Bauscia Cafè

Le locandine e il campo

Nonostante siano passati ormai tre giorni dalla meritata vittoria nella stracittadina milanese, sono sicuro che molti di voi – di Noi – portino ancora sulla propria pelle (chiamiamola così…) evidenti segni di priapismo non patologico, tra erezioni incontrollate, risate isteriche da gioia incontenibile e una legittima soddisfazione per il trionfo al 90° su rigore, lieto fine calcisticamente perfetto.
D’altronde non siamo stati noi a riempire la settimana lavorativa di proclami, frasi a effetto e slogan di celodurismo spicciolo, ostentando una sicumera a forte rischio perculatio; gli occhi della tigre di Mirabelli, la morsa di Musacchio, il vincere e vinceremo di Bonucci, un intero castello di carte crollato sotto i colpi di un incredibile Icardi mentre Spalletti, saggio e sornione, aveva come sempre rintuzzato gli attacchi con pungolante ironia, forse consapevole che alla fine gli altri avrebbero parlato a vanvera e lui avrebbe avuto ragione.
Non è un caso che si stia ancora togliendo i sassolini dalla scarpa col suo fare gigioneggiante (non c’entra Donnarumma) e pungente: ne ha ben donde, almeno per ora.
Cosa ci lascia in dote questo derby d’ottobre?
Molte notizie positive, indubbiamente, e qualche brutto segnale che, peraltro, non fa altro che ribadire gli ormai noti problemi di questa squadra.
Oltre al risultato l’Inter ritrova il suo bomber e lo fa nella serata ideale: Icardi regala due gol di rara bellezza, nati da azioni altrettanto meritevoli di applauso, e un rigore trasformato col sorriso di chi, tra un tatuaggio, una Wanda Nara e una biografia, sa il fatto suo ed è già entrato di diritto nella storia dei Grandi Attaccanti Nerazzurri. A 24 anni. Con ancora ampi, enormi margini di miglioramento. E giocando in Inter discrete o men che mediocri, finora. Mi preme ricordare il suo costo di acquisto: 13 milioni di euro.
È stato il derby di Candreva che esce dal tunnel, affronta le critiche e le restituisce al mittente con una prestazione di qualità e sostanza che ci auguriamo tutti possa essere preludio a un nuovo corso. È stato anche il derby di D’Ambrosio, consapevole dei propri limiti, ma in crescita esponenziale sotto la guida di Spalletti, il derby della riconferma di Skriniar – ma Cutrone lo ha bruciato eh, attenzione! – e quello della sfortuna indolore di Handanovic che, dopo aver salvato tutto il salvabile, a momenti riesce anche a togliere dalla porta quell’imprevedibile, difficilissima spaccata di Bonaventura. Una stracittadina viva, emozionante, capace di riabbracciare tutta la pienezza del tifo nerazzurro e regalare gesti tecnici finalmente degni di una partita simile.

Reminder
Reminder
È stato però anche il derby del blackout, marchio di fabbrica stagionale di un’Inter che, atleticamente e mentalmente, marca ad ogni turno di campionato il cartellino dell’assenza temporanea dal campo, con conseguenze spesso disastrose. La buona notizia, fin qui, è che allo scempio – il gol di Suso, per quanto stilisticamente ineccepibile, è una roba da gettare la tv dalla finestra tipo sigla di Mai Dire Tv – subentra sempre una reazione uguale e contraria e una voglia di vincere la partita che va oltre il fattore tecnico/tattico.
Spalletti la partita sa leggerla, ma talvolta lo fa con colpevole ritardo, complice anche una panchina che definire corta sarebbe un eufemismo: vedere un Miranda ormai  sul viale del tramonto con l’atteggiamento del mimportanasega infarcire di errori grossolani una partita così importante e sapere che il suo unico sostituto sia Ranocchia mette i brividi e obbliga l’allenatore ad accendere ceri in quantità industriale a San Peppino Prisco da qui a gennaio. Un discorso simile può essere fatto anche per il centrocampo, dove troppe restano le incognite tra chi deve ritrovare se stesso (Gagliardini, Brozovic, Joao Mario), chi trovare continuità nonostante sprazzi di gran calcio (Vecino) e chi ritrovare le gambe, magari rinunciando alla barba (Borja Valero), e per l’attacco, dove Maurito dovrà necessariamente portare la croce conscio di quanto sia fondamentale il suo apporto offensivo, in una rosa dove soltanto Eder e Pinamonti potrebbero sostituirlo o affiancarlo.
Credo infine che questo 3-2 abbia mandato due messaggi molto importante per l’universo Inter:
il primo è aver reso evidente una volta per tutte a Suning quanta passione circondi il nerazzurro, quanto possa significare un derby anche dal punto di vista commerciale e che il lavoro di Spalletti, finora ineccepibile nonostante gli evidenti limiti di una rosa che lui stesso desidera corta, sì, ma non risicata all’osso come attualmente è, merita un aiuto concreto a gennaio: quattro interventi mirati, pianificati e decisi sul mercato, per dare spessore alla squadra, per offrire alternative valide al tecnico, per completare mancanze deleterie sul lungo periodo, che rischiano di sputtanare una stagione potenzialmente positiva. Per chi scrive la priorità va ad un titolare da affiancare a Skriniar, un terzino sinistro affidabile per facilitare l’inserimento di Dalbert,  un centrocampista completo e un attaccante con le caratteristiche desiderate da Lucianone nostro (un trequartista? un sostituto di Icardi? uno che possa affiancarlo?);
il secondo, ma questa è soltanto una mia sensazione, è aver ricompattato l’ambiente una volta per tutte, in una sorta di abbraccio collettivo tra squadra, allenatore e tifoseria.
L’impressione è che questa vittoria sia stata una sorta di nuovo inizio, un “noi ci siamo” gridato con convinzione e umiltà da parte di chi continua a essere consapevole dei propri limiti, ma non per questo vuole deludere il proprio pubblico né allargare le braccia in segno di resa. Una speranza che non voglio si trasformi in ennesima delusione.
Non c’è più tempo per esultare, perché sabato arriva La Trasferta contro l’attuale capolista solitaria, squadra rodata, dinamica, ispirata, padrona dei propri mezzi. Ma non esente da difetti.
Il confronto ci dirà qualcosa in più su chi siamo e chi potremmo essere, e dirà qualcosa di più anche sulle rispettive capacità di lettura tattica di Sarri e Spalletti, senza bisogno di scomodare nessuna faccia di cazzo. Nessuna locandina, niente seghe mentali su tigri e paure, al bando i proclami: sarà il campo, come sempre, a parlare.
Arriviamo a Napoli con il morale alto e la consapevolezza di non essere i favoriti, ma questo non giustificherebbe in alcun modo una resa incondizionata: il nostro dovere sarà quello di giocarsela, sempre e comunque, perché questo possiamo farlo. Dobbiamo farlo.
Perché siamo l’Inter e Spalletti lo sa. Non resta che farlo capire anche ai nostri ragazzi, una volta di più.

NicolinoBerti

Coglione per vocazione, interista per osmosi inversa dal 1988 grazie a un incontro con Andy Brehme. Vorrei reincarnarmi in Walter Samuel, ma ho scelto Nicola Berti per la fig...ura da vero Bauscia.

256 Commenti
Nuovi
Vecchi Più votati
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti

PODCAST

Twitter

Instagram

Instagram has returned empty data. Please authorize your Instagram account in the plugin settings .

Archivio