Bauscia Cafè

Che calcio vuoi?

Vi invidio. Dico davvero, nutro profonda invidia verso chiunque riesca ancora a incazzarsi per uno 0-0 come quello contro lo Shakhtar, per la sconfitta nel derby o per l’altro pareggio di Champions. Mi mancano i tempi del broncio che durava giorni, dell’umore sotto ai piedi, di lei che non capisce perché uno sport tanto scemo ci mandi così fuori fase, neanche avessimo il ciclo; mi mancano l’esultanza rabbiosa al gol di Lukaku, il bestemmione sull’occasione sprecata da Lautaro, il godimento puro a ogni discesa di Hakimi. Per carità, un minimo di partecipazione riesco ancora ad averla, ci mancherebbe altro, ma è un bagliore in un mare di preoccupazioni e di merda, tanta merda.

Il sistema calcio italiano è ormai al collasso e il Covid sarà verosimilmente il colpo di grazia su di un movimento che da troppo tempo si è incancrenito su questioni di lana caprina, invece di pensare al rinnovamento e, soprattutto, a riplasmarsi in qualcosa di appetibile ed economicamente sostenibile: un grande classico dell’approccio italico alle questioni nazionali.

Ogni mese spariscono squadre storiche di città altrettanto importanti, il mio Livorno dopo una disastrosa stagione sportiva ha rischiato di fallire ed è stato salvato per il rotto della cuffia da un gruppo imprenditoriale del quale non si è ancora capito granché, mentre la Lega Pro assiste impotente (e impassibile) a uno scenario spettrale e si scoprono debiti per 4 milioni nonostante le rassicurazioni del presidente uscente. E parliamo di una società che, almeno per gli addetti ai lavori, è sempre stata finanziariamente solida e sicura.

Gli stadi sono vuoti, ma lo erano già prima del virus, salvo rare eccezioni come la nostra, disertati da tifosi oppressi da costi proibitivi, strutture a dir poco scadenti e uno spettacolo sportivo tutt’altro che irrinunciabile.

Il calcio è – dovrebbe essere, doveva essere – anche un modo per dimenticare almeno per un attimo una pandemia la cui portata ci è ancora ignota e che avrà effetti sul medio/lungo periodo a noi sconosciuti, ma io questa funzione non riesco proprio ad attribuirgliela.

Come molti di voi ho genitori in età avanzata che rischiano la vita da mesi semplicemente andando a far spesa, ho amici che hanno subìto lutti tremendi e faticano a rialzarsi, parenti stretti che faticano a mettere insieme uno stipendio e ce la mettono tutta per salvare capra e cavoli, e la costante situazione di vivere una vita precaria in un paese altrettanto precario, nonostante la mia situazione personale sia persino privilegiata rispetto a quella di tanti altri.

Ecco quindi che la partita, il risultato finale, la prestazione del singolo ai miei occhi diventano una breve pausa per distogliere lo sguardo dal brutto che ci circonda, una piccola fuga dalla realtà che però è tanto effimera quanto l’esultanza per 3 punti ottenuti in un campionato dove la gara singola può e potrà essere decisa dalla roulette russa del tampone positivo.

Come se non bastasse tutto questo, ieri il Campione dei Campioni (sostituire con apposita assonanza offensiva) ha pensato bene di dedicare ai suoi 241 milioni di seguaci su Instagram una delle più colossali stronzate che potevano essere partorite da uno che certo non è mai stato una mente illuminata, ma che in qualità di uomo-immagine, uomo-sponsor e vero e proprio messaggio vivente, dovrebbe contare fino a millemiliardi prima di pubblicare aberrazioni simili.

E sono anche episodi simili – che per fortuna talvolta trovano un controaltare in atleti che sanno anche essere uomini col sale in zucca prima che campioni di calcio – che mi hanno indotto ad allontanarmi a poco a poco da un mondo sportivo e un sistema costruito su egoismo, inettitudine e ignoranza allo stato brado.

Non si smette mai di essere interisti, lo sapete meglio di me, e anche in una simile anomalia resta la speranza di poter gioire sottovoce per qualche bella vittoria, ma non credo sia possibile ignorare quanto stia accadendo e, per quanto mi riguarda, è realmente impossibile considerare un campionato come quello in corso come una competizione credibile e degna di tifo. O almeno io non ci riesco. Sarà l’età.

Quel che è certo è che sopravviveremo anche a questo, e sopravviverà anche l’Inter, e magari presto ci ritroveremo meno preoccupati, più forti e con una squadra pronta a conquistare scenari importanti davanti al pubblico che merita e che non vede l’ora di tornare ad applaudirla al sole, al freddo, con la pioggia e con la nebbia.

Perché, nonostante la pandemia e i nostri problemi quotidiani, c’è solo l’Inter. twittalo

NicolinoBerti

Coglione per vocazione, interista per osmosi inversa dal 1988 grazie a un incontro con Andy Brehme. Vorrei reincarnarmi in Walter Samuel, ma ho scelto Nicola Berti per la fig...ura da vero Bauscia.

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