Bauscia Cafè

Quattro allenatori in una Smemoranda

La sfida di sabato sera con il Napoli e il recente avvicendamento tra Gasperini e Ranieri ci danno l’occasione per rispolverare un articolo del Guerin Sportivo di qualche giorno fa, di Stefano Olivari, e per parlare un po’ di noi.

Loro di Napoli
Aurelio De Laurentiis è l’unico presidente nella storia del calcio italiano che abbia portato il suo club dalla serie C alla Champions League, ma dal punto di vista mediatico viene spesso trattato come una macchietta. Un po’ lui ci marcia, avendo capito come si conquistano i titoli dei giornali (basta spararla grossa, in fondo), ma molto dipende dal fatto che si parte dal presupposto che su base nazionale importi solo di tre squadre (quelle che insieme raccolgono il 75% del tifo, inutile dire quali siano) e che tutto il resto sia al massimo una simpatica intrusione. Il Berlusconi criticato come politico è ritenuto pressoché infallibile come presidente del Milan, Moratti per definizione giornalistica non sbaglia mai e i colpevoli sono sempre i dirigenti incapaci, gli allenatori rigidi e i calciatori ingrati, Agnelli vive dell’onda lunga della sudditanza italiana nei confronti della Fiat (la domanda è: fallirà prima la Fiat o l’Italia?). Ma torniamo al nipote del grande Dino, che nel 2004 prese in mano un Napoli fallito e lo ristrutturò partendo dalla C1. Con una buonissima squadra: un diciottenne Abate, Mora, Corrent, Montervino e quel ‘Pampa’ Sosa adesso opinionista di Sky: per la categoria un lusso. La promozione arrivò però nel campionato seguente e la A nel 2007. Da lì in poi De Laurentiis ha costruito pazientemente la squadra che oggi si fa rispettare in Italia e in Europa, con una ricetta semplice: rinforzarsi ogni anno con giocatori che facciano la differenza rispetto al livello medio, nel mare delle compravendite che spostano poco. Nel 2006 Cannavaro, nel 2007 Hamsik e Lavezzi, nel 2008 Maggio, nel 2009 De Sanctis e Campagnaro, nel 2010 Dossena e Cavani, la scorsa estate Inler e Dzemaili.  Un pezzo alla volta, facendo rispettare i contratti: cosa che nemmeno club più titolati sono ormai capaci di fare. Il Napoli come punto di arrivo e non come ‘farm team’ dei soliti noti. Insomma, il Napoli magari non vincerà lo scudetto (o magari sì), però di sicuro ha dato una lezione a chi straparla di programmazione. In parole povere, basta tenersi quelli bravi e non rinforzare i concorrenti.

[Stefano Olivari sul Guerin Sportivo]

Riassumiamo tutto in una parola? Programmazione.
E veniamo a noi. Lo sapete quanti sono stati gli allenatori del Napoli in questo periodo d’oro sotto la gestione De Laurentiis? Lo sapete quanti allenatori si sono seduti su quella panchina, dal 2004 ad oggi? Quattro. Ventura, Reja, Donadoni, Mazzarri. Quattro allenatori in otto stagioni. Quattro, come quelli visti sulla panchina dell’Inter negli ultimi sedici mesi.

Veniamo a noi, perchè gli ottimi risultati che sta ottenendo Ranieri non possono e non devono cancellare l’approssimazione e la leggerezza con cui è stata gestita l’Inter nell’ultimo anno e mezzo e, ancora di più, negli ultimi mesi. Forse non è corretto ricondurre tutto al numero degli allenatori, ma questo è sicuramente un indicatore efficace che permette di rendere evidente come troppe cose non stiano andando per il verso giusto.
Veniamo a noi, perchè c’è un dato che a molti sfugge della Presidenza Moratti: il primo allenatore a restare sulla panchina nerazzurra per due anni interi è stato Hector Cùper. Lui il primo a portare avanti un progetto, lui il primo ad ottenere risultati veri, lui il primo a costruire uno “spirito di squadra” che, a detta di tutti i giocatori che erano già all’Inter con lui, è stato fondamentale per ottenere i successi futuri. Hector Cùper ha creato “la squadra”, Roberto Mancini -secondo allenatore a durare almeno due anni- le ha dato una identità tattica e l’ha portata alla consacrazione della vittoria, Josè Mourinho -terzo e ultimo allenatore a coprire due stagioni intere- ci ha fatto vincere tutto. Tre allenatori per otto stagioni, quindi, senza considerare l’intermezzo-Zaccheroni: così è stata costruita la Grande Inter ammirata in questi anni. Con continuità, calma e soprattutto fiducia. Con una programmazione seria. Esattamente come hanno fatto loro di Napoli: senza stravolgimenti, senza buttare tutto all’aria alla prima difficoltà.
Il che non significa, ovviamente, che non sia stato corretto esonerare Gasperini. Significa, però, che in certe situazioni non ci si dovrebbe proprio arrivare. Non si dovrebbe, per esempio, affidare la squadra ad un allenatore che gioca con la difesa a 3 per poi dire un mese dopo “dovremmo giocare a 4”. Non si dovrebbe mettere in panchina un allenatore che ama il gioco sugli esterni per poi affidargli due terzini, un centrocampista adattato e due seconde punte. Non si dovrebbero fare questa e tante altre cose ma, più di tutto, non si dovrebbero cambiare quattro allenatori in sedici mesi. Perchè così non si va da nessuna parte: ce lo insegna la nostra storia personale, se non bastasse la storia del calcio.
L’amico De Laurentiis l’ha capito, e ne sta raccogliendo i frutti.
Noi?

Nk³

Il calcio è uno sport stupido, l’Inter è l’unico motivo per seguirlo. Fermamente convinto che mai nessun uomo abbia giocato a calcio come Ronaldo (ma anche Dalmat non scherzava). Vedovo di Ibrahimovic, ma con un Mourinho in panchina persino i Pandev e gli Sneijder possono sembrare campioni. Dategli un mojito e vi solleverà il mondo.

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