, Milan secondo, Inter terza ma lontanissima, nonostante i 30 gol di Stefano Nyers.

Masseroni vuole lo scudetto: ha visto che la classe comunque in squadra non manca, così aumenta gli sforzi. Assume come allenatore Aldo Olivieri, che aveva portato l’Udinese dalla C alla A in due stagioni, e ingaggia anche lui uno svedese: è Lennart Skoglund, detto “Nacka”, dal quartiere di Stoccolma dov’è nato e cresciuto. Un altro talento purissimo, classe sopraffina e dribbling imprevedibile. Nyers, Lorenzi e Skoglund formano il trio d’attacco, Faas gioca dietro di loro, quasi da mezzapunta. La stagione inizia e l’entusiasmo è enorme: pareggio contro la Lazio, poi 4 vittorie di fila; sconfitta a Busto Arsizio e altre sette vittorie una dietro l’altra, tra cui il derby (2-3) e un secco 3-0 ai bianconeri campioni d’Italia. Faas segna uno dei tre gol, e ne fa 15 nelle prime 15 partite, una media stratosferica. Poi vittorie e pareggi, e l’Inter è campione d’inverno: un punto sopra al Milan, due sopra la Juve.

Il girone di ritorno inizia con due sconfitte in trasferta a Como e Trieste, il Milan va in testa, l’Inter non ha più il passo di prima, poi si riprende ma la distanza rimane invariata, Milan sopra di tre. La Juve si stacca ed è fuori dai giochi, il derby di marzo segna il campionato: 0-1 con gol di Nordahl. Milan avanti di 5, poi di 4 punti, ma sempre avanti. Troppo, considerata la forza delle due squadre e i due punti per vittoria di allora. Si arriva alle ultime, drammatiche, tre giornate: l’Inter batte il Novara, il Milan pareggia a Firenze e il vantaggio scende a tre punti. Alla penultima, il Milan perde in casa con la Lazio, ma l’Inter non ne approfitta e perde a Torino. È finita.

L’ultima giornata è solo per la beffa di perdere il titolo per un punto soltanto, perché l’Inter batte il Genoa e il Milan perde anche l’ultima. I rossoneri guidati dal celeberrimo trio svedese Gre-No-Li si vendicano di Faas Wilkes nel modo più beffardo. L’Inter chiude a 107 gol fatti, eguagliando le reti fatte dai rossoneri, di cui 31 segnati da Stefano Nyers, e 23 da Faas Wilkes che ha giocato tutte e 38 le gare di campionato. E, incredibilmente, non è bastato neanche questo.

Il terzo anno di Faas in maglia nerazzurra non è come i primi due: l’Inter chiude ancora una volta terza, dietro la Juve vincitrice del titolo e Milan. Faas segna solo 7 reti e gioca solo 23 partite, accusando problemi fisici che spingeranno il club a cederlo al Torino a fine stagione. Anche l’anno in maglia granata è condizionato da questi infortuni e gioca poco, alla fine decide di lasciare l’Italia per la Spagna. A Valencia è tutta un’altra storia: torna l’imprevedibile funambolo conosciuto ormai da tutti (“Que fa, Faas?”, il ritornello dei tifosi valenciani per indicare appunto che non si sa mai cosa potrà fare quel mago del dribbling quando ha la palla al piede). Nel 1954 vince quella che oggi è la coppa del Re, mentre allora era la coppa del Generalissimo, chiamata così per omaggiare il dittatore Francisco Franco, e l’anno dopo torna anche in nazionale: la federazione ha finalmente tolto il bando per chi decide di giocare a calcio da professionista, e Faas viene richiamato.

Non riuscirà ad andare a nessun mondiale, giocherà le gare di qualificazione segnando anche una rete, ma non parteciperà né a quelli del ’58 e nemmeno a quelli del ’62, perché l’Olanda non è più competitiva come negli anni immediatamente precedenti la sua squalifica, e il Goude Binnentrio ha perso lo smalto. Purtroppo, Faas manca anche l’unico successo degno di nota della “Nederlands Elftal” di quegli anni: la vittoria del 1956 a Düsseldorf per 2-1 contro la Germania Ovest campione del mondo, che a undici anni di distanza dalla fine della guerra è tutto tranne che una partita di calcio. Segna due gol il suo vecchio amico Abe Lenstra, ma lui in quella gara non c’è.

