Bauscia Cafè

Ogni benedetta domenica

Alcuni di voi sono ancora al mare, alcuni sono già tornati,  alcuni non sono ancora partiti (mi vendicherò, tranquilli) quel che è certo è che mancano poche ore alla ripresa del calcio giocato. Contro il Cittadella, dico, il Cit-ta-del-la. Ma questa è un’altra storia.
L’astinenza estiva dal calcio ci fa fare cose strane, come andare alla Pinetina il 15 di agosto con un gruppo di amici nerazzurri. “A fare – vi chiederete voi – che tanto gli allenamenti erano a porte chiuse?” Ci sono stata a passare una giornata divina, a tornare bambina per essere riuscita a fermare la macchina di un giocatore. A correre contro la macchina di Campagnaro per l’autografo per un amico a casa, con Hugo che mi sfreccia davanti facendo ciao-ciao-con-la-manina (e comunque non me la sono presa per niente Hugo, ma non stupirti se sentirai una che esulta mandandoti a quel paese nel caso dovessi segnare). Io, proprio io che me ne frego della foto coi famosi e degli autografi, ma è stato divertente essere nuovamente nei panni della tifosa dopo così tante settimane senza stadio.
Tornata a casa, sfatta per le tante ore in piedi sotto il sole, ho pensato a quante volte ho letto che il calcio ormai è uno sport da divano, che non ci si diverte più, che si stava meglio quando si stava peggio.
Ecco, non è vero, ci tengo a sottolinearlo. Il calcio professionistico forse sarà diviso in maniera troppo netta tra chi lo gioca e chi lo segue, forse i giocatori di Serie A e B non si divertono più come i colleghi delle serie minori, perché ormai per loro è davvero solo un lavoro, ma da questa parte, dove stiamo noi tifosi, ci si può ancora divertire. Si può ancora passare giornate divine come quella di Ferragosto, col solo obiettivo di far incontrare Jonathan e il suo tifoso numero uno. Si può ancora macinare chilometri per l’ultima di campionato solo per trovarsi a giocare una partitella fra blogger (resoconti qui, qui e qui) all’ultima di un campionato talmente deludente, che si perde 5-2 in casa senza sorprendersene molto. Si può addirittura andare a Gelsenkirchen a sostenere la squadra per una partita di ritorno inutile (La tessera del panino) e non pentirsene. Quindi per favore, non mi venite più a dire che il calcio non è aggregazione, non è bello, che non c’è più l’atmosfera di una volta.

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Ogni benedetta domenica, Fulvio Paglialunga, add editore ISBN 9788867830138
E se non credete a me, che magari sono di parte, perché certe giornate meravigliose le ho vissute in prima persona, oggi è il giorno giusto per andare in libreria e comprare Ogni benedetta domenica, di Fulvio Paglialunga. Un libro che raccoglie storie di calcio, quel calcio di cui si parla sempre come se fosse sparito, ignorando che invece ancora esiste intorno a noi.
Nel libro, nato dopo tre anni di trasmissione a Radio Rai, ci sono 20 capitoli che raccontano un calcio particolare, bello, appassionante. Storie di tifosi incredibili, in grado di farci emozionare e accapponare la pelle, come quella del direttore di banca di Cesenatico abbonato del Fulham o del tifoso del Portogruaro capace di andare in trasferta da solo e cantare 90 minuti per la sua squadra. Storie di giocatori che ce la fanno, come Luigi Iaccarino, al quale manca un avambraccio, Totò Martorella, l’unico ad aver segnato in tutte e 10 le categorie. Storie narrate con rara delicatezza, da chi il calcio lo ama davvero. Si legge fra le righe.
Come diceva Pier Paolo Pasolini, non ha importanza dove si è nati, quando come e dove si sono avuti i primi approcci con il calcio. Il tifo è una malattia giovanile che dura tutta la vita.

Miss Green⁵

Sono nata e cresciuta all’ombra dello stadio, nel piazzale ho imparato ad andare in bici e in motorino. Da piccola dicevo che Malgioglio era mio padre, si somigliavano molto.

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