Bauscia Cafè

I record di Prandelli nati con gli scarti di Lippi

Riportiamo l’interessante articolo pubblicato stanotte da Giovanni Capuano su Calcinfaccia, con qualche considerazione personale.

La qualificazione anticipata agli Europei è la conferma che il calcio italiano conserva un minimo di competitività ad alto livello anche in un periodo di difficoltà che sembrano condannarlo a una lenta ma inesorabile retrocessione. Senza volerli caricare di inutile enfasi, i numeri da record della nazionale di Prandelli nel girone che ci proietta in Polonia ed Ucraina sono la fotografia esatta di cosa siamo oggi: una squadra solida, senza fuoriclasse ma nemmeno senza punti deboli che ci costringano ad abbassare la testa davanti ad avversari di secondo livello. A patto di non cadere nell’errore di considerarci favoriti in un Europeo in cui Spagna, Germania e Olanda restano oggettivamente più forti di noi, rappresenta un ottimo punto di partenza per costruire in serenità l’appuntamento che dovrà cancellare le vergogne sudafricane di un anno fa.
I risultati di Prandelli, che aveva ereditato una nazionale allo sfascio e un gruppo senza più alcuna autostima, dimostrano però anche che per restare competitivi è sufficiente limitarsi a fare le scelte più logiche senza arroccarsi in inutili personalismi. Negli ultimi quattordici mesi nel panorama del calcio italiano non è successo nulla di sconvolgente. Non è apparso sulla scena un nuovo Messi e nemmeno è esploso qualche talento sin qui inespresso. Se andiamo agli Europei con due turni d’anticipo è fondamentalmente grazie agli scarti di Lippi, giocatori che un anno fa il ct aveva scelto di lasciare a casa e che oggi rappresentano la spina dorsale del gruppo di Prandelli.
Nei ventitre del Sudafrica non c’erano Cassani, Ranocchia, Balzaretti, Aquilani, Thiago Motta, Cassano, Rossi e Balotelli. In compenso Lippi si era portato Cannavaro, Gattuso, Iaquinta, Pepe e Zambrotta e aveva regalato solo briciole a Pazzini (74 minuti), Maggio (89) e Quagliarella (79). Tolti Ranocchia e Aquilani, il primo infortunato e il secondo reduce da una stagione disastrosa, nessuno dei ‘nuovi’ di Prandelli era indisponibile un anno fa. Anzi. Il ct si era affidato al blocco della Juventus (settima in serie A e addirittura quartultima nel girone di ritorno con 22 punti) e aveva ignorato l’Inter del Triplete con la risibile spiegazione che ad Appiano Gentile non c’erano italiani. Aveva inseguito l’oriundo Amauri scartando senza nemmeno provarlo Thiago Motta, reduce dalla miglior annata della sua carriera. Aveva bocciato Balotelli (40 presente e 11 gol in quella stagione) come immaturo e mai convocato. Aveva escluso o marginalizzato la migliore coppia gol della stagione (Pazzini-Cassano, 29 gol in due con la Samp), considerato Rossi (17 gol tra Liga ed Europa League) meno utile di Quagliarella, tenuto a casa Balzaretti e Cassani, motori del Palermo classificatosi quinto alle spalle delle grandi. Di fronte alle critiche aveva argomentato che “non era rimasto in Italia nessuno che potesse essere più utile dei giocatori portati al Mondiale”. I fatti si sono incaricati di smentirlo.
L’Italia non era quella eliminata in Sudafrica da Paraguay e Slovacchia e precipitata al 16° posto del ranking Fifa. A Prandelli è bastato mettere in fila scelte logiche per certificarlo. La sua vittoria oggi è anche un atto d’accusa per il Lippi sudafricano che oggi si unisce al coro di complimenti per il suo successore. A un anno di distanza sarebbero più gradite scuse e spiegazioni, quelle che l’ex ct si è sempre rifiutato di fornire nascondendosi dietro l’insindacabilità delle sue scelte. E non si parli di avversari abbordabili e girone troppo facile per fallire. In Sudafrica ci arenammo davanti a Paraguay (31° nel ranking), Slovacchia (34°) e Nuova Zelanda (78°). Per quale motivo Slovenia (23°), Serbia (29°) e Irlanda del Nord (59°) avrebbero dovuto rappresentare un ostacolo più basso da saltare?

[Giovanni Capuano su Calcinfaccia]

Le parole di Capuano sembrano francamente ineccepibili, ed è bello ritrovarci oggi -noi e lui- a ripetere cose che già un anno fa sembravano chiarissime e lampanti. Ma no: le scelte di Lippi erano ineccepibili e insindacabili. “In Italia non è rimasto nessuno che potesse essere più utile dei giocatori che sono qui“. Indimenticabile.

Così come indimenticabile era l’appecoronarsi all'(ex) ct di stampa e commentatori, culminato nel celebre esordio di Varriale durante la conferenza stampa post-eliminazione: “Innanzitutto grazie, Marcello“. Sembrava una barzelletta, invece era la drammatica realtà. Una realtà fatta di incompetenza e favori personali, di presunzione e comportamenti para-mafiosi. Non ci siamo mai stancati di sottolineare queste cose durante il “Lippi-bis”, non ci siamo mai stancati di ripeterle fino alla nausea, partita dopo partita. Ma no, ci rispondeva: lui era in perfetta buona fede, le scelte erano le sue, non doveva chiarire, non doveva giustificare. Lui era il commissario tecnico campione del mondo, cosa cavolo volevamo saperne noi di quali erano le scelte migliori?

Non erano le sue.

Anche nel mio ultimo saluto all'(ex) ct avevo ripetuto queste cose: ma era un saluto amaro, triste, segnato da un evento sportivo inaspettatamente diventato spiacevole. Oggi, invece, abbiamo la possibilità di ribadire tutto senza più rabbia e a mente fredda.

Avevamo ragione noi, Marcello. E non te lo diciamo a seguito di una eliminazione, ma a seguito di una vittoria. La vittoria di Cesare Prandelli, la vittoria della Nazionale Italiana, la vittoria del calcio, la vittoria dei fatti puri e semplici. Quei fatti che si sono incaricati di smentirti, che hanno sancito l’improponibilità delle tue scelte e che hanno chiarito a tutti che le alternative c’erano. Le alternative si chiamavano Balotelli e Thiago Motta, Cassano e Pazzini, Rossi e Balzaretti. Le alternative ti hanno inchiodato oggi, con due anni in più sulle spalle, alle tue responsabilità. E hanno sancito la tua sconfitta definitiva, e l’umiliazione del tuo mondo.

Oggi ha vinto la Nazionale Italiana.

E io mi rendo conto di aver usato fin troppe parole, quando in realtà ne bastavano quattro.

Nk³

Il calcio è uno sport stupido, l’Inter è l’unico motivo per seguirlo. Fermamente convinto che mai nessun uomo abbia giocato a calcio come Ronaldo (ma anche Dalmat non scherzava). Vedovo di Ibrahimovic, ma con un Mourinho in panchina persino i Pandev e gli Sneijder possono sembrare campioni. Dategli un mojito e vi solleverà il mondo.

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