Giocherà l’ultima gara in nazionale nel 1961, a 38 anni, contro la Germania Est: con 35 reti in 38 presenze è, in quel momento, il recordman in maglia arancione per gol segnati. Il suo record verrà battuto da Dennis Bergkamp nel luglio del 1998, che chiuderà con 37 reti segnate, ma gli ci saranno volute ben 41 partite in più per superare il ragazzo di Oude Noorden.

Nel 1956 Faas decide di tornare in Olanda, dove il VVV lo ingaggia per 50.000 fiorini l’anno, e finalmente può giocare a pallone nei Paesi Bassi dietro compenso. Certo, con 15 anni di ritardo, sempre in una squadra limburghese, e due camion Bedford in meno, ma finalmente ce l’ha fatta. Però, dopo gli anni trascorsi in Italia e in Spagna a giocare con e contro campioni assoluti, l’ambiente del calcio olandese è troppo elementare per i suoi gusti, per cui torna a Valencia nel ’58 per trasferirsi stavolta al Levante come giocatore-allenatore in ‘Segunda Division’: l’avventura non va come sperava e rimane a Valencia una stagione sola, poi torna ancora una volta in Limburgo, stavolta al Fortuna ’54 (oggi Fortuna Sittard), e ci rimarrà tre stagioni, le sue ultime in Eredivisie.

Nel 1962 tornerà allo Xerxes, a giocare in ‘Tweede Divisie’, coronando il sogno di essere pagato (poco, ma pagato) per giocare a calcio a casa sua. Nel 1964, dopo 23 stagioni, 492 partite e 256 reti segnate, Servaas ‘Faas’ Wilkes decide che può bastare così. Dopo il ritiro non cercherà mai un lavoro nell’ambiente, ma aprirà il “Monisima”, un negozio di moda all’interno dell’hotel Hilton a Rotterdam, insieme alla moglie Mona-Yvonne, e si dedicherà solo a quello.

Chi era Faas Wilkes? Per i ragazzi di Rotterdam e di tutta l’Olanda un giocatore da imitare, un top player quando il termine era di là da venire, e soprattutto, in un paese dove non esisteva alcuna squadra di vertice o chiara fama al di fuori dei Paesi Bassi, rappresentava il calcio olandese nel mondo

Benito Lorenzi, lo ricorda così: “Ho sempre detto qualcosa a qualcuno in campo, non stavo mai zitto. Ma per niente, eh? Ho sempre parlato, camminando in giro per il campo: ‘tu, vai lì!’, ‘cosa ci fai là?’, e così a tutti. A tutti tranne che a uno. A Servaas non dovevo mai dire niente. Perché Servaas era sempre al suo posto, sempre, e non aveva bisogno di essere corretto. Tutto quello che dovevamo fare era aspettare di ricevere palla da lui. Poteva volerci un po’ di tempo, certo, ma in ogni caso eravamo completamente liberi, perché aveva già dribblato tutti i difensori da solo. Ho segnato grazie a lui così tanti gol…”

“Gianni Invernizzi mi dice sempre ‘Benito, sei il più grande’, ma io gli rispondo sempre ‘No, il più grande di tutti è Servaas’. La gente vuole sempre vedere allo stadio giocatori come lui, e l’Inter non avrebbe mai dovuto lasciarlo andare via”

Nel volume “Il secolo dell’Inter” Faas Wilkes è descritto come un “mulino a vento olandese, con grandi braccia rotonde”. E come una figura un po’ clownesca, “con quelle grandi scarpe da calcio”. Faas era arrivato a Milano con i bellissimi e pesanti scarpini ‘Kickmen’ britannici di Manfield, dove i calciatori già usavano scarpe da calcio leggermente aerodinamiche. Sempre secondo lo stesso libro, Faas era sposato con una ‘principessa giavanese’, che altri non era che la sua Mona-Yvonne. Con il fatto che sembrasse un mulino e che la bella signora Wilkes sembrasse una principessa, Lorenzi era d’accordo; con l’atteggiamento clownesco che Faas sembrava richiamare, assolutamente no. “Era uno che scherzava sempre e volentieri, questo senz’altro, e sempre per scherzo lo chiamavo ‘Piccolo’, perché era lungo come una pertica. Ma Servaas non era un clown. Usava le sue lunghe braccia in modo da rendere difficile portargli via la palla, e magari occasionalmente usava un gomito, ma mai per il gusto di farlo. Una volta, un difensore l’ha picchiato per tutta la partita ed era diventato così fastidioso che Servaas, ad un certo punto ed improvvisamente, l’ha afferrato per la gola dopo aver subito l’ennesimo placcaggio: ‘Ora, o giochi a calcio o ti faccio smettere di giocare a calcio!’, gli ha urlato. Quando l’ho visto, gli ho detto: ‘Faas, sei un fenomeno!’“.

