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Palermo-Inter 1-0: #ForzaJavier

Una brutta giornata di calcio ieri. No, non un’altra, non l’ennesima: la più brutta di tutte.
Pensavamo di averle viste tutte quest’anno, pensavamo di aver toccato il fondo con l’infortunio del Principe. Ma a questo, invece, proprio non eravamo preparati. Minuto 16 del primo tempo, Zanetti va sul fondo, mette una palla in mezzo, prende una botta, alza un braccio. Chiede il cambio, prova a restare in piedi. Poi una smorfia di dolore, crolla a terra.
Il tendine d’achille ha ceduto -si saprà in serata- e insieme a quel tendine fanno crack un sacco di altre cose. I nostri cuori, i nostri cervelli. La nostra logica. Con Zanetti si spegne definitivamente la stagione dell’Inter, in una partita che più brutta non poteva essere, e ci si ritrova a pensare tanto, forse troppo. Diciamocelo serenamente: il Capitano ha fatto quest’anno una delle peggiori stagioni della sua carriera e, dal punto di vista tecnico, di certo i danni causati dagli infortuni di Samuel e Milito, di Palacio e Cassano sono stati infinitamente più gravi per il presente e per il futuro. Eppure.
Eppure vedere il Capitano uscire così, in barella, è la cosa che fa più male di tutte. Un autentico colpo di grazia alla passione, alla gioia di vedere l’Inter nonostante tutto. È come se trovarsi all’improvviso di fronte all’idea che dovrà esistere -ed esisterà, nella migliore delle ipotesi per tutto il 2013- un’Inter senza Zanetti fosse un pensiero troppo grande, troppo assurdo per la nostra testa. Ci troviamo impreparati, quasi smarriti, davanti a un evento che fingevamo di conoscere perché “prima o poi dovrà succedere, è nell’ordine naturale delle cose” ma che in realtà non consideravamo affatto, al quale non volevamo neanche pensare. Parlando e soprattutto ascoltando i commenti qui, su twitter, su facebook mi rendo improvvisamente conto che ci sono tantissimi tifosi e tifose, neanche troppo giovani, che un’Inter senza Zanetti non l’hanno mai vista, nel vero senso della parola. Mi rendo conto che 18 anni -DICIOTTO, Dio mio- sono tantissimi su un campo di calcio e mi sembra di rivederli tutti che mi scorrono davanti: da quando arrivò a Milano con la faccia da bravo ragazzo, abito beige e camicia azzurra, a quando ha alzato al cielo la Champions in calzoncini e maglietta ma con la stessa faccia da bravo ragazzo, identica. Mi scorrono davanti agli occhi sconfitte e vittorie, lacrime e sorrisi e mi travolge una tristezza infinita. La scaccio via, perché è in quel momento che leggo le sue prime parole: “la mia carriera non finisce qui, potete starne certi“. E mi rendo conto che no, la sua carriera non può finire qui, con un braccio alzato per chiedere il cambio.
Il Capitano non chiede MAI il cambio.
Allora metto tutto da parte, perché è ancora troppo presto per le lacrime e gli addii.
Solo guardo e riguardo questo quadro, mi concentro su quell’espressione, quegli occhi, quei movimenti che posso ricostruire facilmente per le migliaia di volte in cui li ho visti. E realizzo per la prima volta concretamente che un giorno tutto questo finirà, e mi mancherà tantissimo.
Ma quel giorno non è oggi.

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Andrea Del Pesco, dipinto a olio
Poi c’è la partita, certo, ma i commenti su quella passano inevitabilmente in secondo piano. Una partita orribile, un’Inter orribile prima e ancora di più dopo l’infortunio di Zanetti.
Un 11 titolare messo insieme per miracolo (le sostituzioni vedranno entrare in campo Schelotto, Garritano e Forte) che sembra scendere in campo anche senza troppa convinzione, dando vita ad un primo tempo asettico che il Palermo conclude meritatamente in vantaggio grazie a un tiro da fuori di Ilicic e un errore ben oltre i confini del ridicolo di Silvestre. Un po’ meglio nel secondo tempo, che vede l’Inter scendere almeno in campo con un po’ più di ordine e rendersi vagamente pericolosa, pur senza creare particolari problemi a Sorrentino. È Handanovic invece, una volta di più, a fare miracoli.
Con una lista di indisponibili che si allunga giorno dopo giorno (stiramento anche per Silvestre, stagione finita) utilizzare le ultime partite per provare a gettare basi per il futuro è utopia purissima: sarà difficile trovarne 11 da mandare in campo, figuriamoci programmare qualsiasi cosa. Tuttavia qualche indicazione da quello che resta di questa stagione potrebbe arrivare, seppure in negativo: dovremo eliminare gli ultimi dubbi su alcuni giocatori assolutamente inadatti a vestire il nerazzurro e che quindi, in estate, varcheranno definitivamente i cancelli di Appiano insieme a buona parte dello staff medico e dei preparatori (almeno stando a quanto raccontano i soliti “bene informati” circa il modo in cui Moratti sta prendendo questa serie di infortuni).
C’è in campo, infatti, chi proprio non ne azzecca una neanche per sbaglio. È il caso di Schelotto e Silvestre, semplicemente dannosi. O di Kuzmanovic e Pereira, sicuramente con più margini rispetto ai primi due ma che devono necessariamente chiarire a breve il senso della loro presenza in rosa, così come i Jonathan e gli Alvarez che comunque, in questa ultima parte di stagione, stanno indiscutibilmente facendo vedere buone cose.
Difficile, per il resto, aggiungere altro. Fuori dalla Champions e probabilmente anche dall’Europa League ma con ancora quattro partite davanti non abbiamo da dove ripartire, non sappiamo in cosa credere. Possiamo solo aspettare che finisca questa stagione limitando i danni, e sperare che gli artefici di tutto questo abbiano almeno imparato qualcosa dai loro recenti -e clamorosi- errori.
Possiamo solo tifare Inter e stringerci in un abbraccio enorme al Capitano di mille battaglie.
Risorgerai, Pupi.
Risorgeremo tutti.

Nk³

Il calcio è uno sport stupido, l’Inter è l’unico motivo per seguirlo. Fermamente convinto che mai nessun uomo abbia giocato a calcio come Ronaldo (ma anche Dalmat non scherzava). Vedovo di Ibrahimovic, ma con un Mourinho in panchina persino i Pandev e gli Sneijder possono sembrare campioni. Dategli un mojito e vi solleverà il mondo.

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