Bauscia Cafè

Un giocatore lo vedi dal coraggio

A volte ti capita di scrivere un post che sai già che non piacerà a tutti, che probabilmente piacerà a pochissimi e che del resto forse non piacerebbe neanche a te. Però devi scriverlo, perchè in fondo è giusto così. Perchè quando finisce tutto, quando il presente si consegna alla storia, bisogna smettere di guardare alla realtà del momento e al particolare e bisogna allargare lo sguardo sull’opera completa, per valutarla in tutto il suo insieme. Magari ci vuole del tempo ad abituarsi alla nuova vista, magari non riesci a mettere a fuoco tutto immediatamente, ma poi quel momento arriva. Poi finalmente riesci ad allargare l’orizzonte, la smetti di concentrarti sulla terra e sulla polvere alzate dal vento e inizi a vedere anche il sole che batte sul campo di pallone, il sole sul tetto dei palazzi.
Il riferimento di queste parole è fin troppo evidente, immagino, ma quel fondo musicale è perfetto per l’argomento di cui voglio scrivere oggi. Anche se, a dirla tutta, Marco Materazzi non fa parte della leva calcistica della classe ’68 e no, lui proprio di tirare un calcio di rigore non ha mai avuto paura. Anzi, si può dire che sui calci di rigore abbia costruito una carriera intera, che i calci di rigore abbiano segnato la sua storia sul campo di pallone. E’ grazie ai calci di rigore, infatti, che Marco Materazzi è diventato nel 2001 il difensore con il più alto numero di gol segnati in una sola stagione in Serie A. 12 reti in totale che gli sono valse la svolta decisiva della sua carriera: il passaggio dal Perugia all’Inter dopo un debutto in Serie A avvenuto tardissimo a 24 anni (contro l’Inter), una fuga all’estero caratterizzata più dalle espulsioni (4 in 27 partite) che da altro e un rientro in pianta stabile nel massimo campionato italiano con 26 primavere già sulle spalle. Poi quei calci di rigore e il passaggio all’Inter: a 28 anni, nessuno avrebbe potuto prevedere che razza di pagina stesse andando a scrivere Matrix.
Arriva in nerazzurro nella tragica stagione 2001-2002 terminata con la disfatta dell’Olimpico: si prende il posto da titolare al centro della difesa per non lasciarlo praticamente mai. Criticatissimo per la sua rudezza, che culminerà in un increscioso scontro con Cirillo pagato con 8 giornate di squalifica, Materazzi riuscirà a dimostrare che anche a 28 anni si può lavorare per migliorare impegnandosi negli allenamenti, impegnandosi sul campo. E’ così che Matrix si afferma come uno dei migliori difensori italiani di inizio millennio, si propone praticamente come unica alternativa a Nesta e Cannavaro e conquista di conseguenza un posto fisso in Nazionale.
Marcatore rude ma efficace, che col tempo ha perso il vizio del gol (solo 8 nelle sue prime 5 stagioni all’Inter): è questo il profilo di Materazzi al giro di boa della sua avventura nerazzurra. Ma poi arriva l’ennesimo colpo di scena.
Nell’estate 2006 Marco Materazzi ha 33 anni, ha vinto due Coppe Italia e una Supercoppa Italiana e si trova, in maglia azzurra, a quello che sarà probabilmente l’ultimo grande appuntamento della sua carriera: riserva di Nesta e Cannavaro ai Mondiali in Germania. Poi succede che Nesta si fa male, e Matrix si ritrova scaraventato in campo nell’ultima partita del gironcino tedesco: gol alla Repubblica Ceca, espulsione agli ottavi con l’Australia. Fine dei giochi, maglia a Barzagli e arrivederci a Matrix. E invece no.
E invece quella maglia ritorna sulle sue spalle in semifinale contro la Germania e poi in finale, contro la Francia: procura il rigore del vantaggio francese, realizza il gol del pareggio, provoca l’espulsione di Zidane nei supplementari, realizza uno dei rigori finali. E’ il culmine della sua follia calcistica, è l’inizio del picco più alto della sua carriera.
Da capocannoniere dei Campioni del Mondo, Materazzi torna a casa e recupera tutto il suo feeling con il gol. Il primo scudetto dell’Inter nell’era post-calciopoli è suo più di chiunque altro: Matrix se lo prende a cinque giornate dal termine, quando a Siena realizza il gol del vantaggio nerazzurro e poi, sull’1-1, l’arbitro fischia un calcio di rigore che può dare la certezza matematica all’Inter di diventare Campione d’Italia. E sul dischetto non poteva andarci che lui, che di battere i calci di rigore non ha mai avuto paura. E’ gol, è doppietta, è un trionfo. E’ l’apoteosi di Materazzi, che chiuderà la stagione di questa nuova giovinezza con 10 gol -come ai vecchi tempi- da Campione del Mondo e da Campione d’Italia.
Ma tutto ciò che ha un inizio ha una fine, e la fine di Materazzi arriva lì dov’era arrivato l’inizio: un infortunio in Nazionale ne mette in pericolo la carriera e lo tiene lontano dai campi da gioco per un paio di mesi, e al rientro non sarà più come prima. La pietra tombale arriva contro il Siena, come un anno prima, e dal dischetto, come un anno prima: stavolta però Manninger para e l’Inter rischia di veder sfumare la vittoria del Campionato.
Lo Scudetto alla fine arriverà lo stesso, ma Matrix non sarà più quello di prima: a 35 anni viene messo definitivamente in secondo piano nelle rotazioni da Mourinho a vantaggio di Samuel, e si trasforma prima in uomo-spogliatoio, poi in scudiero del Vate di Setubal (che ne loderà pubblicamente più volte la professionalità), poi in balia di Balotelli, fino ad auto-qualificarsi come punto di contatto fra l’uomo della curva  e il calciatore in campo: un profilo che non ha mai reso giustizia al giocatore che fu e che ha fatto perdere a Materazzi la stima e l’affetto di molti tifosi. Ma non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore, come dicevamo all’inizio: sono particolari, dettagli, ultimi schizzi di una carriera iniziata forse troppo tardi ma condotta a livelli altissimi, inimmaginabili fino a poco tempo fa.