Antonio Puchades, suo compagno al Valencia, di lui dice così: “Faas era il miglior dribblatore che abbia mai visto. Una specie di giocoliere. Era incredibilmente difficile toglierli la palla. La gente si è divertita con lui, e veniva allo stadio per vedere Wilkes. È arrivato da noi come la stella della squadra, naturalmente, e con lo stipendio migliore, ma non si è mai comportato da divo. Gli abbiamo voluto bene tutti quanti, ed era anche uno che scherzava moltissimo con noi. Non voleva pensare solo al calcio, aveva deciso di divertire la gente allo stadio ma anche a divertirsi fuori dal campo. Spesso, con metà della squadra, siamo venuti assieme nella mia grande casa di El Perell, mangiando paella e giocando a calcio sulla spiaggia” .

Poi, nel 1964, un diciassettenne di Amsterdam inizia a giocare con la prima squadra dell’Ajax, e quando gli chiedono a chi si ispira, lui risponde “Il mio modello è Faas Wilkes”

Quando molti anni dopo il ragazzino ormai 52enne viene chiamato, nel 1999, a stilare “la nazionale olandese del secolo”, lui snocciola undici nomi: van der Sar, Gullit, Rijkaard, Krol in difesa (beh, Guardiola da qualcuno deve aver preso), Neeskens e van Hanegem in mezzo, van Basten, Wilkes, Cruyff (senza falsa modestia, ma non c’era alcun pericolo), Lenstra e Keizer.

Servaas ‘Faas’ Wilkes è morto il giorno di Ferragosto del 2006, purtroppo il suo cuore non ha dribblato i problemi come faceva lui in campo, e quel giorno ha semplicemente smesso di funzionare. Ha divertito tifosi di tre nazioni, ha esaltato il popolo nerazzurro dei nostri padri e dei nostri nonni. A me piace pensare che quando se ne sia andato, abbia continuato però a vincere in molti modi. Il direttore generale della KNVB Henk Kesler, dopo la sua morte, ha detto:

“Faas ha messo l’Olanda sulla cartina geografica del calcio, è un monumento del nostro football”

La stessa federazione che, meglio tardi che mai, dopo la sua scomparsa gli ha chiesto ufficialmente scusa per la sospensione dalla nazionale durante gli anni nerazzurri e quelli immediatamente successivi.

Mi piace pensare che non abbia avuto troppi rimpianti nella sua carriera: certo, solo una coppa del Re per un giocatore così è davvero poco. E certo, quello scudetto con l’Inter avrebbe dovuto davvero poterlo festeggiare; ma sentendo suo figlio Michael dire “mio padre era un grande calciatore, naturalmente, ma soprattutto un genitore fantastico”, credo che sarebbe d’accordo con me nel dire che questo è il gol più bello che abbia mai segnato.

“A volte la gente si avvicinava con le domande più folli, tipo ‘Faas, domani è il compleanno di mia moglie, secondo te che potrei regalarle?’, e lui rideva di gusto. Poi, seriamente, mi guardava e diceva: ‘Figliolo, è molto semplice: quelle persone hanno pagato il mio stipendio, e vogliono un po’ della mia attenzione’. Mio padre scoprì che non poteva deludere quelle persone, e ha sempre trovato il tempo per loro, sia col suo stile di gioco quand’era in campo, e in seguito anche fuori”.

Lo Xerxes, oggi XerxesDZB, squadra che milita tra i dilettanti, ha costruito nel 2010 a Zevenkamp, non troppo lontano da Schiebroek, il proprio nuovissimo centro sportivo. A dispetto del fatto che il club non abbia mai militato ad alti livelli, se non pochissime stagioni nella massima serie, può però annoverare tra le fila di chi ha giocato con la sua maglia molti giocatori importanti: Coen Moulijn, “Mr. Feyenoord”, di cui abbiamo detto all’inizio; Hans Dorjee, Rob Jacobs ed Eddy Treijtel, nomi che non dicono nulla all’appassionato italiano, ma che invece rappresentano molto per il calcio olandese; Leo Beenhakker e Wim van Hanegem, e questi nomi non richiedono spiegazioni neanche dalle nostre parti. Ma il centro sportivo di Zevenkamp non porta il nome di nessuno di questi giocatori plurivincitori di tanti trofei, dalla coppa dei Campioni alla coppa d’Olanda, da titoli vinti in patria a titoli vinti all’estero. Nossignore.

