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Benvenuto nel tritacarne

logo interCome è possibile che una squadra campione in carica, prima in classifica in Champions e in campionato riesca a farsi del male da sola fino a mettere in dubbio la bontà di un progetto tecnico? E’ normale se si tratta dell’Inter e, se non ve ne siete accorti, Mourinho sta semplicemente varcando le porte dentate del tritacarne nerazzurro, quello che divora gli allenatori, anche se decorati e pluriscudettati.
Il problema è sempre il solito. L’incapacità della società di dare pieno supporto ad una causa, che sia una. Invece, ad Appiano Gentile prevale sempre la “teoria della ragazza solare”: quella che tiene un piede in due scarpe, per aver maggior libertà di movimento. Dividere le colpe per non incolpare nessuno, mettendo in crisi l’unico principio che nel calcio non può essere messo in discussione: la gerarchia.
Moratti, col suo fare naif, un quarto borderline e tre quarti bordello, non ha ancora capito che nel calcio la democrazia non esiste e che i calciatori sono subordinati all’allenatore, perché è lui che persegue l’obbiettivo (che coincide col mezzo) di far andare un gruppo di 30 persone in una univoca direzione.
Questo cancro che ha divorato anche altri in passato (e non dico Lippi, ma Mancini, Simoni, Zaccheroni) si è ripresentato puntualmente dopo qualche settimana, non appena si sono verificati i primi screzi tra alcuni giocatori e l’allenatore (nuovo anche rispetto a un certo tipo di informazione criptata, che filtra verso organi di stampa e tv non propriamente allineati alla nostra causa). Ricordate il caso Figo? Una società decente, preso atto del fattore squisitamente tecnico, avrebbe ceduto il portoghese all’istante, dando potere a Mancini, che invece fu depotenziato negli ultimi mesi, provocando – insieme ad altre cause – una caduta libera nelle prestazioni della squadra.
La storia si ripete con Cruz, Adriano e Balotelli a titolo diverso idoli di Casa Moratti, là dove regna l’utopia dei miliardi. Senza dimenticare che certi malumori provengono da un sottoutilizzo provocato dalla rosa che la società non è riuscita snellire, per colpa di ingaggi troppo onerosi e fuori mercato, devoluti dalla stessa società.
Mourinho a questo punto ha poche carte da giocare: ristabilire l’ordine interno, assumendo una disciplina più ferrea. Una disciplina che privilegia un nucleo forte, con il rischio di spaccare in due il gruppo. Tuttavia, se conta di poter andare avanti con 16-18 uomini va incontro a gravi problemi, determinati dai troppi infortuni. Intanto per domani rinuncerà ad Adriano, che sembra ricascare negli antichi vizi, in compagnia del censurato Ronaldinho.
Ad oggi il bilancio di Mourinho è positivo ma non troppo. Ci sono i punti, la difesa migliora, abbiamo alcuni giocatori che si stanno esprimendo bene. Ma la sensazione generale è che la squadra non abbia ancora assorbito le sue direttive tattiche e che il portoghese debba velocemente rendersi conto che in Italia c’è una cultura tattica estrema, che predilige sempre il risultato. Quindi non può far altro che insistere nel dare alla squadra una identità che, per adesso, sembra più figlia delle improvvisazioni che altro. E la società piuttosto che lasciar fare, deve dargli pieno supporto: pubblico, e soprattutto privato.
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