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Una vita da Matteo Darmian

Quando, nell’estate del 2015, il ventiseienne Matteo Darmian sbarca a Manchester, ha la faccia da bravo ragazzo, i modi gentili, e l’investitura del potenziale campione, testimoniata da un ingaggio da 3 milioni di euro. Quella faccia e quei modi gli resteranno appiccicati addosso nonostante il passare degli anni, forse penalizzandolo, perché renderanno poco appariscenti anche i suoi meriti calcistici. In Inghilterra Darmian gioca alla grande la prima stagione, confermando il livello raggiunto in Italia con il Torino. Va un po’ peggio l’anno successivo, con Mourinho che lo fa giocare meno, ma al termine della stagione lo conferma dichiarando pubblicamente di apprezzarne la professionalità. La grande professionalità è proprio uno dei meriti di cui si parlava prima. In un’intervista rilasciata da neo-calciatore del Manchester United, chiedono a Matteo quale, tra gli allenatori avuti in passato, avesse maggiormente inciso sulla sua crescita professionale. Lui li nomina tutti, dichiarando che da ognuno ha potuto apprendere qualcosa, sia dal punto di vista professionale che umano. Un professionista serio, una persona seria. Che resta tale anche quando la sua carriera non prende la strada attesa, e piuttosto che esplodere retrocede al rango di seconda linea. Ma quando lascia l’Inghilterra per tornare in Italia, al Parma, i tifosi del Manchester lo salutano come simbolo del professionista “top”, allo stesso modo di quando era arrivato.

Diciamoci la verità, la gran parte dei tifosi nerazzurri aveva storto il naso alla notizia del suo arrivo, all’inizio di quest’annata. Eppure, dal rientro in Italia nel 2019, era tornato a giocare con una certa continuità, garantendo sempre delle buone prestazioni ed una certa duttilità tattica, potendo coprire entrambe le fasce o giocare, all’occorrenza, da centrale. E stiamo sempre parlando di un calciatore che, con la maglia dei Red Devils, aveva giocato ad alti livelli, anche in Europa, portando a casa quattro trofei. E allora perché è stato accolto con tanto scetticismo? Per vari motivi, tra cui la provenienza da una provinciale, la carriera in apparente declino, il ruolo assegnato di rincalzo. In pochissimi avrebbero scommesso su questo terzino di sicura affidabilità, che in tutta la sua carriera si è sempre fatto trovare pronto quando chiamato in causa, come solo chi si allena con impegno e serietà, pur giocando poco, può fare. Ci avrebbe scommesso Antonio Conte, che apprezza i giocatori di questo tipo, sicuramente più che gli estrosi di gran classe, o i corridori tatticamente diseducati.

La reazione di Antonio Conte alla notizia che avrebbe allenato Matteo Darmian

A pensarci bene, naturalmente a posteriori, avevamo estremo bisogno di un elemento con le sue caratteristiche. Certo, la corsa elegante di Hakimi, la grinta del Toro, il dinamismo di Barella, la potenza inumana di Lukaku; ma vuoi mettere la credibilità del mite Darmian? Il problema di non avere a disposizione gente affidabile viene fuori proprio nel momento in cui ne avresti più bisogno. E’ quando il momento è delicato, che ti rendi conto di quanto sia utile avere una soluzione pronta, credibile, sicura. Se avessi trovato un idraulico affidabile, non avrei la caldaia rotta da un mese, e non sarei qui a fare lo shampoo con l’acqua gelata. Ma, tralasciando i miei tormenti domestici, e tornando allo scopo celebrativo di questo post, pensate a quanto avrebbe fatto comodo uno come Matteo Darmian in altre occasioni. Solo due esempi relativi all’Inter pre-contiana. Pensate a cosa sarebbe successo se, il 28 aprile 2018, in quel drammatico Inter-Juventus tremendamente perso all’ultimo respiro, Spalletti avesse fatto entrare Darmian, piuttosto che Santon, per sostituire Icardi (ammesso che quella sostituzione fosse proprio necessaria, ancora me lo chiedo). Pensate allo spaventoso ingresso di Dalbert in Inter-Empoli del 26 maggio 2019, quando abbiamo riacciuffato la Champions per un soffio. Se siete tra i pochi tifosi sopravvissuti alla visione della faccia spaurita del povero Dalbert di fronte all’avanzata spavalda di Di Lorenzo, converrete con me che uno come Darmian avrebbe evitato una caterva di malori e bestemmie. Solo per citare due calciatori di fascia che, nel recente passato, di affidabilità ne garantivano pochissima.

Il tranquillo Dalbert Henrique durante un delle sue indimenticabili apparizioni con la maglia nerazzurra

Solidità, continuità, credibilità: è questo che Antonio Conte ha promesso sin dalle sue prime dichiarazioni da nerazzurro. Ed è questo che effettivamente ha garantito, con buona pace dei milanisti che ancora ci credono, degli ondivaghi discepoli del maestro juventino, della folta schiera di esteti con le squadre degli altri.

Abbiamo tutti ancora negli occhi le immagini scintillanti dei quarti di Champions disputati questa settimana. È chiaro che, per competere a quei livelli, l’anno prossimo sarà necessario qualcosa in più. Quel qualcosa in più che in questo momento, per il nostro obiettivo, il diciannovesimo scudetto, non è necessario, non è utile, non è funzionale alla causa.

Dopo anni passati a complicare l’essenziale con l’inutile, abbiamo finalmente un’Inter pratica e, fatti i debiti scongiuri, vincente. twittalo

Matteo Darmian lo è, sicuramente funzionale alla causa, e decisivo anche. Come contro il Cagliari, autore del gol vittoria. O come contro il Napoli, nel dicembre scorso, quando si era procurato il rigore della soffertissima vittoria. Ad un girone esatto di distanza, torna in mente l’intervista nel post-partita in cui, ad un imbarazzato Matteo, veniva fatto un commento estetico sul suo maglioncino natalizio. Lui aveva sfoderato la sua faccia pulita, un po’ incredula, quasi a dire “non sono qui per l’estetica, sono qui per tutto il resto”. Matteo Darmian è il professionista che mancava per dare continuità al nostro processo di crescita, per aumentare la credibilità tanto cercata dal nostro allenatore, per garantire solidità al nostro reparto difensivo. Non l’eroe che meritiamo, ma quello di cui, in questo momento, abbiamo bisogno. A proposito, avete mica il numero di un idraulico affidabile?

Jack32

Di padre juventino e madre milanista, nel 1998 diventa interista per un innato senso di giustizia sociale, per un complesso di Edipo irrisolto, o per banale confusione mentale. Da allora infatti vaga alla ricerca di sé stesso, unico punto di riferimento esistenziale il nerazzurro. Come il Chino Recoba, che secondo el hombre vertical sapeva solo quello che non è. O come Balto, il cane.

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