Bauscia Cafè

Imperdonabili

Analizzare Inter-Parma mi sembra davvero superfluo, per non parlare del fatto che rischierei un turpiloquio di dimensioni colossali e difficilmente pubblicabile, se non sostituendo a ciascuna parolaccia nomi di animali estinti.
Certe prestazioni ti fanno passare la voglia, perché neanche l’undici più mediocre del mondo può giustificare il fatto di non aver neppure provato a giocare a calcio contro una squadra che non soltanto è ultima in classifica e già retrocessa, ma rischia anche di sparire dal calcio che conta e vive una situazione ambientale a dir poco apocalittica.
Quando hai tutto da perdere trovare le motivazioni dovrebbe essere un meccanismo quasi automatico, una spinta psicofisica dettata dall’obbligo di non inciampare nell’ennesimo weekend osceno, se non altro per ringraziare quelli che a San Siro continuano ad andare nonostante tutto e che hanno tutta la mia stima incondizionata.
Gli elementi critici si accumulano e la stampa ha gioco facile nel puntare il dito contro il mancato rinnovo di Icardi, Mancini che nel giro di pochi mesi da salvatore della patria diventa lo stronzo di turno, lo spogliatoio spaccato, la mancanza di liquidità per il mercato che verrà, il sottogola di Fassone, la lontananza di Thohir (come se dovesse limonare con i giocatori per avere risultati concreti), le macerie lasciate da Mazzarri, la gabbia di Orrico, la delusione Bergkamp e chissà cos’altro.
L’Inter, da sette partite incapace di vincere, si ritrova ad aprile senza un obiettivo se non quello di provare a valorizzare i pochi vendibili presenti in rosa nella speranza di rimpinguare le casse e soddisfare le richieste del Mancio senza dover rinunciare ai pochi buoni giocatori con i quali ripartire a campionato concluso.
Dubbi sulla mediocrità di questa rosa non ne sono rimasti, ma alcune delusioni vanno davvero oltre il prevedibile: Juan Jesus non è mai apparso un fenomeno, ma sembrava avere mezzi atletici superiori alla media e buone prospettive di crescita, mentre quest’anno sta palesando soltanto limiti tattici e tecnici che lo metterebbero in difficoltà anche in campionati minori. L’annus horribilis di capitan Ranocchia oltretutto non lo ha certo aiutato.
Kovacic è l’enigma maggiore, in perenne discussione tra gli appassionati di calcio che lo vogliono ora potenziale fenomeno, ora sopravvalutato semibrocco, passando per giocatore penalizzato da una squadra che non gira o dall’essere costantemente fuori ruolo.
Mancini ha tentato di responsabilizzarlo con scarsi risultati e scelte tattiche discutibili, ma il croato continua a dare la sensazione di essere eccessivamente fragile a livello emotivo, preferendo nascondersi nei momenti che contano; resta tra i più monetizzabili, a patto di riuscire a ricevere offerte degne di tale significato, ma potrebbe anche essere un piccolo suicidio tecnico.
Di Guarin ormai conosciamo pregi (pochi) e difetti (troppi), ma abbiamo anche visto che quando la squadra ha una propria fisionomia ben definita può diventare efficace e addirittura decisivo: restano gigantesche le perplessità sulla tenuta psicologica (e sulle conclusioni dalla distanza), perché nonostante la discreta opera manciniana di rimpascimento neuronale, il colombiano continua a offrire black-out calcistici improvvisi e deleteri.
Probabile che l’Inter 2015/2016 possa anche avere un nuovo portiere titolare: anche Handanovic divide da sempre la tifoseria, tra chi lo considera ottimo interprete del ruolo e chi tecnicamente difettoso e poco avvezzo a una gestione intelligente della linea difensiva. Anche lui è un monetizzabile con – relativa – cautela.

"Che forza 'sto Belfodil, me lo presti Roberto?"
“Che forza ‘sto Belfodil, me lo presti Roberto?”
La mia personale delusione è invece il Mancini 2.0 di cui si fa un gran parlare in questi giorni: meno incazzoso, più british nelle parole e nei comportamenti, ottimista a costo di sembrare rincoglionito, il Mancio ha forse dato un gioco a una squadra assemblata (male) da altri, ma non è riuscito a restituirle la serenità necessaria per affrontare con dignità anche i match meno complicati.
Troppi e fini a se stessi gli esperimenti tattici degli inizi, insostenibile e presuntuosa l’idea di far funzionare un 4231 con interpreti palesemente inadeguati, scarsa anche la capacità di trasmettere cattiveria e agonismo a una squadra priva di leader in campo: il ritorno di Ciuffo sulla nostra panchina finora ha regalato molto amaro in bocca e pochissimi motivi per avere fiducia nell’immediato futuro.
Diventa tuttavia grottesco bocciarlo in una situazione simile: l’Inter viene da cinque anni di mancata ricostruzione, fatti di acquisti demenziali, rose sistematicamente incomplete e piene di inutili doppioni, allenatori presi sull’onda di entusiasmi personali o con la scadenza già stampigliata sulla schiena.
Lasciargli il tempo per provare a ricostruire la Sua Inter, nonostante le ovvie difficoltà che incontreremo in fase di mercato estivo, è a questo punto doveroso, se non altro per provare ad iniziare un campionato con una rosa priva di pippe e con giocatori funzionali al modulo scelto.
Ed è proprio qui che casca l’asino e dove si potrà effettivamente (ed eventualmente) scavare un solco col recente passato: l’Inter ha un disperato bisogno di gente che in campo detti legge, agli avversari e ai compagni.Profili che oltre a un bagaglio tecnico quantomeno decente aggiungano personalità a una squadra che è sempre stata prima di tutto vittima di se stessa e di una fragilità mentale ancor prima che fisica, che ha risucchiato nel grigiore generale anche chi tecnicamente avrebbe i mezzi per evitare l’oblio. I retaggi del recente passato hanno a mio avviso amplificato a dismisura le paure di chi entra in campo con il timore di fallire, troppo abituato a non prenderle per poter provare a restituirle. Certo, chi c’era prima di Mancini sapeva fare benissimo proprio quello, ovvero trarre il massimo o quasi dalla mediocrità; ma è proprio per questo che avremmo dovuto evitare di provare a costruire con lui una possibile rinascita tecnica: era una contraddizione in termini.
L’unico vero auspicio cui possiamo dedicarci durante queste nove giornate che ci separano dalla fine di un’altra triste stagione è proprio quello di fare la dovuta selezione e decidere una volta per tutte chi non potrà far parte di un’Inter che sia tornata ad avere almeno la voglia di sudare.
Perché davanti all’arrendevolezza e al menefreghismo mostrato contro il Parma non c’è mediocrità che tenga: resta un epilogo imperdonabile, ed è giusto che i suoi protagonisti ne paghino le conseguenze, nell’immediato e nei mesi a venire. Senza catastrofismi, ma anche evitando di essere troppo buoni con chi ha esaurito il credito già da tempo.
 

NicolinoBerti

Coglione per vocazione, interista per osmosi inversa dal 1988 grazie a un incontro con Andy Brehme. Vorrei reincarnarmi in Walter Samuel, ma ho scelto Nicola Berti per la fig...ura da vero Bauscia.

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