Bauscia Cafè

L’arte della destabilizzazione

A 270 minuti dalla fine di un campionato che ci vede matematicamente in pole position per raggiungere per il secondo anno consecutivo la qualificazione in Champions League, qualificazione da certificare con due vittorie casalinghe contro squadre oggettivamente meno forti della nostra; a 270 minuti dalla fine di un campionato che ci ha visto fluttuare sistematicamente tra il secondo posto nel momento di grassa, ed il quarto in quello di magra; a 270 minuti dalla fine di un campionato che i più ricorderanno come quello della querelle-capitano e dell’ammutinamento reciproco e sequenziale di parti dello spogliatoio in lotta tra di loro, a 270 minuti dalla fine di tutto questo non posso fare a meno di dire la mia su tutto ciò che sta gravitando da giorni, mesi, settimane intorno all’universo nerazzurro:

Avete rotto il cazzo, tutti.

Non è possibile che ci sia sempre un motivo per provare ad affondare questa barca, non è possibile che la dirigenza non sia in grado di rendere questa società non dico solida, ma nemmeno schizofrenica, non è possibile che nessuno prenda mai posizione contro le insinuazioni e le destabilizzazioni programmate da parte della stampa sportiva.

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Lasciamo stare il caso dell’ex capitano, che nemmeno nominerà in questo post – troppa grazia.

Ma io me li ricordo i titoli pre-derby, l’ennesimo derby in cui abbiamo asfaltato i cugini coccolati di Milano. “Ultima spiaggia” leggevo, “L’ultima possibilità per l’Inter di andare in Champions”. “La certificazione di un fallimento”. “Ennesima annata deludente”.
Eccetera eccetera eccetera.

In questa annata “fallimentare”, come la chiamano gli espertoni che riempiono i salotti televisivi e gli uffici dei quotidiani sportivi, gli espertoni che fanno della destabilizzazione programmata un’arte, che guadagnano lo stipendio, che pagano l’università ai figli e la settimana bianca grazie ai titoli sensazionalistici per vendere più copie od avere più click nei loro siti web scialbissimi e scevri di contenuto, dicevo in questa annata fallimentare si è stati in linea con i risultati prefissati ad inizio stagione, con picchi positivi e negativi, come in tutte le stagioni. Si è scesi dal secondo al quarto posto – per una settimana! – e sicuramente si sarebbe potuto essere più vicini al Napoli, se non superarlo addirittura. Ma sarebbe cambiato poco o nulla nell’economia di una stagione che ci ha visto uscire con rammarico dalla Coppa Italia (e alla fine anche sticazzi, scusate il francesismo) e con l’amaro in bocca dalla Champions, in un girone in cui avevamo tra le altre cose il Barcellona di Messi, semifinalista, e la finalista di Champions League.
L’Europa League ce la siamo fagocitata perché arrivata nel momento di maggior entropia all’interno di uno spogliatoio in quel momento polveriere assoluta, con una rosa che contava in media 14 individui della prima squadra. Con Ranocchia seconda scelta in attacco. Non è una giustificazione, si poteva sicuramente far meglio, ma va contestualizzato il perché di una eliminazione sicuramente prematura.

Ora, siamo soddisfatti? Io in termini assoluti non posso dire di esserlo, perché la sensazione di harakiri c’è, in termini relativi non posso lamentarmi. Perché – vincendo stasera – si tornerebbe ad essere terzi a due partite dalla fine in un’annata in cui si poteva tranquillamente svaccare e stare a giocarsela per l’accesso ell’Europa League. E’ capitato spesso in passato, sapete tutti che sarebbe tranquillamente potuto succedere anche quest’anno. Parliamoci chiaro una volta per tutte: la stagione fallimentare è quella dei nostri cugini e delle centinaia di milioni buttati letteralmente nel cesso, dei ricatti di Raiola alla società, dei fondi strani che arrivano e poi compaiono; è quella della Lazio mai competitiva; quella della Maggica di un direttore sportivo che a metà stagione ha preferito tornarsene in Andalucia dopo nemmeno due anni. Non la nostra. Che sia chiaro, lo ripeto.

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Per me è inaccettabile quindi, a 270 minuti dalla fine, che si tenti l’ennesima carta della destabilizzazione con annunci sensazionalistici di un Luciano Spalletti che deve portare la squadra in Champions e “guadagnare” 50 milioni per poi donarli al Magnifico Antonio Conte da Lecce. Non ha alcun senso logico, non aiuta in nessun modo non smentire categoricamente queste voci, se non per nutrire un ego autolesionista che molti, sicuramente troppi, hanno dato in dono a questa società in passato, e che evidentemente ad alcuni fa comodo rimanga tale.

Io non sto qui a dire se sia meglio Conte o Spalletti (anzi, lo faccio: sto tutta la vita con Spalletti che ci sta portando per il secondo anno consecutivo in Europa, con una rosa che ogni anno sappiamo essere corta e inadatta in alcuni ruoli, e che poi facciamo finta di dimenticare essere tale. Con una rosa costituita da personaggi egoisti e mai attenti al loro ruolo all’interno dello spogliatoio. Sto tutta la vita con Spalletti perché spendere 8M l’anno – netti – per un altro allenatore e spenderne svariati altri per Godin e Dzeko che in due sfiorano i 70 anni di età, in un momento storico in cui – Liverpool, Ajax, Tottenham insegnano – conta mai come prima l’organizzazione di gioco, la freschezza atletica e sopratutto il perseguire con l’idea, con un progetto ben definito, con calma e razionalità. Sto con Spalletti perché non voglio buttare all’aria altri due anni in cui se non altro si è vista una squadra ed un allenatore che ci ha sempre messo la faccia con tranquillità e schiettezza), voglio solo dire come sono stufo, stufo marcio di come si faccia di tutto per essere condizionati in negativo da fattori esterni e da come si abbia sempre quella sensazione dell’essere in balìa degli eventi.

Basta, per favore. Stasera c’è una partita importante, ed io sto con il Mister, con la squadra, sono concentrato sul qui ed ora, hic et nunc, l’unica cosa che serve. Conta solo quello.
Per il resto, basta.

Vujen

Classe '85, marchigiano, interista da tre generazioni. Appassionato di fotografia, Balcani e cose inutili ma costosissime. I suoi pupilli sono Walter Samuel e l'indimenticabile Youri Djorkaeff. Lautaro più altri 10.

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