Il centro sportivo dello Xerxes si chiama “Sportpark Faas Wilkes”.

Hendrik van der Decken

Il capitano dell'Olandese Volante, condannato a guardare il calcio per l'eternità senza mai vedere il 433 in nerazzurro. Posso toccare terra solo quando l'Inter vince in Europa, perché quando accade c'è sempre un "Oranje" in squadra. Mentre navigo, guardo l'Inter, un sacco di Eredivisie, Jupiler League e Keuken Kampioen Divisie, bestemmiando l'Inter e il N.E.C.

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philosgamma
philosgamma
4 anni fa

Complimenti per la capacità narrativa, un racconto di calcio che mi ha emozionato.

xEvaristoX
xEvaristoX
4 anni fa

Hendrik: grandissimo!
Io che sono un grande fan degli “amarcord” sulla nostra storia (il passato non va dimenticato, mai) non posso che dirti: I want more!

alan4367
alan4367
4 anni fa

Hendrik è sempre un piacere leggere le tue storie.

PS: gliela dici una buona parola a VDB per venire da noi?

Suzie Q
Suzie Q
4 anni fa

Grazie, dovreste in futuro fare un libro con questi articoli, troppo bello.

SgtPepper
SgtPepper
4 anni fa

Bellissimo post!
Belle storie che si leggono con piacere.
Fatene ancora !

Nk³
Nk³
4 anni fa

C’è un nuovo post sui fatti di ieri

Gianluca Gori
Gianluca Gori
Rispondi a  Nk³
4 anni fa

Letto analizza alla perfezione lo status quo ! Ma mi sorge spontanea una domanda perché le altre società non si coalizzano contro la strafottenza ovina presentando un dossier alla fgc !?

roby andria
roby andria
4 anni fa

Daincorniciare e diffondere urbis et orbis anche se non freschissimo, quando gli arbitri non sono sensibili come Giua ieri sera all’ultimo secondo https://www.milannight.com/redazionali/con-tanti-omaggi-signora/

Gianluca Gori
Gianluca Gori
4 anni fa

ma anche voi vi domandate se ha ancora senso partecipare a questo campionato !?

DrJ
DrJ
4 anni fa

Fantastico. Meravigliosamente scritto. Una sola parola: complimenti!

Hendrik_van_der_Decken
Hendrik_van_der_Decken
Rispondi a  DrJ
4 anni fa

Grazie Doc

Tiziano
Tiziano
4 anni fa

Bello. Bello bello.
Della serie La Storia Siamo Noi
Veramente un piacere da leggere.
Dacci anche Skoglund, un preferito di mio padre che, dopo, parecchio dopo, disse: “quell’irlandese assomiglia a Skoglund”

Era George Best

Per dire com’era..

Python
Python
4 anni fa

Ma che meraviglia @Hendrick_Vanderdecken:disqus

Grazie!

Hendrik_van_der_Decken
Hendrik_van_der_Decken
Rispondi a  Python
4 anni fa

A te!

Mandorlo
Mandorlo
4 anni fa

Non so se l’ho notato solo io, ma Bonucci dopo il suo gol, davanti alla telecamera lo ha dedicato, mimando con le dita, a LM.
Chi sarà?

Nk³
Nk³
Rispondi a  Mandorlo
4 anni fa

Li Mortacci.
Sua, per la precisione. Ma aveva solo due mani a disposizione.

Vujen
Vujen
Rispondi a  Mandorlo
4 anni fa

Lautaro Martinez, non c’è altra spiegazione.

Semperfi
Semperfi
4 anni fa

Davvero una bellissima storia di vita, una leggenda per gli amanti di questo sport, come molte leggende non poteva che appartenere ad una Societá come l´ FC.Internazionale Milano.
Ahoy Captain!! ?
http://woodartusa.com/wp-content/uploads/2017/02/747-dutchman20inch-Copy.jpg

Giàcomo
Giàcomo
4 anni fa

Bellissimo.
Storia di calcio, di vita, dell’uomo.
Il mio target preferito, se interessa.
Complimenti a @Hendrick_Vanderdecken:disqus, ottimo inizio.

