Bauscia Cafè

Erba alta e terreno sassoso

Non so se riuscirà a sopravvivere a quella centrifuga chiamata Inter (citando il Trap), ma Luciano Spalletti è indubbiamente un uomo astuto e intelligente.
Dopo la vittoria allo Scida, consapevole della brutta prestazione della squadra e dei meriti del Crotone inchiodato sul momentaneo zero a zero soltanto da un insuperabile Handanovic, ha esordito in conferenza stampa e nelle interviste successive parlando del caldo, del terreno di gioco brullo che rallentava la trasmissione della palla e dei crampi che colpivano i giocatori in campo: un modo elegante per alleggerire la pressione sui propri uomini e respingere al mittente le critiche sul gioco che latita e le troppe occasioni concesse ad una squadra che lotterà per la salvezza fino all’ultima giornata.
Bastone e carota, ma usando il cervello: è così che una prova in trasferta per lunghi tratti inguardabile viene spostata su una dimensione diversa, dove i demeriti dell’Inter si mescolano alle circostanze ambientali e agli applausi per i padroni di casa, bravi ad imbrigliare la squadra più forte per poi sorprenderla sfruttando lanci lunghi, fisicità e la pessima giornata di Miranda, forse il peggiore in campo in assoluto.
Spalletti sa benissimo che la sua Inter non può e non deve ripetere partite come quella vista in Calabria, ma è altresì convinto che la crescita dei suoi ragazzi passi anche attraverso la capacità di saper soffrire e di poter sopperire, in un modo o nell’altro, a giornate di brutto calcio. Sta lavorando sul fisico, ma soprattutto sulla testa di chi era in campo anche pochi mesi fa su quella stessa erba alta e quel terreno sassoso, mentre Pioli non sapeva più che pesci prendere e il Crotone ci prendeva serenamente a pallonate, portando a casa tre punti e lasciando sprofondare l’Inter in una depressione senza fine. Molti di quegli stessi giocatori, pur non regalando certo un pomeriggio entusiasmante ai tifosi a casa, hanno saputo tenere botta, e la cosa più importante è che nessuno abbia mai perso la bussola: c’è un piano, c’è una volontà di fare determinate cose, che riesca o meno dipende da molteplici fattori, inclusa l’abilità dell’avversario e la voglia dei nostri. Non abbiamo sbracato né tirato i remi in barca, e un gol brutto come quello di Skriniar è comunque un gol che devi volere, per poterlo realizzare. Resti lì, lucido, anche un po’ culone, ma pronto, e la metti dentro sbloccando una situazione tendente al pessimo.
Così come Handanovic resta lì e sfodera riflessi talvolta dimenticati, salvando il risultato quando ancora tutto era in bilico tra speranza e disastro.

Limonala
Limonala
Ognuno fa il suo, talvolta bene, altre volte maluccio o malissimo, ma sembra ci sia una volontà comune, indubbiamente ispirata dal desiderio dell’allenatore di trovare e ricercare costantemente unione d’intenti. Non dovremmo quindi stupirci se l’Inter fa fatica, perché l’Inter DEVE fare fatica. È esattamente quello che non ha fatto per anni, con giocatori pronti a farsi intervistare per confessare di aver mollato, con un candore sul volto degno di mille schiaffoni a mano aperta, e allenatori messi alla berlina in modo neppure troppo velato.
Non credo, e lo spero di cuore, che con Spalletti questo possa accadere. Non sarà Il Condottiero, ma è uno senza peli sulla lingua (e ce l’ha pure mostrata allo Scida) e credo sappia come farsi rispettare e, a modo suo, apprezzare; certo ci vorrà una presenza societaria ben diversa da quella vista in tempi recenti, capace di proteggerlo quando lui non sarà in grado di farlo da solo usando una battuta pepata o rispondendo direttamente ad un interlocutore incauto.
È per questo che rido di gusto quando alcuni tifosi, ma soprattutto molti giornalisti sportivi o presunti tali, si dilettano nel riportare tutti con i piedi per terra al grido di “sì, ma l’Inter HA I PROBBBLEMI”. Grazie al cazzo, signori miei.
L’Inter ha problemi dal 2011, in larga parte irrisolti o affrontati con colpevole sufficienza. Non è soltanto normale giocare partite brutte come quella di Crotone, ma fisiologico. E francamente non credo che l’allenatore non si sia accorto delle difficoltà dei singoli o di quello che ancora manca per diventare grandi. D’altronde lo ha detto anche lui, “ero l’allenatore dell’Inter anche l’anno scorso”. Sfumature che a molti magari sfuggono, troppo impegnati nell’attendere la prima figura di merda stagionale (e arriverà, è nell’ordine delle cose) per poter dire a tutti che loro sì, lo avevano detto, che Spalletti non ha capito, non ha colto, che si deve fare così e non cosà.
Passano in secondo piano vittorie affatto scontate, piccole certezze ritrovate, persino il culo che sembra tornato a sorriderci di tanto in tanto.
Anche la plurititolata Juventus ha sofferto su campi apparentemente da sbancare, strappando vittorie fortunate o addirittura immeritate con una squadra ben più rodata e forte della nostra. Il lavoro mentale e fisico passa anche attraverso trasferte vagamente orribili come quella di Crotone, e che dal letame nasca un fiore dovrebbe comunque regalarci un sorriso, perché in panchina siede un tizio che dei problemi dell’Inter si occupa giorno per giorno e che, almeno a quanto stiamo vedendo, ce la sta mettendo tutta per far sì che oltre al risultato arrivi anche la prestazione, e che la squadra comunque possa sempre contare su un piano di gioco concreto. Non è cosa da poco, o magari sono io a voler fare l’ottimista a priori, chissà.
Intanto vi invito a sorridere.
Anche perché stasera si torna in campo e avremo un ex di lusso da arginare. E in un campionato dove le grandi fagocitano le piccole, è proprio con le piccole che devi cominciare ad essere grande.

NicolinoBerti

Coglione per vocazione, interista per osmosi inversa dal 1988 grazie a un incontro con Andy Brehme. Vorrei reincarnarmi in Walter Samuel, ma ho scelto Nicola Berti per la fig...ura da vero Bauscia.

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