Bauscia Cafè

Diciannove

Undici anni dopo, sembra che il tempo non sia passato. E’ tutto identico, oggi come allora: una gioia immensa, un orgoglio infinito. Gli occhi che ridono e sembra che tutto quello che vedono abbia davanti un filtro a righe nere e blu. E sì che ne abbiamo viste di righe nere e blu in questi undici anni, eh: verticali, spezzate, a zig zag, larghe, sottilissime, di tutti i tipi. Eppure in questo momento gli occhi le vedono come allora, come sempre.

Non so in quanti, come me, hanno avuto la fortuna di trovarsi ieri pomeriggio nella stessa stanza e con le stesse persone di 11 anni fa: undici anni sono tanti, in undici anni cambiano tante cose. Eppure, se vi è successo, sicuramente avete notato che sembra passato solo un secondo, sembriamo tornati tutti lì. Da un abbraccio all’altro, undici anni dopo. La stessa sensazione di onnipotenza, la stessa luminosissima luce sul futuro.

Sembra che il tempo non sia passato, appunto, però in realtà un po’ di tempo in mezzo c’è stato. E allora c’è una cosa che sento il bisogno di fare, prima di scrivere qualsiasi parola su quello che abbiamo appena finito di vedere: salutare, e ringraziare. Perché sarò fatto male io, ma la prima cosa che mi viene in mente è che undici anni fa insieme a noi c’erano tante persone a godersi quello Scudetto e che avrebbero gioito con noi anche oggi: Gigi Simoni, Mariolino Corso, Mauro Bellugi.

C’erano Franco Bomprezzi e Gabriele Porri, i cui sorrisi mi sembra di vedere oggi come allora, dietro a quel filtro nerazzurro di cui parlavo prima.

E mi piace pensare che questa vittoria sia un po’ loro, che se la stiano godendo con il Cipe e l’Avvocato.

Che se la godano magari persino di più di come facciamo noi qui, imbambolati davanti alla bellezza di quello che abbiamo vissuto. Ci sarà tempo per parlare di tante cose, ci sarà tempo per parlare di tutto: di Marotta e Conte “venuti all’Inter per sabotarci dall’interno”, di Zhang che “non deve salire sul carro del vincitore” e altre amenità simili. Ci sarà tempo, eccome se ce ne sarà, di parlare di Lele Oriali.

Ci sarà tempo di parlare di una stagione strana, iniziata tra molte difficoltà e durata di fatto due anni, di chi era in campo l’ultima volta che l’Inter ha alzato un trofeo: Andrea Ranocchia con noi e Matteo Darmian in panchina con il Palermo. Parleremo di Samir Handanovic, Capitano Campione d’Italia, e del gruppo “storico” (Brozovic, D’Ambrosio, Perisic) che ha vissuto con noi questo lunghissimo calvario; parleremo di Lukaku, Hakimi e Eriksen che con il loro arrivo ci hanno fatto capire che una pagina era stata girata, e poi di Skriniar e De Vrij, di Barella e Bastoni e di tutti i protagonisti di questa stagione straordinaria, per certi versi attesissima e per altri totalmente inaspettata.

Ci sarà tempo.

Ora è il momento di riposare. Di rientrare a casa dalla festa, sedersi sul divano, chiudere gli occhi e sorridere.

L’Inter è Campione d’Italia.

Ricorderemo questo giorno per il resto della nostra vita, come ricordiamo tutti i precedenti. Ricorderemo queste sensazioni e non vedremo l’ora di riviverle sempre uguali, sempre insieme, sempre per l’Inter.

Sempre con quel filtro nerazzurro davanti agli occhi.

Nk³

Il calcio è uno sport stupido, l’Inter è l’unico motivo per seguirlo. Fermamente convinto che mai nessun uomo abbia giocato a calcio come Ronaldo (ma anche Dalmat non scherzava). Vedovo di Ibrahimovic, ma con un Mourinho in panchina persino i Pandev e gli Sneijder possono sembrare campioni. Dategli un mojito e vi solleverà il mondo.

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