Bauscia Cafè

Mauro e Frank, Ever e Joao

Non ci sono troppe cose da dire sulla vittoria di domenica contro la Juventus. Anzi sì ce ne sono tante, tantissime, ma ruotano tutte intorno a quattro nomi.
Quattro nomi che in questi giorni avrete pronunciato e sentito centinaia di volte.
MAURO – Semplicemente la miglior partita che abbia mai giocato, senza ombra di dubbio. Mauro Icardi domenica sera ha messo un grosso punto a una parte della sua carriera e ha preso in mano il bordo della pagina, per provare a girarla e dimostrare che la sua dimensione non è solo quella di “uno dei migliori attaccanti della Serie A”. La sua dimensione -lui ne è convinto- è decisamente un’altra, e basta guardare indietro a quello che è successo poche settimane fa per capire quale: lui è stato la prima scelta -rimbalzata- della Juventus che ha poi dovuto ripiegare su un certo Higuain, lui è quello che punta i piedi per uno stipendio da top player. Perché crede che sia quello il suo mondo, quello il suo livello, e domenica l’ha messo in chiaro per la prima volta: una partita mostruosa giocata con e per la squadra ad una intensità elevatissima per tutti i 90′, in cui decide di voler fare la differenza e riempire di incubi la notte del miglior pacchetto difensivo d’Italia e -ahimè- uno dei migliori d’Europa.
Buffon, Bonucci, Barzagli, Chiellini: senza voler fare paragoni evidentemente idioti, ma li avete mai visti così in difficoltà contro qualcuno che non fosse Cristiano Ronaldo o Messi?
https://youtu.be/JPUnscTcF14
Ne ha avuto per tutti Maurito domenica. Nel primo tempo (a 1:28 del video) lancio lungo di Banega e lui mette a terra una palla fra Bonucci e Chiellini. Il 19 si sgancia per coprire Buffon, Chiellini gli va addosso e cerca di spazzare il pallone: una spallata e via, Chiellini (Chiellini, presente sì?) vola a terra. E da terra cerca più con le cattive che con le buone di tenersi quel pallone, ma non c’è niente da fare: Icardi glielo sradica, se lo aggiusta, punta Bonucci, tiro a giro. Palo. E non è finita qui per Bonucci, che nel secondo tempo (3:08) si trova a dover rincorrere un pallone con 3 metri di vantaggio su Icardi: ma lui è lanciato in corsa, gli recupera il gap, prende palla, lo allontana con il braccio, punta verso Buffon. Ci vuole un capolavoro di intelligenza di Bonucci -che salta un passo prevedendo l’intenzione di Icardi di cercare l’appoggio fisico e facendogli così perdere l’equilibrio- per impedire a Mauro di trovarsi a tu per tu col portiere. E poi c’è il gol della Juve, un colpo gelido, ma pronti-via Maurito batte a centrocampo (3:40), si fa dare la palla in profondità, duello fisico ancora con Bonucci e palla in corner. Salta in anticipo sullo stesso Bonucci e su Mandzukic. Leonardo Bonucci e Mario Mandzukic, sì, 1,90m a testa (entrambi 10 centimetri più alti di Icardi), che sullo stacco vengono regolati così:
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E poi certo, Barzagli costretto ad arrampicarglisi addosso, l’assist per Candreva, poi quello per il 2-1 di Perisic conquistato con cattiveria e confezionato di fino.
Mauro Icardi fa tutto domenica sera, mettendo sul piatto 90′ minuti da fenomeno che con questi colori addosso non si vedevano da tempo e chiarendo che la storia del ragazzino che sta crescendo è ormai finita. A 23 anni, Mauro Icardi vuole giocare con i grandi. Con i più grandi. Pensa che il suo posto sia tra loro, e da adesso in poi dovrà inseguire la consacrazione definitiva e dimostrarlo ad ogni partita.
FRANK, EVER E JOAO – Non è stata la vittoria di Icardi però, o almeno non è stata solo la vittoria di Icardi. Sarebbe un errore enorme pensarlo. “E’ stata la vittoria dell’Inter”, hanno detto tutti. Sì dai, bello slogan, ma cosa vuol dire? Vogliamo raccontarci -come troppo semplicisticamente hanno fatto un paio di quotidiani- che è stata solo una semplice questione di testa, di voglia, di agonismo? No, è stata decisamente di più. Una vittoria di testa sì, sicuramente, ma intesa come concentrazione semmai, non come semplice agonismo.
C’è stato un piano tattico ben definito (chi vuole fare confronti con l’Hapoel Beer Sheva semplicemente non ha letto le formazioni o, peggio ancora, finge di non aver visto la sequenza Chievo-Palermo-Pescara) e scritto da Frank De Boer. Alcuni elementi erano chiarissimi fin dal primo minuto: il pressing portato alto innanzitutto, e poi il possesso palla insistito già visto nelle precedenti partite e che si sposta sempre di più nella metà campo avversaria (alla fine il 52% del possesso palla interista sarà in zona d’attacco, contro il 40% di quello degli altri). Ma c’è stato di più.
