Bauscia Cafè

Mancinici

Ignorate il mio ennesimo, stupido gioco di parole ideato per cercare un titolo non banale, e pensate a quanto siano stati tragicamente simili i primi tempi di Palermo e Bologna.
Squadra disumanamente lenta, moltissimi errori di misura, scarso coraggio, condizione fisica discutibile: contro chi sceglie di difendere basso e ripartire (non c’è neppure bisogno di fare catenaccio) giocare così significa far scorrere il tempo in attesa di qualcosa che non può e non potrà mai accadere.
Perché non ci sono linee di passaggio, non ci sono movimenti senza palla, nessuno ragiona in verticale e quelli che sanno saltare l’uomo e creare la superiorità (Ljajic e Perisic) poi sbagliano la misura del cross o predicano nel deserto.
Persino il rosso inventato si è ripetuto, tale e quale a Palermo: stavolta a farne le spese è stato il terribile Melo, l’altra volta Murillo, la sostanza non cambia.
Inutile farne una questione di arbitraggio, perché per quanto la scelta di Banti resti sciocca e ingiusta, la colpa principale resta quella di non aver neppure pensato di giocare a calcio per 59 minuti; così facendo basta un episodio nefasto a complicare ancora di più quei piani che avevi già distrutto da solo.
L’Inter, ridotta in 10, gioca meglio, proprio come a Palermo.
Un caso? No, una logica ben precisa.
Con l’uomo in meno Mancini è “costretto” a riportare Brozovic nel suo ruolo naturale, invece di farlo fondere sull’esterno destro, e il croato recupera tutta la sua lucidità e riesce a velocizzare una manovra fin lì immobile e a cercare sacrosante verticalizzazioni.
Il gol nasce da un suo pallone (e dal generoso contributo di Ferrari), ma non è casuale.
Così come non è casuale la buona partita di Ljajic, uno che mi auguro trovi spazio, perché è portatore sano di qualità e sa calciare, due cose che a questa Inter farebbero molto comodo.

Rivogliamo Destro. Nel senso che vogliamo rivederlo sbagliare così.
Rivogliamo Destro.
Nel senso che vogliamo rivederlo sbagliare così (e bravo Handa, diciamolo)
Poi c’è Icardi, il vituperato bomber: io per primo lo avevo criticato, ma sul web si è scatenata una insensata caccia all’uomo.
Un conto è discuterne la scarsa propensione ad aiutare la squadra, a giocare di sponda, accorciare gli spazi, un altro accollargli tutte le nostre difficoltà in attacco; difficoltà figlie di una manovra che non decolla e si accartoccia su rotazioni e moduli che non premiano gli interpreti, costringendoli a fare ciò che non sanno.
Icardi è un bomber di razza, e i pochi palloni degni che riceve sa sempre (o quasi) come trasformarli in oro: detto ciò, ha margini di crescita enormi in riferimento a quanto detto sopra, ma dovrà essere soprattutto la squadra a fare molto di più.
Non PER lui, ma INSIEME a lui. In tal senso un compagno d’attacco più vicino forse lo agevolerebbe, lo si è visto con Ljajic: una sorta di tridente ibrido, con due punte che si aiutano e una larga (Perisic) a portare via uomini e creare spazi.
Credo ci si possa lavorare, perché al Perisic trequartista inorridisco.
Torniamo da Bologna con gli stessi, identici problemi di Palermo e una nuova squalifica, ma con quei tre punti che volevamo ad ogni costo e abbiamo ottenuto, per quanto faticosamente.
Non si capisce ancora bene cosa possa essere quest’Inter: Kondogbia è ancora in piena apnea e forse soffre il fatto di dover dimostrare tanto da subito, Mancini si ostina in alcune scelte cervellotiche come quella di Brozovic fuori ruolo o il rilancio di Ranocchia (a tratti disastroso) titolare, ma soprattutto sembra non saper trasmettere ai ragazzi la necessità di giocare una partita per intero, di cambiare marcia, di togliersi di dosso un’apatia che sembra ancora appartenere ai recenti fallimenti.
È una squadra nuova, assemblata in modo imperfetto, atleticamente inceppata.
Servirebbe un grande risultato, che non significa goleada ad ogni costo: significa una partita tenace, concentrata, vinta di misura, ma sapendo di aver fatto tutto nel modo giusto, soffrendo perché l’avversario era forte ma noi siamo stati più bravi, e non per l’incapacità di far arrivare un pallone in attacco senza doverlo toccare 70 volte a velocità da oratorio.
Sabato riceviamo la Roma. Il rischio è alto, ma potrebbe essere la partita giusta per cominciare a credere in se stessi.

NicolinoBerti

Coglione per vocazione, interista per osmosi inversa dal 1988 grazie a un incontro con Andy Brehme. Vorrei reincarnarmi in Walter Samuel, ma ho scelto Nicola Berti per la fig...ura da vero Bauscia.

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