Bauscia Cafè

E quindi?

“Commento solo il rigore, un rigore di questo genere cambia veramente una partita, mette la squadra in condizione di sentirsi non considerata. Con un rigore inesistente che ti viene dato contro, tutta la buona fede di tutti ma io non ci credo. Non credo alla buona fede degli arbitri”

“Non credo proprio di dover spiegare meglio. Basta vedere come sta andando questo campionato e soprattutto nei nostri riguardi. Quindi, quando c’è una volontà di colpire, comunque lo si fa. Nel dubbio il rigore su Rocchi non si dà, nel non-dubbio – perché non è esistito niente – il rigore contro di noi si dà”

Fino a qui poco da dire: ci troviamo davanti ad un altro -l’ennesimo, in tutti questi anni- sfogo di Moratti. Ineccepibile fra l’altro se interpretato correttamente, e cioè non come il commento a un singolo episodio di una partita, ma come la chiusura di una lunghissima serie di episodi a senso unico e statisticamente clamorosi.
Dopo tutto questo però arriva una domanda inevitabile: e quindi?
Ovvero: che si fa ora? Il solito dietrofront? O si fa realmente qualcosa di concreto per cambiare le cose?
La prima scelta sarebbe, francamente, intollerabile. Avrebbe il sapore di un triste teatrino precostituito, una sceneggiata vista e rivista nel corso degli anni: dopo la partita spariamo a alzo zero, dopo un paio di giorni si ritratta tutto e via, verso una nuova domenica e verso il solito spettacolo. Davvero: no.
Il punto è che, abituati da anni a questo cliché noi come tutti gli attori del calcio italiano, non diamo neanche più il giusto peso alle parole che caratterizzano questi sfoghi. Dire “non credo alla buonafede degli arbitri” è una affermazione gravissima, carichissima di significati e che si porta dietro una serie di conseguenze enormi. Non credere alla buonafede degli arbitri significa non credere alla terzietà di chi dovrebbe garantire il rispetto delle regole sul campo e, di conseguenza, di tutto il sistema di potere che c’è a monte. Significa non credere alla regolarità delle partite -anche solo di alcune partite- e quindi alla regolarità del campionato. Significa ritenere che il calcio, in questo sistema, si giochi principalmente su tavoli diversi dai tappeti d’erba degli stadi e significa, di conseguenza, avere la certezza che il ritorno sui propri investimenti sia determinato non solo ed esclusivamente dall’oggetto degli investimenti stessi (nuovi giocatori, un allenatore, nuove strutture) ma anche, e soprattutto, da elementi esterni: significa, in sostanza, ritenere che i propri investimenti non siano tutelati. Ed ecco che scatta la domanda: e quindi?
Forse dopo conclusioni del genere si possono scrollare le spalle e andare avanti, come se niente fosse? Si può, con convinzioni di questo tipo, continuare a foraggiare il sistema e accettare tutto questo come ovvio, inevitabile, normale? A rigor di logica, certamente no.
E quindi?

SPORT, FINALE CHAMPIONS LEAGUE 2010: ALLENAMENTO INTER

Cosa dobbiamo aspettarci adesso? Perché va bene -va benissimo, Capitano- dire che noi siamo diversi dagli altri, che abbiamo valori diversi e addirittura che veniamo puniti per questo da un sistema che cerca di espellerci e che non manca occasione per dimostrarlo. Va benissimo. Però chissà, magari hanno persino ragione. Se non sappiamo, o vogliamo per fortuna, giocare alle loro regole, forse faremmo bene a tirarci fuori. O a combatterli dall’interno.
Combatterli per davvero però, non con due chiacchiere spot ogni tanto. Se davvero pensiamo che questo sistema sia marcio, abbiamo il dovere morale di denunciarlo.
L’Inter ha il dovere morale di denunciare in tutta Europa una Serie A squallida, corrotta e sporca all’inverosimile. Una Serie A in cui le partite si rinviano a piacimento adducendo improbabili “rischi pioggia” come scusante e poi si giochino invece regolarmente in presenza di guerriglie urbane con accoltellati e assalti alle ambulanze. Una Serie A in cui vengono identificati uno per uno quelli che insultano  un dirigente, e si perde ogni traccia di lancia oggetti in campo, fa cori razzisti, picchia i giocatori avversari mentre esultano dopo un gol. Una Serie A  in cui viene concessa l’iscrizione a squadre che non hanno uno stadio agibile sbattendo le partite qua e là in giro per l’Italia a poche ore dall’inizio, quando non annullandole del tutto stabilendo il risultato a tavolino. Una Serie A in cui i calendari vengono giostrati a piacimento senza nessuna regola. Una Serie A in cui giocatori regolarmente ammoniti in Europa diventano improvvisamente degli esempi di correttezza sul patrio suolo, e in cui si costruiscono le classifiche e i bomber con rigori assegnati in maniera completamente casuale. Forse. Una Serie A in cui le giornate di squalifica vengono stabilite dalla luna di un individuo tutt’altro che al di sopra di ogni sospetto, e dal modo in cui lui si è svegliato la mattina o ha dormito la notte: ha dormito bene? Una giornata! Ha preso una multa per divieto di sosta? Tre giornate! Ha trovato sua moglie a letto col designatore? Cinque giornate, e ammenda con diffida! Una Serie A in cui si celebra in pompa magna il ritorno agli affari di gente pluricondannata, tra gli applausi di presidenti, direttori generali e allenatori.
Una Serie A insostenibile e inguardabile, al di sotto di ogni livello minimo di credibilità. Ha tratto vantaggio anche l’Inter da alcune delle situazioni precedenti? Bene, anzi male: malissimo. Perché è proprio della connivenza  ripagata con piccoli piaceri che il sistema si alimenta e prospera. Denunciare tutto, senza se e senza ma. Alzare la voce in maniera violenta e definitiva, senza scendere a compromessi. Rinunciare a tutto e tagliare lo stramaledettissimo ramo su cui siamo seduti, nel nome dell’Inter e del Calcio.
L’alternativa è l’ennesimo, intollerabile e definitivo dietrofront. Definitivo, sì, perché dopo 20 anni è il momento delle scelte definitive: si vada alla rottura e allo scontro e si vada fino in fondo senza limitarsi a contentini da quattro soldi sotto forma di diritti tv o di poltrone più o meno importanti che non cambiano la sostanza del gioco. Oppure si taccia, definitivamente. Ci si sottometta alle regole di questi signori e si evitino alzate di testa random tanto clamorose quanto inutili.
Una terza via, stavolta, non c’è. La terra di mezzo non esiste più.

Nk³

Il calcio è uno sport stupido, l’Inter è l’unico motivo per seguirlo. Fermamente convinto che mai nessun uomo abbia giocato a calcio come Ronaldo (ma anche Dalmat non scherzava). Vedovo di Ibrahimovic, ma con un Mourinho in panchina persino i Pandev e gli Sneijder possono sembrare campioni. Dategli un mojito e vi solleverà il mondo.

PODCAST

Twitter

Instagram

Instagram has returned empty data. Please authorize your Instagram account in the plugin settings .

Archivio