Bauscia Cafè

Culezza

No, il titolo non è un neologismo, ma una semplice crasi che possa sintetizzare la partita dell’Inter all’Olimpico: culo e concretezza.
Un culo che, peraltro, Spalletti non ha mancato di sottolineare anche al collega Di Francesco, esibendosi nel più classico dei Grazie Al Cazzo®: “se non prendevi tre pali la vincevi te”. Una frase per molti sportiva e sincera, per altri vagamente perculante, ma difficile da smentire; andando però più in profondità, l’analisi di Roma-Inter diventa tutt’altro che banale e lascia diversi interrogativi sull’immediato futuro di una squadra che, pur palesando ancora alcuni evidenti difetti, sembra effettivamente aver iniziato un nuovo discorso calcistico, almeno sotto il profilo dell’atteggiamento in campo e della voglia di costruire anziché rassegnarsi o peggio ancora limitarsi alle pallonate (cito ancora Luciano da Certaldo).
Ero allo stadio -cornice molto bella, peraltro- e le sensazioni erano piuttosto negative, forse perché il ritorno di Spalletti nella “sua” Roma preannunciava accadimenti nefasti, forse perché la Roma sembrava particolarmente gagliarda nonostante la mancanza di un terzino destro di ruolo e la possibilità che Perisic asfaltasse per 90 minuti l’ex di turno, Juan Jesus, o forse perché con me c’era la mia dolce metà (romanista) e mi sarei sentito in colpa se l’Inter le avesse dato un dispiacere (sento già un Bugiardo! provenire da lontano, ma giuro che è così!).
I nostri ragazzi regalavano invece una partenza tutto sommato promettente: le distanze giuste tra i reparti, Skriniar attento sul pericolosissimo Dzeko, Candreva impegnatissimo nell’aiutare D’Ambrosio contro lo sgusciante Perotti e le sovrapposizioni di Kolarov. Dopo un corner sul quale Fazio mi toglieva vent’anni di vita e un’occasionissima per Icardi, arrivava però il primo dei tre legni giallorossi della serata: uno di quei classici palloni ballonzolanti in uscita, calciato sporco ma molto angolato da Kolarov. Handanovic si allungava verso quella sfera che pareva irraggiungibile e di fatto lo era, ma il palo ricacciava in gola l’urlo di migliaia di romanisti già pronti al boato. Basta un minuto però per dar loro la possibilità di sfogare tutta la gioia sportiva giallorossa: nell’Inter sbagliavano un po’ tutti là in mezzo -non riuscito l’esperimento Borja Valero trequartista, appesantito e spaesato Gagliardini, alla fine peggiore in campo insieme ai due terzini titolari- e Nainggolan serviva col contagiri Dzeko a centro area. Il bosniaco attuava un movimento del quale è maestro assoluto, bruciando D’Ambrosio e Skriniar  per superare Handanovic con un preciso fendente destro.
E qui l’Inter tornava per un po’ quella di sempre, spaesata  e incapace di controllare il gioco e le folate avversarie: Nagatomo palesava tutte le sue difficoltà croniche, Candreva cominciava a girare a vuoto e a colpire ripetutamente il suo dirimpettaio in fase di cross, condannando D’Ambrosio ad essere agnello sacrificale di Perotti, in mezzo mancavano lucidità e forza fisica e il solo Vecino sembrava a suo agio in mezzo a tante imprecisioni; la Roma però aveva il torto di non affondare mai il colpo del KO e di creare soltanto potenziali pericoli, che culminavano nella nostra seconda botta di culo della serata: Defrel offriva un bel pallone all’indietro per Nainggolan, pronto a colpire ancora una volta la squadra che lo vorrebbe titolare da anni. Destro teso, angolato, fulmineo, imparabile. Ma c’era un palo esterno a dire di no al belga e all’Olimpico.
C’era giusto il tempo di osservare uno sfogo offensivo nerazzurro, con Icardi che impegnava severamente un poco operoso Alisson, prima di arrivare all’intervallo: i presagi nefasti si stavano lentamente palesando, ma quel culo aleggiante su Roma lasciava ancora un barlume di speranza.
Perché il culo talvolta va saputo anche gestire, è un’opportunità che il gioco del calcio ti offre per restare in partita e magari provare a cambiare l’inerzia di una serata apparentemente nera: ed è qui che l’Inter ha saputo invertire la tendenza degli ultimi anni, non senza dar fondo alle ultime riserve di deretano d’oro. Nella ripresa infatti nulla sembrava cambiato, inizialmente: entrato Joao Mario per l’impresentabile Gagliardini e spostato Borja Valero nel ruolo lui più congeniale, l’Inter offriva più che mai il fianco alle folate giallorosse. Perotti diventava ingestibile e il 2-0 sembrava davvero già scritto, con Spalletti fortunatamente ancora negli spogliatoi mentre i suoi offrivano posizionamenti difensivi da brivido. Luciano però non si scomponeva e faceva ciò che molte volte gli allenatori sembrano dimenticare: il cambio giusto, che unito ad un centrocampo finalmente sensato dava ai nostri ragazzi la possibilità di tornare a giocare al calcio, rischiando sì, ma diventando finalmente anche molto pericolosi. Dalbert avrà limiti difensivi da limare, ma mostrava da subito di avere quantomeno idea di come un terzino debba stare in campo: il suo dinamismo e un bel salvataggio su pallonetto sin troppo morbido di El Shaarawy soffocavano le ultime velleità giallorosse di chiudere il match, stritolate tre minuti dopo dalla clamorosa, sontuosa traversa colpita da Perotti con uno splendido tiro dai 25 metri stampatosi, inutile dirlo, sulla traversa ad Handanovic battuto.
