Dei Campioni del Mondo del 1982 si ricordano ormai tutti: dal 18enne baffutissimo Zio Bergomi a Spillo Altobelli, passando per Lele Oriali e addirittura Giampiero Marini, anche lui presente con la fantastica rappresentativa di Bearzot e protagonista, pur da subentrato, della semifinale contro la Polonia.
Per quelli della mia generazione è forse più semplice rammentare proprio i Mondiali casalinghi del 1990, con almeno un membro della Beneamata per reparto: oltre al sottoscritto, a dire il vero impiegato soltanto nelle ultime due partite del girone e poi solo per pochi, residui scampoli, tra ottavi e finaline per il terzo posto, potevamo vantare (almeno fino alla semifinale contro l’Argentina…) di avere tra i pali il portiere titolare, quel Walter Zenga imbattuto per quasi 600 minuti e poi beffato da un momento-Handanovic che quella Nazionale pagò a carissimo prezzo, un Riccardo Ferri in grande spolvero, ancora Beppe Bergomi in qualità di condottiero e capitano dal sopracciglio di qualità, e il buon Aldo Serena, decisivo in positivo contro l’Uruguay e in negativo nella amarissima roulette dei rigori contro Goigoechea.
Ma c’è tutto un substrato di nerazzurri capaci di vestire, spesso per motivi a noi sconosciuti, la casacca dell’Italia almeno una volta nella vita: vorrei ricordarvene alcuni, anche per farvi capire come nella vita non ci si debba mai arrendere.
E secondo voi è forse un caso che io parta da Cristiano Biraghi?
È storia recente, perché il buon Mancio gli ha regalato la gioia di ben TRE partite da titolari nelle recenti qualificazioni per Euro 2020 (manifestazione poi rinviata per il Covid-19, un caso? Noi di Bauscia Café crediamo di no), contro avversari contro cui il terzino dai tatuaggi discutibili ha potuto addirittura sembrare normodotato: Finlandia (paese che ama il nostro podcast e che salutiamo), Liechtenstein e Armenia.
Persino Lele Adani, prima di diventare l’Enciclopedia della Garra Charrua, ha avuto l’onere e l’onore di scendere in campo con gli azzurri, peraltro senza accorgersene: per lui due amichevoli contro Repubblica Ceca e Portogallo, e dei capelli bellissimi.
Ma è proprio con i terzini sinistri -di cui parliamo diffusamente proprio nell’ultima puntata del nostro podcast– che l’Inter ha regalato alla selezione italiana il meglio del meglio, creando un vero e proprio enigma sportivo: come altro spiegarsi il fatto che questa sequenza di nomi abbia avuto modo di vestire la maglia azzurra senza neppure dover chiedere scusa? Luigi Sartor, Francesco Coco, Giovanni Pasquale, Davide Santon, Fabio Grosso.
Attenti, perché leggendoli esattamente in quest’ordine vi apparirà Gresko in camera da letto, vestito con la sola bandiera della contrada dell’Oca, mentre canta l’Internazionale Comunista.
C’è anche un’Inter targata Italia tutta hipster che farà felici quelli tra di voi che si ostinano ancora a indossare salopette e baffi a manubrio: Pierino Fanna in una amichevole del settembre 1985 contro la Norvegia; Cristiano Zanetti, eterna promessa funestata da infortuni e da giocatori più forti di lui, titolare in tre partite dei Mondiali 2002 e nelle qualificazioni per Euro 2004; Alessandro Bianchi, probabilmente la miglior ala del paese nell’anno dello scudetto dei record, convocato da Arrighe nel percorso verso USA 94 e purtroppo penalizzato dal gravissimo infortunio del 1993; Antonio Manicone, operaio del nostro centrocampo e protagonista di una delle stagioni interiste più assurde che i tifosi possano ricordare, quella del 93/94 (vittoria in UEFA e retrocessione in B evitata per una serie di coincidenze più o meno clamorose), titolare in una Estonia-Italia che rimarrà la sua unica presenza in Nazionale; Ciccio Moriero, funambolo di fine anni 90 e protagonista di una interessante staffetta con Di Livio in Francia 98; Gianfranco Matteoli, regista della SuperInter del Trap e con 6 dignitosissime presenze totali in azzurro.
Ma vorrei riportarvi sulla terra pregiandomi di ricordare come anche Andrea Ranocchia, Antonio Candreva, Matteo Politano e Roberto Gagliardini siano stati capaci di indossare la maglia azzurra da interisti. Sì, avete capito bene. Da interisti. Segno evidente di come, in un periodo della loro carriera, siano riusciti a fingere benissimo di poter davvero sembrare giocatori di calcio.
La lista continuerebbe ancora con nomi lontani nel tempo e altri invece molto più altisonanti, se non addirittura autentici miti come Mario Corso, Roberto Boninsegna, Tarcisio Burgnich, Giuseppe Meazza, Aristide Guarneri, Benito Lorenzi, Armando Picchi, ma preferisco optare per una Operazione Simpatia e lasciarvi l’immagine dell’Interista in Nazionale che più di altri fu capace di regalarmi una gioia autentica nel cuore, a prescindere dai risultati ottenuti sia col nostro club che con gli azzurri: Marco Materazzi e la testata di Zinedine Zidane.
E voi a quale generazione appartenete? Quali interisti in Nazionale ricordate con maggior affetto o inguaribile odio sportivo? twittalo