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Il dilemma del prigioniero I. – tirando le fila della tournèe americana.

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Chiariamo subito, per onestà intellettuale, in modo da perdere qualche lettore già alla seconda riga: il dilemma del prigioniero (la “I” sta per Inter, non per Ibra) è un riferimento ad un esempio paradossale inventato negli anni 50 per spiegare le strategie sulla base delle aspettative; in questo post non si parla quindi dei guai giudiziari di nessuno, nè se sia peggio essere prigionieri delle telecronache di Sky o di Mediaset Premium.
Giusto perchè nessuno è così pazzo da parlare di queste cose alla cazzo in un blog calcistico, preciso che di tale dilemma al fine dellanalisi seguente è importante spiegare solo le premesse e la conclusione: ci sono due prigionieri, entrambi hanno due opzioni, confessare o tacere; il dilemma sta nel fatto che i loro anni di carcere varieranno a seconda della loro confessione ed anche di quella che eventualmente renderà laltro prigioniero: se entrambi tacciono, un anno a testa, se entrambi confessano, 6 anni a testa, se uno confessa e laltro no, chi confessa è libero e laltro sconta 7 anni; la conclusione (fidatevi di chi lo ha inventato e studiato) è che alla fine confessano entrambi, per minimizzare il danno che temono.
State ancora leggendo? Grandi! Allora, come si applica questo esempio alla tournèe americana dellInter appena conclusasi? Cè una società che ha programmato da mesi un torneo negli states, insieme ad altre 3 squadre, in cambio di un ritorno economico e che ha tutto linteresse a suscitare curiosità ed a farsi conoscere visto che non è pratica di questi eventi promozional-esibizionistici, almeno in questo continente; quando è già iniziata lavventura, riceve unofferta per il trasferimento dellanno, in termini economici.
Non essendo in ballo noccioline, il primo problema per la società diventa quindi chiudere la trattativa, anzichè pensare (solo) alla promozione. Della società fa pienamente parte lallenatore, in quanto informato costantemente di tutto, che approva loperazione e da perfetto dipendente pensa in primo luogo al bene della società.
E qui iniziano i problemi, per Mou: il primo dilemma è parlare o non parlare?
Perchè il portoghese, da grande comunicatore, sa come funziona il giochino della prostituzione intellectuale nel nostro paese: se non parla, si scateneranno le ipotesi più fantasiose, ma tutte in ununica direzione, cioè una frattura tra lui ed il presidente, mentre se parla dovrà stare comunque attento a non dire nulla che possa compromettere la trattativa, quindi non fare troppi apprezzamenti nè su chi parte (o le parole verranno interpretate come “rimpianto” e “contrarietà implicita” alloperazione), nè su chi potrebbe arrivare (sia perchè se poi salta tutto, ci fai la figura del fesso, sia per non far abbassare lofferta di conguaglio economico da parte del Barca)… E allora diranno alcuni, non poteva, uno preparato come Mou, dire comunque qualcosa, senza dire nulla di sostanzialmente rilevante?
No.
Punto.
Non è fatto così, il tizio che fa bene queste ora cose sta a Londra, molti altri sono sparsi per lItalia, Mou invece è diventato famoso anche per dire le cose chiaramente… non solo, ma se poi in conferenza stampa si presenta e recita il compitino, saranno pronti a rinfacciargli pure questo, a dire che non è daccordo, etc.etc…
Bene, a questo punto, il Mou (ma non in veste di mero allenatore, quanto di rappresentante della società Inter) ha le stesse due opzioni del caro vecchio prigioniero, parlare o non parlare, e lo stesso obiettivo obbligato, imposto dagli eventi: minimizzare il danno. In questo caso, visto che comunque verrà strumentalizzato il suo atteggiamento, meglio non rischiare di nuocere alla trattativa, e piuttosto sacrificare una grandissima vetrina. Perchè purtroppo questo prezzo è stato pagato, non crediate che sia una genialata in termini di immagine mandare in conferenza pre-Chelsea Baresi, Farias, o chi altri, era semplicemente lunica cosa possibile.
E un peccato quindi che loffertona sia arrivata con questo timing (cit.), ma stante così le cose nessuno poteva agire diversamente (ve lo immaginate il Presidente che dice a Laporta “caro Joan, grazie, ma tieniti tutto, la mia squadra deve fare promozione negli States“?), e pazienza se passeranno altri 4-5 anni prima che dagli USA ci ricontattino per una cosa del genere (dopo che appunto nel 2003 o 2004 andarono Giuve e BBilan a raccattare figure barbine a pagamento).
Ovviamente questo se nel frattempo non vinciamo niente a livello continentale, perchè questi tour dovrebbero servire anche a sopperire dal punto di vista dellimmagine ai 44 anni senza Coppa… mentre se riuscissimo a ri-scrivere il nostro nome sullalbo doro, il problema non si porrebbe proprio.
Vabbè, chiusa questa pagina di marketing, veniamo agli aspetti tecnici:
1) praticamente inutile la prima partita (visti i diversi calendari calcistici continentali, i Messicani del Club America sono in piena stagione, mentre noi eravamo al secondo impegno dallinizio del raduno), buon test la seconda, contro una squadra più avanti nella preparazione ma che ha evidenziato i nostri limiti ed i loro vantaggi dallaver azzeccato qualche anno fa (grazie anche al Mou) delle buone campagne acquisti pluriennali, infine nuovamente inutile la terza.
2) si, il derby merita un punto a parte, perchè finchè a fronteggiarsi sono stati gli undici-base, la partita è stata non eccelsa ma impietosamente squilibrata, dopo è iniziato un altro spettacolo, il circo.
3) buon inserimento dei primi nuovi arrivati, conferme in positivo ed in negativo dai vecchi, troppo presto per valutare gli schemi, senza Etoo e Hleb
4) il dubbio che potrebbe venire: ma abbiamo buttato nel cesso tutto il lavoro tattico fin qua?
Mia personalissima risposta: no, anche se qualcosa va rivisto, ma non è che da qui in avanti si gratteranno, il Mou poi ha già detto che sanno come inserire nel gruppo chi è arrivato dopo (anche Lucio, J.Cesar e Maicon, giusto per la precisione).
5) nella nostra rosa figurano ancora giocatori di dubbia (per non dire nulla) utilità, come Quaresma, Mansini, Obinna, Rivas, ed altri che come riserve potrebbero anche venir buone, ma non a quegli ingaggi (Vieirà) o che possono essere monetizzati “ora o mai più” (Burdisso). Ho molta fiducia in tal senso nel lavoro della società.
6) un altro attaccante ora non serve, nemmeno se di fantasia, al Massimo (nel senso che se proprio Massimo vuole spendere, non nel senso che non ci farebbe comodo) consiglierei Un centrocampista con i tempi degli inserimenti ma che parte da dietro.
Chiusura mediatica: presentato Ibra al Barcelona, sobrietà e rispetto, con le giuste parole (i dettagli tipo posa per i fotografi per la prima pagina di domani non mi interessano) da indirizzare al Club che lo ha reso ciò che è ora, prendendolo poco più che teppista (godeva di una specie di immunità presto perduta una volta giunto allInter) da una squadraccia di serie B, mi aspetto altrettanto domani da quella di Samuel Etoo.

 

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Al quale, ancora una volta, va il nostro benvenuto!

 

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Mr Sarasa

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