Cose belle (e meno belle) di questa Inter

Quando ho pensato di scrivere un post nel quale stilo un prima – preliminare – impressione di quello che ho visto in campo (specialmente in campionato) della nuova Inter campione d’Italia di Simone Inzaghi, ero conscio di correre il pericolo di di essere smentiti alla prima ripresa della stagione dopo la pausa nazionali, in un campionato che – ricordiamo – terminerà il 22 di Maggio, ossia fra ancora più di sette mesi. Tuttavia, però, nonostante il poco tempo passato, si possono vedere già dei marchi di fabbrica del nuovo gioco di Inzaghi (per alcuni versi molto diverso da quello di Conte della passata stagione), assieme ad alcuni difetti sui quali è bene lavorare, e mi piacerebbe passarli in rassegna nella speranza che poi, alla fine della stagione, possiamo esaltarne solo i lati positivi avendo dimenticato questi difetti come a dei piccoli incidenti di percorso. Il progetto Inter è ancora, evidentemente, un cantiere a cielo aperto, e ci vorràancora un po’ di tempo per intravvedere la fine dei lavori in corso. Però – dopo sette partite di campionato e due di Champions League – possiamo fare gli umarell e guardare a questo cantiere per scoprire che cosa va e che cosa ancora deve essere aggiustato.

Prima i nostri difetti. Purtroppo prendiamo troppi gol. Ne prendiamo tanti in senso assoluto ma ancora di più per una squadra che vorrebbe vincere uno scudetto. Nonostante la media gol della serie A sia in lieve aumento, essere la miglior difesa rimane, sempre e comunque, il miglior fattore predittivo della vittoria futura dello scudetto. Com’è come non è, noi abbiamo avuto soltanto un “clean sheet” su sette partite, alla prima giornata. Rispetto all’anno scorso il nostro centrocampo si muove peggio, subiamo molto di più il pressing alto uomo contro uomo dei nostri avversari, che quindi arrivano con meno schermo e più velocità verso i nostri difensori, due condizioni che renderebbero arduo il lavoro di chiunque chiamato a difendere la porta, ancor più avendo dei centrali difensivi eccellenti nella difesa di posizione ma non propriamente delle schegge in velocità. E attenzione, siamo già stati battezzati più volte in questo inizio di campionato (Verona, Fiorentina, Atalanta e adesso Sassuolo solo per dirne alcune) e sta diventando troppo facile per i nostri avversari avere almeno una o due palle gol in questo modo. Urgono (urgono) soluzioni alternative.

Un altro problema riguarda l’atteggiamento delle nostre avversarie nei nostri confronti, sia nell’inizio delle nostre azioni che nella loro gestione generale. Cominciamo dal primo. Nonostante non siano cambiati i nostri intepreti in difesa, abbiamo una uscita di palla dal portiere meno fluida rispetto all’anno scorso. L’anno scorso il dialogo tra portiere e centrale di difesa era finalizzato a liberare l’esterno il quale o faceva da sponda per il centrocampista, oppure veniva servito sulla corsa. Gli avversari che avessero voluto difendere questa uscita erano costretti ad allargarsi nel campo all’inverosimile, perdendo di fatto le spaziature. La mancanza di Hakimi da un lato ci impedisce questo tipo di soluzione costringendoci a passare più per il centro, dall’altra permette ai nostri avversari di fare quei 5 metri in avanti mettendoci più pressione in uscita della palla. Il risultato è che siamo meno efficaci e abbiamo subito almeno un gol (se non due, volendo mettere pure quello di Malinovskyi nell’elenco). In verità questa difficoltà è la risultante di una complessa combinazione di mancanze tecniche della nostra rosa rispetto al 2020/21. La naturale soluzione alla difficoltà ad imbastire un gioco efficace dal basso, sarebbe la ricerca della profondità verticale verso la punta, un lavoro facile se ci fosse stato ancora Lukaku, che è stato sostituito da Dzeko, giocatore molto forte nel fare gioco di sponda ma meno se deve tenerla per far salire la squadra. A questo si aggiunge che, di fatto, a centrocampo non c’è un’alternativa (a differenza del 2020/2021 dove c’era Eriksen) a Brozovic, che rimane pertanto facile preda delle trappole tese dagli allenatori avversari (Verona, primo tempo con la Fiorentina e in parte anche Atalanta).

