Bauscia Cafè

La nona sinfonia

Quanti di voi il 9 dicembre alle 23, finita la partita con lo Shakhtar, avrebbero scommesso anche solo 1 euro che nelle seguenti 14 partite di campionato ne avremmo vinte 11, pareggiate due e persa una (immeritatamente)? Credo vi si possa contare con le dita di una mano sola. E invece quella sera deve essere scattato qualcosa nei giocatori, come riconosciuto anche da Conte nelle interviste di domenica.

Quella col Genoa è stata la quinta vittoria consecutiva, la nona consecutiva in casa (non succedeva da maggio 2011 con Leonardo), dato da cui questo articolo prende il titolo, citando in modo blasfemo Beethoven.

Ma delle due parole che compongono il titolo quella su cui vorrei soffermarmi è la seconda, sinfonia, che si può definire come una disposizione armoniosa di elementi omogenei: vi viene in mente una descrizione migliore dell’Inter attuale?

Nelle ultime tre partite non c’è stato un solo giocatore non dico insufficiente ma neanche dal rendimento minimamente criticabile. Dal redivivo Perisic al finalmente continuo Eriksen, passando per Handanovic capace di parare anche i raggi solari, tutti i giocatori si sono dimostrati pedine di scacchi perfettamente assemblate da Kasparov Conte in un incastro di sovrapposizioni raro e mirabile.

Prendiamo ad esempio il primo tempo col Genoa. Una manovra avvolgente, intelligente e coinvolgente che alternando passaggi di prima intenzione, accelerazioni e possesso palla ragionato ha messo in totale difficoltà una delle squadre più in forma degli ultimi mesi. Perisic che scende e Bastoni che sale ordinatamente e viceversa, Eriksen che prova a giocare sempre di prima intenzione, Barella e Brozovic che triangolano con le punte aprendo spazi, per non parlare dell’attacco e di Skriniar e De Vrij ormai insuperabili.

Quel sorriso quel maledetto sorriso..

Nelle ultime gare, a differenza di inizio stagione, siamo entrati in campo col coltello subito tra i denti riuscendo spesso a segnare e indirizzare la partita come sperato, amministrando e capitalizzando una parte (forse troppo minimale) delle occasioni create. Cominciare la partita con la giusta mentalità anche contro le squadre di bassa classifica è un attestato di maturità che vale anche più di un derby vinto quando a fine anno si tireranno le somme.

Sono tutti questi dettagli, oltre ai record che stiamo stabilendo di settimana in settimana (60 gol in 24 giornate, 8 subiti nelle ultime 16 partite), che devono farci ben sperare per questo finale di stagione. Toccando tutto ciò che di ferro ho sotto mano quest’anno sembra difficile prevedere il crollo che ha caratterizzato molti degli ultimi anni.

Conte misura la distanza in classifica della Juventus con le braccia

A tutto questo si aggiunga che il campionato, come tutte le competizioni, è una gara contro le altre squadre non solo su sé stessi: quindi se le concorrenti più accreditate viaggiano e continueranno a farlo a ritmi più lenti dei nostri, i punti necessari per vincere questo campionato potrebbero essere inferiori a quelli degli ultimi anni (solo tre anni fa il Napoli arrivò secondo con 91 punti, quest’anno potrebbero bastarne 80-82 per aggiudicarsi il tricolore).

Guardando il calendario che ci aspetta nell’ultimo terzo di campionato le gare più difficili sulla carta dovrebbero essere Atalanta, Napoli, Roma e Juventus con queste ultime due alla terz’ultima e penultima gara. A voler trovare il possibile pelo nell’uovo potremmo trovarlo proprio nella chiusura di campionato impegnativa: tuttavia continuare con questo ritmo potrebbe aprire le porte ad uno scenario tanto auspicato quanto difficilmente pronosticabile fino a pochi mesi, ovvero arrivare a Torino con già lo scudetto in tasca. Ma fermiamoci qua con i voli pindarici perché la pazzia nel dna di questo club preclude storicamente di fare calcoli a lungo periodo e soprattutto di vederli rispettati.

Giochiamo ogni gara come se fosse una finale. Pensiamo a vincere a Parma e poi a suonare anche la decima sinfonia casalinga, superando anche il compositore tedesco.

Una 44 magnum per l’ispettore Lukaku

Julione94

Toscano emigrato a Roma, già a 3 anni girava con la maglietta di Ronaldo il Fenomeno. Con un nome e cognome così simile al portierone dell’Inter di Herrera la passione per i numeri 1 era inevitabile. Pessimista esistenzialista, ancor di più dopo aver visto una tripletta di Ekdal in 15 minuti a San Siro.

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