Bauscia Cafè

Un nuovo inizio

Ogni storia, si sa, ha un inizio e una fine. Ma oggi voglio scrivere di una storia un po’ particolare: una storia che ha una fine e un inizio.

C’era qualcosa di magico, di predestinato in quest’ultima partita di campionato giocata il 22 maggio. Il 22 maggio 2011: una scelta quasi romantica, per quanto casuale, operata da chi ha voluto far terminare il campionato ad un anno esatto dal più grande dei Trionfi. Guardavi la partita, e ti sembrava quasi di sentire in sottofondo le note di un notturno di Chopin. La stessa tranquillità, la stessa pace interiore, lo stesso respiro calmo e rilassato di chi si gode gli ultimi istanti di un sogno, gli ultimi attimi di un sonno ristoratore che lo ha aiutato a recuperare tutte le energie, che lo ha preparato ad affrontare una nuova giornata.
Quanto è stato lungo, questo sonno.
Ripenso alla partita col Mazembe e a quella Coppa alzata al cielo, ripenso all’Inter sul tetto del mondo, e mi sembra passata una vita. Rivedo il Capitano con quella Coppa tra le mani, e provo una strana sensazione: non mi basta più. Mi rendo conto di avere di nuovo fame. Ripenso alla notte di Madrid, all’urlo disperato di Diego Milito e alla Coppa sulla testa di Zanetti e mi sembra di essermeli goduti per davvero, di essermeli goduti fin troppo. Rivedo il “lancio” della Coppa verso le tribune stracolme di San Siro e, finalmente, ho una voglia pazza di riprovarci.
Non mi succedeva da un anno.
Alcune partite quest’anno non le ho neanche viste. Per scelta, con tranquillità, senza l’ansia di chiedere il risultato ogni minuto. Ero sereno, tranquillo. Stavo ancora festeggiando, fino a Inter-Catania. Fino al 22 maggio del 2011, fino al primo anniversario del Triplete. Fino a quella doppietta di Pazzini che chiude idealmente il cerchio iniziato con la doppietta di Milito, in un ideale passaggio di consegne tra i due bomber che si sono caricati e dovranno caricarsi tutta la squadra sulle loro spalle.
Ho di nuovo fame.
Non quella fame disperata e affannosa che provavo alla metà di giugno di sei anni fa, quando Adriano e Mihajlovic diedero il via alla Grande Abbuffata che ci ha portati fino ad Abu Dhabi, ma una fame composta, elegante, sobria. La fame di chi vede scoccare le 20 e sa che è ora di cena e sa che come tutti i giorni interromperà ciò che sta facendo e si andrà a sedere a tavola, per mangiare. E saziarsi. Ho la fame di chi alle 20 ci arriva dopo aver saltato il pranzo.
Voglio ricominciare a nutrirmi di cibo, di vittorie, di quelle Coppe che da troppo tempo non vedo bordate dei colori nerazzurri. Cinque mesi è un’eternità, per chi è abituato a mangiare tutti i giorni. Ma la tavola è già imbandita.
Il 22 maggio è finita la nostra storia, il giro del Mondo da Roma a Milano, dalla doppietta di Adriano alla doppietta di Pazzini passando per la doppietta di Milito e la tripletta -pardon, il Triplete- dell’Inter. E’ ora di iniziarne una nuova. Ci ritroviamo a Roma davanti alla Coppa Italia, compagna fedele di queste stagioni di immensi trionfi. Ci ritroviamo a Roma e siamo finalmente di nuovo affamati.
Ci ritroviamo a Roma, e siamo pronti per ricominciare.

Nk³

Il calcio è uno sport stupido, l’Inter è l’unico motivo per seguirlo. Fermamente convinto che mai nessun uomo abbia giocato a calcio come Ronaldo (ma anche Dalmat non scherzava). Vedovo di Ibrahimovic, ma con un Mourinho in panchina persino i Pandev e gli Sneijder possono sembrare campioni. Dategli un mojito e vi solleverà il mondo.

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