Bauscia Cafè

Serata storta (?)

Personalmente non credo nè alle seratacce, nè tanto meno agli incidenti di percorso.
Credo piuttosto alle partite preparate male, a momenti dove sfortuna e insipienza tecnica vanno a braccetto, ad avversarie più forti o semplicemente più organizzate.
Ecco, Inter-Fiorentina è stata probabilmente un bignami su come NON affrontare un match di Serie A: farne un’analisi tecnica significherebbe dare del caprone al tecnico e a tutti i giocatori scesi in campo, tra i quali salverei il solo Icardi per il gol e l’impegno profuso nonostante l’assenza di rifornimenti.
“Una partita nata male” spesso è un concetto utilizzato per non saper ammettere di non averci capito una sega: Mancini probabilmente lo sa, o non avrebbe continuato a difendere le sue scelte, una roba che neanche nelle formazioni di emergenza a Football Manager un qualsiasi allenatore si sarebbe mai sognato di schierare.
Un cambio di modulo delirante e ingiustificato, che nelle intenzioni di Mancini avrebbe dovuto interpretare i punti di forza della Fiorentina e bloccarli sul nascere, causando invece il caos perpetuo tra gli undici in campo: Santon centrale difensivo, Perisic a fare il Jonathan, una mediana che continua a preferire l’ignoranza di Guarin alle garanzie che potrebbe dare Brozovic, per finire con la tenerezza che suscita Palacio, l’emblema del “vorrei ma non posso più” mentre Ljajic scalpita in panca e, verosimilmente, dopo Rossi prenderà a schiaffi anche il Mancio a stretto giro di posta.
E per un Handanovic disastrosamente difettoso sul rigore provocato e sul secondo gol, esistono altrettante responsabilità da distribuirsi omogeneamente: insomma, è colpa di tutti, anche perché la Fiorentina non è certo venuta a San Siro a proporre calcio spumeggiante. Le sono bastati una buona organizzazione, freschezza atletica e il giusto cinismo: una serata da grande squadra, facilitata da un’Inter che non può e non deve essere l’accozzaglia di nulla vista domenica sera.
Sia chiaro infatti che se non eravamo fenomeni prima (e dubito che qualcuno lo abbia pensato, dato che risultato e sensazioni di solidità a parte si era visto davvero poco dal punto di vista del gioco e della pericolosità offensiva) non siamo certo da retrocessione adesso, soprattutto dopo una partita simile, di fatto mai giocata.

C'è sempre spazio per qualcosa di bello. Di interista. Anche in una brutta serata.
C’è sempre spazio per qualcosa di bello. Di interista. Anche in una brutta serata.
Di dubbi da sciogliere ce ne sono, eccome: contro la Fiorentina abbiamo ritrovato il caro, vecchio 352 del Buttero e le sue infilate in verticale, e il Mancini presuntuoso e tragicamente sperimentale che lo scorso anno tanto ci fece bestemmiare. Scelte cervellotiche, incapacità di correggere in corsa l’assetto, insistenza su giocatori francamente impresentabili, molta fatica nell’amalgamare un gruppo che, ricordiamolo, conta comunque moltissimi nuovi titolari ed è logico che possa ancora faticare a trovare un assetto collaudato e affidabile.
La vera incognita è capire quali siano le reali potenzialità di questa Inter che, in un campionato caratterizzato da risultati piuttosto clamorosi e dall’assenza di squadre schiacciasassi, potrebbe persino ambire a un podio considerato dalla proprietà una sorta di obiettivo minimo stagionale, anche alla luce dell’aver soddisfatto al 100% o quasi le richieste del tecnico.
Dei vari Perisic, Kondogbia e Telles si sono soltanto intravisti lampi di bravura alternati a numerosi errori, sia personali che condizionati dalla necessità di ricoprire ruoli poco consoni o dover sopperire a mancanze altrui; Melo potrà essere un trascinatore, ma non è un giovanotto e contro centrocampi rapidi e freschi come quello viola è andato in affanno da subito e ha girato a vuoto come una trottola.
Jovetic finora è stato spesso risolutore per poi fare crack durante il riscaldamento da ex della serata: si tratterà di uno stop verosimilmente breve, ma il montenegrino resta un giocatore dai muscoli fragili, da gestire con attenzione maniacale perché tra i pochi in grado di garantire quella imprevedibilità e quella giocata estemporanea che ha già tolto le castagne dal fuoco in almeno due occasioni.
C’è da fare chiarezza su molti dettagli, perché cinque giornate all’insegna della robustezza, del cinismo e del discreto culo prima o poi avrebbero presentato il conto: lo hanno fatto nel modo più rumoroso che potesse esserci; mancano creatività e geometrie efficaci là in mezzo, è un’Inter muscolare, potente ma ingolfata, sfilacciata. Difficoltà per certi versi prevedibili, ma che non possono giustificare una manovra offensiva così macchinosa.
L’impressione è che si stia cercando di fare le cose difficili quando sarebbe opportuno partire dall’abc calcistico: ognuno al suo posto, nessuna invenzione non richiesta, i migliori in campo, quelli nocivi a scaldare la panchina.
Avere un impianto di gioco e la forza psicofisica necessaria per ribaltare situazioni apparentemente compromesse non avrebbe forse consentito di tornare a galla dopo i tragici primi 25 minuti di Inter-Fiorentina, ma ci consentirà di fare punti anche quando gli episodi saranno tutti sfavorevoli e chi solitamente fa la differenza non riuscirà a farla.
Equilibrio, umiltà, concentrazione, intelligenza, ampio parcheggio: a parte l’ultimo punto, gli altri sono i cardini da cui ripartire.
Abbiamo difensori che sanno fare il loro mestiere, abbiamo muscoli e centimetri da sfruttare, abbiamo gente che sa far gol anche quando gli altri parcheggiano l’autobus sulla riga di porta.
Siamo da scudetto? Sì, no, forse, non scherziamo: non vale neppure la pena pensarci.
Vale molto di più la pena sperare che l’Inter 2015/2016 non resti un tentativo, una bozza mai completata nè salvata, ma diventi in fretta una Squadra a tutti gli effetti.
Che vincerà altre partite con cinismo e culo, che prenderà qualche altra scoppola, che farà incazzare quelli che “Melo deve morire” o gli interisti cui non bastano i 3 punti, ma servono anche il bel gioco, i sorrisi, l’alito profumato, un portiere elegante, le scarpette tirate a lucido.
Domenica andiamo da Walter e sarà un bell’amarcord: tornare da subito a far punti è un’esigenza vitale per ricominciare a mettere fieno in cascina, mantenere alto il morale dopo una disfatta dalla quale abbiamo l’obbligo di rialzarci e, soprattutto, per fermare le rotative dei quotidiani nazionali e dei loro “CRISI INTER” a caratteri cubitali.
Con Guarin in panchina, ovviamente.

NicolinoBerti

Coglione per vocazione, interista per osmosi inversa dal 1988 grazie a un incontro con Andy Brehme. Vorrei reincarnarmi in Walter Samuel, ma ho scelto Nicola Berti per la fig...ura da vero Bauscia.

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