Melito
Melito
4 anni fa

Piuttosto. Ieri sera ho letto molte cose sia qui che su twitter sui vari episodi arbitrali della 10ima giornata.

Consiglio di dare un’occhiata all’articolo di Marelli sul suo blog. Come spesso accade, sono d’accordo con le sue interpretazioni:

10^ giornata: Giua e Giacomelli protagonisti di decisioni quantomeno discutibili

Javier +
Javier +
Rispondi a  Melito
4 anni fa

Grazie, interessante, misurato e competente.
Certo il risultato nella valutazione dell’operato degli arbitri non cambia, sia che parli un ex arbitro professionista sia l’ultimo dei tifosotti beceri come me. Una qualunque mente da 6 meno meno ci arriva dopo 3 giornate a capire che fanno quello che vogliono.
C’è poco da stare allegri.

interella
interella
Rispondi a  Javier +
4 anni fa

molte squadre sono state truffate ieri sera meno la solita nota…e’ un grave problema generale, si falsa l ennesimo campionato continuando su questo andazzo e non mi riferisco solo alla lotta scudetto, per quanto mi riguarda da tifosa interista non c’è più posto in serie a….o vanno a giocare altrove loro o noi.

interella
interella
Rispondi a  Melito
4 anni fa

che poi sono quelle che abbiamo sottolineato noi ieri sera in maniera sommaria non essendo ex arbitri.

Melito
Melito
Rispondi a  interella
4 anni fa

Però ho anche letto commenti di alcuni utenti (alcuni dei quali autorevoli come AdV) che definivano l’intervento su liorente non da rigore. O perlomeno viziato da un precedente intervento falloso dell’attaccante.
Come se un intervento non sanzionato rendesse un successivo intervento falloso non passibile di sanzione.

Boh, stamattina ho aspettato con ansia l’articolo di Marelli per capire se ero strano io.

Eraldo Palazzo
Eraldo Palazzo
Rispondi a  Melito
4 anni fa

Ecco perche’ non finiro’ mai di ripetere che e’ assolutamente necessario che le squadre devono avere la possibilita’ di chiamare in causa il V A R per azioni sospette, come fanno in altri sports. Finche’ la tecnologia e’ sotto il totale controllo arbitrale sara’ usata a loro piacimento, quindi neutralizzata , se necessario.

Mandorlo
Mandorlo
4 anni fa

Storia bellissima che si beve d’un fiato.
Mi fa pensare che gli uomini una volta fossero di un’altra pasta.
Grazie

Hendrik_van_der_Decken
Hendrik_van_der_Decken
Rispondi a  Mandorlo
4 anni fa

A te, per aver preso del tempo per leggerla

Melito
Melito
4 anni fa

Grazie Hendrik. Lacrimuccia.

Nk³
Nk³
4 anni fa

I brividi lungo la schiena.
Avevo iniziato la mattinata dicendo a telefono a mio padre “mi stanno facendo passare la voglia anche quest’anno”. Questo post me l’ha fatta tornare. Bellissimo, e sono questi i messaggi che vogliamo passare qui sopra.

Grazie @Hendrick_Vanderdecken:disquse benvenuto ufficialmente a bordo!

Hendrik_van_der_Decken
Hendrik_van_der_Decken
Rispondi a  Nk³
4 anni fa

Grazie a tutti voi

interella
interella
4 anni fa

è una storia bellissima, complimenti, arrivata fino alla fine e riletto anche qualche passaggio, avevo sentito parlare del tulipano volante dai miei avi e ho sempre pensato che la scuola calcio olandese abbia sfornato dei talenti purissimi e in parte continui la tradizione.

Hendrik_van_der_Decken
Hendrik_van_der_Decken
4 anni fa

Se siete arrivati fino alla fine, insultate me ma lasciate stare mia mamma. E anche Faas.

Daniele Ravizza
Daniele Ravizza
Rispondi a  Hendrik_van_der_Decken
4 anni fa

Bravo Milestemplaris giusto? Splendido racconto vita e di sport.. Della Juve Me ne frego.. C’è solo. L’Inter e secondo me anche AC comincia a capire…

Hendrik_van_der_Decken
Hendrik_van_der_Decken
Rispondi a  Daniele Ravizza
4 anni fa

Grazie!

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