C’è stato, su tutto il resto, l’equilibrio di tre elementi di centrocampo perfettamente amalgamati insieme. Il 4231 di De Boer si è mostrato finalmente nella sua vera natura “oranje” di centrocampo a tre con un vertice alto, grazie a due giocatori che -entrambi- potevano interpretare il ruolo di trequartista/mezzala già visto a queste latitudini con Snejider.
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Joao Mario e Banega sono così potuti essere, contemporaneamente, il punto di partenza del gioco e il suo sfogo offensivo. Il riferimento della difesa -in particolare di Medel- per passare alla fase di impostazione e quello del centrocampo per completare la transizione. Scambiandosi di posizione ossessivamente (nel grafico qui sopra occhio, oltre al pattern dei passaggi, alle posizioni medie quasi sovrapposte dei due centrocampisti) hanno consentito a De Boer di costruire una trama di gioco tanto semplice -date la palla al regista, poi ci pensa lui- quanto priva di riferimenti per i centrocampisti avversari. Superare l’assenza di un regista inserendo…un doppio regista. E portandosi a casa, così, altri tre risultati collaterali: una partita sontuosa di Medel, liberato da ogni obbligo di costruzione ma che -senza pressioni- è riuscito anche a mettere alcune verticalizzazioni interessanti; tagliare fuori i terzini, veri anelli deboli della squadra in campo, dalla fase di costruzione e permettergli di restare un minimo più concentrati dietro (per quanto…); alleggerire, di conseguenza, il lavoro di copertura degli esterni consentendo a Candreva e Eder di impegnare più costantemente la difesa avversaria, vincolando Pjanic e liberando spazi per Icardi.
E -concedete una piccola nota polemica- queste sono cose che si vedevano già nel primo tempo, sono cose che sarebbero rimaste indipendentemente dal risultato finale. Anche nell’ipotesi in cui dopo una prestazione orrenda in Coppa e una settimana di insulti a mezzo stampa fossimo scesi in campo contro la più forte del lotto, avessimo giocato meglio di loro e avessimo perso per il gol-tagliagambe di un Lichtsteiner qualsiasi, quanto visto sul campo non sarebbe cambiato. Sarebbero cambiati i titoli dei giornali, certo, ma è per questo che è importante imparare a pensare con la nostra testa e non con quella di un pagellista di un quotidiano inutilmente rosa.
Ma tornando a noi, possiamo quindi dire che è stato un capolavoro tattico quello visto domenica? Sì.
E’ stato favorito da una certa “sorpresa” che ha colpito gli avversari? Forse sì.
E’ stato possibile grazie alla concentrazione massima di tutti e 11 i giocatori in campo? Sicuramente sì.
E’ ripetibile?
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Questa è la domanda che resta in sospeso dopo la superba prestazione di domenica. E’ ripetibile? Chi lo sa, lo scopriremo solo guardando le prossime partite.
Di certo non è stata una prestazione di pura rabbia ma aveva delle forti basi tattiche, di certo non è stato un exploit venuto dal nulla ma è la prosecuzione -non lo sbocco finale, sarebbe impossibile- di quanto intravisto nelle precedenti partite. E’ stata un’esplosione sì, un picco alto nel processo di crescita di questa squadra che ha richiesto lo sforzo massimo di tutti i protagonisti in campo. Sforzo che non ci sarà con l’Empoli o almeno non a questi livelli, potete starne certi, ma che sicuramente è valso a dimostrare che i valori in questa rosa ci sono e che le idee ci sono.
E che forse qualcuno ha avuto un po’ troppa fretta a suonare il de profundis a zio Frank, quasi 800 partite da calciatore ai massimi livelli e 300 da allenatore, con un palmarés personale da fare invidia a chiunque. Gli alieni, nel mondo del calcio, sono altri.

“Il calcio è troppo duro con gli allenatori, in campo andiamo noi. Se giocassimo sempre così…”
-Mauro Icardi-

Nk³

Il calcio è uno sport stupido, l’Inter è l’unico motivo per seguirlo. Fermamente convinto che mai nessun uomo abbia giocato a calcio come Ronaldo (ma anche Dalmat non scherzava). Vedovo di Ibrahimovic, ma con un Mourinho in panchina persino i Pandev e gli Sneijder possono sembrare campioni. Dategli un mojito e vi solleverà il mondo.

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