Ciò mi dà il gancio per parlare del nostro problema di gestione offensiva dei nostri palloni. A meno di una veloce transizione verticale (che quest’anno eseguiamo con grande qualità e velocità), il grosso delle nostre azioni passa da Brozovic. A quel punto però diventa facile per le nostre avversarie bloccare la nostra manovra offensiva semplicemente mettendogli pressione. Noi sappiamo bene quanto il nostro play sia fondamentale per il nostro gioco e oggetto speciale delle attenzioni dei mediani, però è meno accettabile che basti “solo” questo per farci perdere una o due marce di velocità. In questo senso, è urgente che Calhanoglu si prenda più responsabilità nel gioco e si metta a disposizione per fornire soluzioni alternative per assistere il play Croato. Il Turco non è per natura un vice-Brozovic, ma allo stesso tempo si espone troppo poco nel campo per poterlo anche solo aiutare, assistere, o perlomeno per fornire un’alternativa di gioco credibile ai compagni di squadra. Ora come ora Hakan Calhanoglu è un ibrido tra un giocatore troppo poco dinamico per fare la mezz’ala box-to-box, e uno con troppa passività nel gioco difensivo per poter essere messo al centro del campo. Il suo contributo pertanto si riduce a quello di fornitore di buoni palloni dai calci piazzati che è onestamente troppo poco. Non è un caso che più di una volta la sua uscita dal campo per Vecino (o per Vidal, come contro il Sassuolo) abbia coinciso con un maggior dinamismo della manovra sia offensiva che difensiva. E, se un calciatore con la dinamicità del Vidal 2021 riesce a migliorare il gioco rispetto a Calhanoglu, significa che c’è un problema con il nostro numero 20. A sua parziale discolpa si può dire che il 3-5-2 non è il sistema di gioco che esalti le sue doti, però allo stesso tempo, per le doti tecniche di cui è dotato, è imperativo che a 27 anni, ci si possa aspettare una maturità nella comprensione di quello che gli accade attorno nel campo e, più in generale, dei momenti della partita. In caso contrario fornirebbe una risposta troppo semplice alla domanda che da qualche anno ci si pone su di lui “come mai con il piede che si ritrova non è mai neanche stato considerato da una squadra top Europea?”.

L’elemento che più di tutti ci fa capire come noi siamo ancora una squadra con la scritta “lavori in corso” è sicuramente l’intesa tra giocatori nello stesso reparto. Rispetto all’anno scorso, dove si erano create delle “coppie” in campo (dettate anche dal fatto che per lunga parte della stagione hanno giocato sempre-gli-stessi), quest’anno ancora non si sono visti automatismi tra le due punte, oppure tra le mezz’ali e i rispettivi esterni, e anche in difesa si è notato qualche problemino specialmente quando la palla danza in area di rigore. Dzeko si trova a giocare con un vero partner d’attacco per la prima volta nella sua carriera dai tempi del Wolfsburg (Grafite); nell’idea di Inzaghi, giocando un paio di metri indietro rispetto a Lautaro, può innescarlo meglio grazie al suo gioco di sponda e permettergli di trovarsi più spesso davanti al portiere. Di fatto, i due attaccanti si sono cercati sì ma si sono trovati meno di quanto ci si potrebbe attendere (a esempio di questo basti dire che su 11 gol di Lautaro e Dzeko nessuno è venuto da un assist dell’altro). Questo è sicuramente un altro aspetto che Inzaghi dovrà affinare, e che con il tempo non potrà che migliorare.