L’ossigeno degli uomini di Di Francesco veniva quindi a mancare e l’Inter aveva il gran bel pregio, come ribadito dallo stesso Spalletti nella conferenza stampa post-partita, di giocarsela con le armi giuste e fin lì poco utilizzate: i movimenti senza palla di Vecino, Borja Valero e soprattutto Joao Mario, capace di spaccare letteralmente il match in alcuni frangenti, la ritrovata vena di Perisic, finalmente devastante sul povero Juan Jesus, e soprattutto il fenomenale istinto di Icardi, che con due controllo-e-tiro fulminava Alisson e capovolgeva il risultato ammutolendo un intero stadio.
I tre gol nerazzurri sono figli di manovre ben studiate e non casuali, dove la difesa della Roma sbaglia sì il posizionamento, ma gli avanti nerazzurri fanno le cose giuste nei tempi giusti, mettendo in luce un’intesa capace di restituire il sorriso anche al più scettico degli interisti. Prima del tris di Vecino (migliore in campo insieme a Icardi e Skriniar per chi scrive, e capace di interpretare il ruolo con un’intelligenza che spero possa presto contaminare Gagliardini), c’era giusto il tempo di ringraziare Nainggolan per aver sparato altissimo un tap-in piuttosto facile dopo un’altra respinta provvidenziale di Dalbert su conclusione dello stesso belga.
Roma tace, Milano esulta mentre Alisson nega a Joao Mario un 1-4 che sarebbe stato punizione veramente troppo pesante per i giallorossi.
La morale di tutto questo? Il culo aiuta gli audaci e noi, per una volta, audaci lo siam stati per davvero. Disuniti sì, ma mai sconfitti né del tutto rinunciatari, e soprattutto vigili e pronti a tornare nel match nel migliore dei modi, sfruttando la forza che abbiamo e che troppo spesso l’indolenza riusciva a disinnescare.
Bando ai facili entusiasmi, che troppe volte si sono trasformati in zappa sui piedi: Spalletti è ben consapevole dei limiti della sua squadra ed è questa la sfida da vincere. Tenere la concentrazione dei suoi alta sempre e comunque perché questa Inter è ancora quella squadra che può vincere, ma anche perdere contro chiunque. Saper sfruttare la spinta che una serata fortunata può darti resta però un pregio da non sottovalutare, perché nasconde indicazioni preziose: su tutte la capacità di mantenere lucidità nei momenti topici e saper sfruttare le debolezze avversarie con cinismo e concretezza. La culezza, per l’appunto.
E se qualcuno vi dirà che avete avuto soltanto culo, non credetegli.
E se qualcun altro vi dirà “eh ma c’era rigore su Perotti” ditegli che moviole, Var, giudizi di Buffon e erre mosce di Cesari hanno decisamente confuso le idee a moltissime persone, e che quel rigore si poteva forse fischiare, ma se non l’han dato ci sarà pure un perché. O forse abbiamo avuto culo anche in quello, chissà.
Una volta tanto la pausa per Spagna-Italia capita a fagiuolo: Spalletti ha bisogno di lavorare sui nuovi innesti -anzi, speriamo arrivino Mustafi e Keita o chi ne fa le veci, perché la coperta è maledettamente corta anche senza Europa e l’Inter lo sa- e da quanto riuscirà ad ottenere da Dalbert e Cancelo, oltre che dalle conferme di Vecino e Borja Valero, dipenderà molto del futuro nerazzurro.
Un saluto ai detrattori di Icardi e un bacio a Schick, che avrei voluto in nerazzurro ma che ha scelto una piazza che potrebbe idolatrarlo o utilizzarlo come capro espiatorio nel giro di pochi mesi. Chi ama il calcio spera che non si bruci e mantenga le promesse. Sarà interessante osservarne i progressi, nella speranza che non ci sia sfuggito un altro futuro campionissimo, ma soltanto un bravo attaccante che avrebbe potuto farci comodo, ma non sarebbe stato fondamentale.
Buona pausa Nazionali, non fumatene troppe.

NicolinoBerti

Coglione per vocazione, interista per osmosi inversa dal 1988 grazie a un incontro con Andy Brehme. Vorrei reincarnarmi in Walter Samuel, ma ho scelto Nicola Berti per la fig...ura da vero Bauscia.

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