Bauscia Cafè

Milito e Cambiasso sono belli

Ieri, a Monza, c’è stata una “conferenza” riservata ai bloggers, che annoverava come ospiti nientepopodimenoche Milito e Cambiasso. Ed io ero lì a tenere issato il vessillo di Bauscia Cafè. La cronaca:
Partenza alle ore 8,30: siamo io e due che non c’entrano un cazzo. Anzi, dai, uno dei due è il vignettista, quindi siamo io, uno che c’entra poco ed uno che non c’entra un cazzo. Il treno è curiosamente in orario, si sale, si viaggia, si fantastica su improbabili approcci a Milito. Tre ore e quaranta minuti dopo, l’intercity per Milano arriva in stazione con un ritardo di venti primi e quaranta secondi, onorando la sua leggendaria fama e facendo bellamente saltare la nostra coincidenza per Monza, e con essa la possibilità di arrivare in orario per il buffet.
Ma vabbè. L’evento si tiene nella sede italiana dell’Adidas, in un apposito spazio con tanto di mini-tribuna. Arrivati sul posto, è il momento delle identificazioni. “Sono di Bauscia Cafè”, affermo con baldanza alla tipa con le liste in mano. “Ehhhhmm”, le dicono gli altri due.
Diego ed Esteban sono in ritardo di una mezz’ora, probabilmente erano anche loro sull’intercity. Nell’attesa, uno degli organizzatori ci spiega che ha deciso di contattare Bauscia Cafè per “l’impressionante numero di commenti”, anche se temeva che sul sito fossimo “un po’ troppo focosi, visto il post dopo Inter-Chelsea con quel “sucatecelo” (ehm…)”. Ci spiega anche che è la prima volta che un’azienda come l’Adidas dedica un evento esclusivamente ai bloggers, rappresentanti di un settore in enorme sviluppo (e qui snocciolo gli stupefacenti dati targati Bauscia-Cafè, raccolti minuziosamente in questi mesi), e ciò mi fa sentire un vero ggiòvane new generation 2.0.
Dopo un’ora, finalmente, arrivano Milito e Cambiasso, accompagnati da un accattivante motivetto musicale, una luce tenue per creare l’atmosfera e uno scroscio di applausi. Tutti sfoderano macchine fotografiche e videocamere e li inquadrano con ingordigia, come fossero due animali rari. Rapidamente si passa alla messa in mostra delle scarpe per la Champions League, di cui vengono elencati gli innumerevoli pregi. Il presentatore parla anche della finale di Madrid esibendo il pallone con il quale la si giocherà, poi dichiara la sua ammirazione per Milito e per tutti i gol che ha segnato e che continuerà a segnare. Cambiasso si tocca le palle, Milito non so, ero coperto.
Quando le luci tornano normali, capiamo che è il momento delle domande. In testa ho questo brillante quesito: “Dopo quel che è successo soprattutto in questi ultimi tre mesi – anche in riferimento alla tua squalifica di due giornate, Esteban – non credete che ci sia un’attenzione eccessiva nei vostri confronti? Avvertite la sensazione che basti davvero un minimo errore per incorrere in punizioni anche piuttosto pesanti?”, ma tutti quelli che intervengono prima di me fanno esclusivamente domande sulle scarpe e su quanto influiscano sulle prestazioni, sul tiro, sul sesso, quindi, memore anche delle parole degli organizzatori (“non disdegnate qualche domanda sui prodotti Adidas”) decido di lasciar perdere ed adeguarmi. Prima ancora di aver formulato un quesito decente, mi ritrovo il microfono in mano: non ripasserà, è la mia occasione. Costretto ad improvvisare, il cervello suggerisce “Ciao, sono Andrea di Bauscia Cafè. Voi indossate scarpe nuove in ogni partita, giusto? Vi è mai capitato di indossare più volte lo stesso paio per, chessó, una questione scaramantica?”, ma il corpo non risponde. Quel che esce dalla mia bocca è “Ciao..ehm, volevo fare una doman..maa..voi indossate le stesse scarpe o le cambiate ad ogni partita?”, con un’aggiunta a proposito della questione scaramantica che Esteban dice di non porsi, proponendo un paragone con Fangio che, se fosse stato costretto a correre sempre con la stessa macchina, non avrebbe fatto una gran carriera. L’onore di Bauscia Cafè è comunque alto.
Qualcuno chiede di scegliere tra Milan e Roma la squadra che li spaventa di più, Esteban risponde “Inter” e strappa applausi (non sembrava intendere che l’Inter lo spaventi, ma che comunque sia se deve scegliere una squadra, in qualsiasi ambito, sceglie Inter), poi un ragazzo davanti a me chiede a Milito se con le scarpe vecchie avrebbe preso comunque palo o se l’avrebbe spedita da qualche altra parte, Diego ridacchia e prende nota dei suoi lineamenti per seguirlo e pestarlo a conferenza finita.
L’evento termina con Cambiasso che firma il pallone della finale di Champions a tutti i partecipanti e si concede per qualche foto, mentre Milito scappa da qualche parte per un’intervista.
Così ce ne andiamo, felici e con un pallone firmato, sentendoci pionieri di un mondo che avanza, ma anche affamati, assonnati e con poca voglia di rivedere l’Intercity.

Io sono quello a destra
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