E chissà quanti ne hai visti e quanti ne vedrai di giocatori tristi che non hanno vinto mai, ed hanno appeso le scarpe a qualche tipo di muro, e adesso ridono dentro a un bar. E sono innamorati da dieci anni con una donna che non hanno amato mai…

Ci ha sempre messo la faccia, Matrix. Tra alti e bassi ha giocato, ha vinto e -sono pronto a scommetterci- ha amato questa maglia e questi colori.
Una maglia che saluta oggi dopo dieci anni dopo aver alzato al cielo l’ennesima Coppa, lasciando in dote 5 Campionati, 4 Coppe Italia, 4 Supercoppe Italiane, 1 Champions League e 1 Mondiale per Club, e tenendo per sè una Coppa del Mondo e svariati riconoscimenti personali.

Forse non ci mancheranno gli sfottò e gli eccessi nello spogliatoio di questi ultimi anni, ma di certo saremo sempre pronti ad accogliere giocatori con la sua forza d’animo, la sua determinazione, la sua rabbia e la sua classe, giocatori pronti a mettere il cuore dentro alle scarpe per far grande l’Inter.
Come ha fatto lui.
Grazie di tutto, Matrix.

Nk³

Il calcio è uno sport stupido, l’Inter è l’unico motivo per seguirlo. Fermamente convinto che mai nessun uomo abbia giocato a calcio come Ronaldo (ma anche Dalmat non scherzava). Vedovo di Ibrahimovic, ma con un Mourinho in panchina persino i Pandev e gli Sneijder possono sembrare campioni. Dategli un mojito e vi solleverà il mondo.

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