Tempo di passare alle buone notizie? Credo proprio di sì, dato che in queste prime settimane di stagione ce ne sono state eccome. In primis, una nota di merito ad Inzaghi e alla squadra in generale. Per la squadra, perché è oggettivamente forte. Se una partita dura e complicata come quella di ieri, nella quale ad un certo punto se fossimo stati anche 3-0 per il Sassuolo in pochi avrebbero avuto da ridire è stata ribaltata in così poco tempo, significa che abbiamo delle risorse che – se messe in campo al momento giusto – possono ribaltare qualunque tipo di avversario in questo campionato. Per Inzaghi, perché rispetto a quanto gli si è visto fare negli anni della Lazio, sta dimostrando di saper lavorare su sè stesso e sulle proprie scelte. Ai tempi della Lazio gli si rinfacciava una certa “stereotipia” nelle scelte e nei cambi in corsa. Metodico, ma anche prevedibile e protettivo in un certo senso. Per fare un esempio su tutti, il suo quadruplo cambio dell’ultima partita di Sabato scorso, nel momento forse peggiore della sua squadra, ha causato una scossa sia in chi entrava che in chi rimaneva in campo. È stato bravo (e molto fortunato) ad agguantare il pareggio neanche un minuto dopo, ma la fortuna – si dice – aiuta gli audaci, e Inzaghi ha saputo capire il momento e il tipo di ingrediente che ci voleva alla squadra, con il resto della partita che gli ha dato pienamente ragione. Considerando però il livello di pressione dell’ambiente dopo la difficile estate, il bilancio preliminare di Inzaghi è positivo. Non ci sono state partite svaccate completamente, c’è stato qualche errore di approccio e di gestione, a cui spesso però ha saputo porvi rimedio in corso (come per esempio proprio Sabato scorso).

Inoltre, nonostante alcune difficoltà e qualche mancanza di cui ho già scritto in precedenza, creiamo davvero tante occasioni da gol, riuscendo a coinvolgere i centrocampisti come non accadeva da molto tempo (e da qualche allenatore) per la nostra squadra. Nelle ultime uscite di serie A abbiamo prodotto 2.74 xG (Fiorentina), 3.52 xG (Atalanta) e 2.04 xG (Sassuolo), segno di una mole e di una consistenza offensiva davvero invidiabile. Inzaghi ha iniziato come con la Lazio, prediligendo un gioco centrale verso gli attaccanti, poi (anche vista qualche difficoltà con la posizione e il ruolo di Calhanoglu e la mancanza di alternative tra le mezz’ali), ha saputo aggiungere un credibile gioco dagli esterni (specialmente sfruttando la superiorità che viene data dall’occupazione degli ‘half-spaces’, ossia quelle aree di gioco tra il centrocampo e la fascia che è molto difficile per i difensori prendere – e a margine, uno dei motivi principali per i quali le difese a tre sono così efficaci in fase offensiva). Dimarco è sicuramente colui che ne ha giovato di più, avendo trovato una dimensione aggiuntiva ai progressi che aveva fatto con Juric a Verona e guadagnandosi così una meritatissima convocazione in Nazionale.

Siamo una squadra forte. Dopo gli addii di Hakimi e Lukaku, non era cosi’ scontato. Giochiamo bene, e – ancora – dopo l’addio di Conte per Inzaghi non era scontato, specialmente gia’ da inizio stagione. Abbiamo ancora pero’ alcuni difetti. Se li risolveremo, passeremo – anche quest’anno – da squadra solo forte a squadra fortissima.

In tutto ciò, l’Inter arriva alla pausa nazionali, preludio di una settimana importantissima con il filotto Lazio-Sheriff-Juventus, con 17 punti su 21, 22 gol fatti e 8 subiti. Come accennato, non esiste squadra da scudetto che prende più di un gol a partita, ma fin quando noi ne facciamo 3 di media a nostra volta, non ce ne si accorge. Ora verranno sfide dure, sfide nelle quali tutti dovremo fare uno step up per poter essere all’altezza della situazione, all’altezza dei campioni d’Italia in carica.